Mat Hanon, redattore di Wired ha effettuato un esperimento per ben 48 di fila. Ha messo “Mi piace” a qualunque contenuto gli si presentasse nella home, qualsiasi tipo di contenuto, anche quello più odiato, insensato, sdolcinato è stato meritevole di un “Mi piace”, ovviamente compresi i suggerimenti e articoli correlati.
Tramite questo meccanismo Wired ha studiato la reazione dell’algoritmo di Facebook, l’ EdgeRank, che regola la rilevanza e il peso dei singoli contenuti e che decide, su base informatica, quali post mostrare all’utente e quali gettare nell’oblio digitale.
Dietro questa rilevanza si cela puro business in quanto Facebook punta molto di più sul traffico mobile, i contenuti umani si annullano quasi del tutto e prevalgono brand e post promozionali. Da un pc fisso invece spuntano in risalto i contenuti aziendali e sopravvive qualche status degli amici. Si denota che Facebook reputa economicamente più vantaggiosa la navigazione mobile, se finiscono nel dimenticatoio tutti i post personali è perché non fanno guadagnare e l’algoritmo opera per lo smistamento. Quindi le due home che vi appariranno da mobile e dal pc fisso sono diverse.
Per quanto riguarda invece i contenuti mostrati, Wired si è accorto che vengono proposti contenuti ideologicamente attinenti, seguendo la logica già avanzata dal Daily Me, teorizzata da Cass Sunstein. Questa logica afferma il meccanismo secondo cui l’utente finisce per essere circondato dall’eco assordante delle proprie convinzioni, creando idealmente un proprio giornale in cui non ci si apre mai ad altri punti di vista.
Facebook diventa un giornale fatto su misura, anziché promuovere il pluralismo informatico e non favorisce nemmeno il confronto tra punti di vista diversi, perché Facebook non permette all’utente di venire a conoscenza di altre opinioni. L’algoritmo non metterà mai in discussione l’opinione personale dell’utente anzi essa verrà sempre più avvalorata bandendo tutto ciò che può andargli contro.
La conclusione, inevitabile, a cui si perviene è che Facebook nonostante abbia un numero di contenuti maggiori rispetto ad un normale periodico, non informa di più i giovani e adulti, visto che l’informazione esprime un concetto di qualità prima che di quantità. Facebook potrebbe alimentare il cameratismo tra gli utenti che la pensano allo stesso modo e l’odio per coloro che la pensano diversamente. In un mondo digitale regolato da algoritmi i gatekeepers dell’informazione non sono né gli utenti né i giornalisti, bensì chi ci dice, quotidianamente cosa leggere e cosa non leggere.