La sentenza del Consiglio di Stato del 20 dicembre scorso ha stabilito che: “Il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l’anno scolastico 2001-2002, non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale”. La scorsa settimana, in molte città italiane da Nord a Sud, i diplomati magistrali, maestri e maestre hanno dato vita a numerosi scioperi e sit-in.
Intanto, il Miur ha ribadito la sua posizione, chiarendo che la sentenza riguarda i diplomati magistrali che hanno conseguito il titolo entro il 2001/2002, quelli che non risultavano inseriti nelle Graduatorie permanenti all’atto della loro trasformazione in Graduatorie ad esaurimento nel 2007 e che recentemente hanno proposto ricorsi per ottenere comunque l’inserimento nelle citate Gae. Pertanto la sentenza non sarà in alcun modo rivolta ai diplomati magistrali, già di ruolo o ancora oggi iscritti nelle Gae, che risultavano già iscritti nelle Graduatorie permanenti nel momento in cui la legge le ha trasformate in Graduatorie ad esaurimento. Per essere inclusi nelle Gae infatti, essi avevano dovuto conseguire o l’idoneità in un concorso pubblico per titoli ed esami.
La sentenza è una sconfitta per gli esclusi, ma è allo stesso tempo una vittoria per i laureati in Scienze della Formazione. Sarebbe stato discriminatorio per i laureati se l’esito della sentenza fosse stato il contrario: se migliaia di persone che hanno conseguito un diploma magistrale decenni fa, molte senza alcuna esperienza di insegnamento, avessero tramite ricorso potuto accedere alle graduatorie ed ottenere la cattedra. Adesso quello che chiedono associazioni come Coordinamento Scienze della Formazione Primaria Nuovo Ordinamento, è un concorso per tutti, un concorso alla pari tra diplomati e laureati, che permetta a chi è davvero meritevole di accedere all’insegnamento.
Studenti, iscritti in Scienze della Formazione dell’università di Catania, hanno raccontato a LiveUnict cosa ne pensano di questa sentenza. “Credo che tale sentenza sia giusta nei confronti di chi, come me, cerca di portarsi avanti con gli studi, attraverso la triennale e la specialistica – spiega Martina – Da oggi in poi credo sia giusto che la priorità venga data ai laureati. Altrimenti, mentre noi siamo sui libri per un futuro più professionale, loro ci oltrepassano nelle graduatorie e non mi sembra corretto”.
Il parere diffuso tra gli studenti e i laureati in Scienze della Formazione è che il conseguimento della laurea permette ai futuri insegnanti di avere delle competenze specifiche e funzionali, che un diploma magistrale difficilmente permette. Emanuela, ad esempio, è giunta a tale conclusione, dalla sua esperienza personale: “Precedentemente ero la prima a pensare che per fare l’insegnante era necessaria una preparazione esigua da affinare con gli anni e soprattutto con tanto amore per i bambini. Ho lavoricchiato in un asilo e mi accorgo adesso, studiando, di aver sbagliato alcuni modi di approcciarmi coi bambini. Questo perché la mia formazione era prettamente da liceo delle scienze umane, seppur abbia studiato quegli argomenti riguardanti la pedagogia, erano trattati in maniera troppo frivola, quindi la mia preparazione non era affatto consona e sufficiente”.
D’altro canto, non si può certo espellere i diplomati magistrali dall’insegnamento. Dalla loro hanno, certo non tutti, anni e anni di esperienza che i neolaureati non possono di certo avere. Allo stesso tempo bisogna considerare che i diplomati magistrali posseggono un titolo che era abilitante un tempo, ma che oggi in pratica non lo sembra più. Occorreva che durante la fase di transizione tra le due normative, quella antecedente in cui non era necessario il diploma di laurea e quella successiva che lo rendeva condizione indispensabile d’accesso all’insegnamento, si procedesse a formare obbligatoriamente i docenti non laureati già inseriti nella scuola e a predisporre idonei meccanismi di formazione integrativa e di reclutamento. Ciò non è avvenuto, o almeno è avvenuto solo in parte.
Ora la situazione dei diplomati magistrali esclusi dalle Gae diventa ancora più spinosa, dato che sembra condannare i maestri e le maestre ad una posizione di precarietà, nella quale gli è consentito fare soltanto supplenze. Quale potrebbe essere allora una soluzione valida che tenga conto anche delle loro esigenze? “Penso sia opportuno far svolgere, ai diplomati che finora sono riusciti a svolgere con le competenze da loro possedute i lavori inerenti all’educazione, dei corsi di formazione a livello universitario e in modalità gratuita che possano in questo modo completare la loro formazione come educatori”, afferma Magdalena. Dello stesso parere è Martina, secondo cui “la soluzione potrebbe essere un corso di mini laurea per i diplomati magistrali, cioè un corso di duecento ore, ad esempio, con le materie adatte all’insegnamento, e un esame previsto alla fine del corso.”
Solo a quel punto, una volta che i diplomati magistrali esclusi dalle Gae abbiano conseguito competenze sufficienti, allora avrebbe senso un concorso tra loro e i laureati, che si svolga su un piano di parità, permettendo a chi è veramente meritevole di accedere all’insegnamento. Tuttavia, vista la situazione italiana, alcuni diffidano circa la possibilità che un concorso simile possa basarsi realmente sulla meritocrazia, e soprattutto che possa porre rimedio alla precarietà che caratterizza l’intero sistema dell’istruzione primaria in Italia.
“Il ruolo si ottiene con il concorso e non con il ricorso” è il grido dei laureati e delle associazioni in loro favore, a cui di fatto la sentenza ha dato ascolto. La sorte futura dei diplomati magistrali che sembra delinearsi è quella che li vede mettersi a studiare per affrontare un concorso ordinario comune a tutti gli aspiranti docenti di ruolo e di vincerlo se vogliono ottenere la tanto agognata stabilizzazione. Solo in questa maniera, impedendo che i diplomati magistrali che avevano fatto ricorso possano scavalcare nelle graduatorie i laureati, e ponendo tutti gli aspiranti insegnanti sullo stesso piano, si può sperare di vedere realizzata una scuola di qualità.
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