Ponte sullo stretto: La nuova bocciatura della Corte dei Conti aggiunge un ulteriore ostacolo al percorso del Ponte sullo Stretto, rallentando ancora una volta un progetto che da anni divide politica e opinione pubblica. Le osservazioni dei magistrati contabili costringono il governo a rivedere tempi, procedure e finanziamenti, mentre cresce il dibattito sulle reali possibilità di avviare i cantieri. L’opera simbolo della legislatura torna, quindi, in una fase di incertezza che rimette tutto in discussione.
Il progetto del Ponte sullo Stretto torna nuovamente al centro dell’attenzione pubblica, ma non per un passo avanti. Dopo mesi di annunci e promesse di avvio imminente dei cantieri, arriva il giorno nero per questo percorso. Tra aspettative, polemiche e nuovi ostacoli che continuano a rallentare il processo, questa resta un’opera discussa da decenni e adesso più lontana che mai.
Ponte sullo stretto: La decisione della Corte dei Conti e le criticità sollevate
La Corte dei Conti ha respinto l’atto aggiuntivo che avrebbe dovuto aggiornare la convenzione tra il governo e la società Stretto di Messina, segnando un ulteriore passo indietro per la realizzazione del ponte. La bocciatura arriva dopo il precedente stop alla delibera Cipess, creando una doppia frenata che mette in discussione l’avvio dei cantieri, più volte annunciato dal ministro Matteo Salvini.
Secondo i magistrati contabili, il percorso scelto dal governo non rispetta le norme europee sugli appalti pubblici. Il progetto attuale, infatti, si discosta profondamente da quello del 2005: allora era prevista una partecipazione economica dei privati, mentre oggi l’intero costo dell’opera ricade sullo Stato. Un cambiamento così rilevante, secondo la Corte, richiederebbe l’apertura di una nuova gara, necessaria per garantire trasparenza e concorrenza.
Un altro elemento critico riguarda l’incertezza dei costi. Le stime presentate dal governo vengono considerate troppo vaghe per assicurare che l’aumento resti entro il limite del 50% previsto dalle norme Ue per evitare una nuova procedura di gara. I giudici sottolineano inoltre che, nelle condizioni attuali, non sarebbe possibile riconoscere penali o risarcimenti ai privati che avevano partecipato alla gara originaria, rendendo ancora più fragile l’impianto giuridico dell’operazione.
Conseguenze politiche ed economiche e un futuro incerto
La bocciatura ha effetti immediati sul piano finanziario: il governo ha rinviato al 2033 i 780 milioni previsti nel bilancio 2025 per l’avvio dei lavori, dato che i cantieri non partiranno nell’immediato. Le opposizioni chiedono ora di destinare i 13,5 miliardi complessivi ad altre opere considerate più urgenti, mentre Salvini denuncia una disparità di trattamento nei confronti del Sud.
La posizione della Corte, però, resta ferma: senza una nuova gara, l’Italia rischia una procedura di infrazione europea e possibili contenziosi. Il futuro del Ponte sullo Stretto, così, appare ancora una volta sospeso tra ambizioni politiche, vincoli normativi e un quadro economico che continua a sollevare più dubbi che certezze.












