Maxi blitz contro gruppi cinesi in Italia: coinvolta anche Catania. Un’operazione senza precedenti ha interessato 26 province italiane, con decine di arresti e sequestri legati a un vasto giro di reati gestiti da gruppi criminali cinesi. Tra gli obiettivi della Polizia, anche la città di Catania, dove le indagini hanno contribuito a smantellare una rete criminale ben strutturata e radicata nel territorio. Al centro dell’operazione, denominata “alto impatto”, c’è la lotta all’immigrazione clandestina, allo sfruttamento della prostituzione e del lavoro, alla contraffazione di prodotti, al traffico di droga e al possesso illegale di armi. Il bilancio: 13 arresti, 31 denunce e oltre 73mila euro di sanzioni amministrative, con il sequestro di 22.825 euro in contanti.
Un’indagine coordinata su scala nazionale
L’operazione è stata guidata dal Servizio Centrale Operativo della Polizia (SCO), con il supporto dei reparti prevenzione crimine, e ha coinvolto le squadre mobili di ben 26 città italiane, da Catania a Milano, passando per Roma, Firenze, Bologna, Verona, Padova, Genova e molte altre. Un’azione strategica, messa in atto per contrastare in modo coordinato e simultaneo i gruppi criminali cinesi attivi con ramificazioni ovunque. L’obiettivo era smantellare non solo le basi operative, ma anche le reti finanziarie e logistiche utilizzate per portare avanti attività illecite, spesso coperte da esercizi commerciali apparentemente regolari.
Tra l’altro, il blitz ha mostrato l’efficacia di un modello investigativo che unisce intelligence, Squadre Mobili e Reparti Prevenzione Crimine in un coordinamento su scala nazionale. L’operazione ha portato a numerosi arresti — circa 15 in carcere con accuse che spaziano dalla droga allo sfruttamento dei migranti — oltre a centinaia di controlli, denunce e sanzioni amministrative. Il risultato concreto è stato la destabilizzazione di compagini criminali radicate, considerate estremamente invisibili fino ad allora.
Hawala: il sistema segreto per trasferire milioni
Un elemento chiave emerso dalle indagini riguarda il sistema hawala, una sorta di “banca ombra” totalmente illegale ma molto efficiente, capace di trasferire somme ingenti di denaro da un continente all’altro senza passare per i canali ufficiali. Questo metodo è usato non solo dai gruppi cinesi, ma anche da altre organizzazioni criminali, come strumento per finanziare il traffico di droga, lo sfruttamento dei migranti e il riciclaggio di denaro.
Il meccanismo – noto anche come “fei’chi en” ( denaro volante) – poggia su una rete fiduciaria di “banche sotterranee” gestite da commercianti cinesi: soldi contanti raccolti tramite commissioni modeste (1,5‑2 %) venivano trasferiti attraverso codici identificativi come i numeri seriali delle banconote. Questa struttura consente di finanziare traffici illeciti (droga, migranti) e alimentare frodi IVA attraverso società cartiere e fatture false, rendendo difficile tracciare i flussi finanziari. Un fenomeno preoccupante che mette in luce la portata globale e la sofisticazione delle attività criminali individuate.
Catania tra le città coinvolte: attenzione alta sul territorio
Anche Catania è finita sotto i riflettori dell’operazione. La città etnea è risultata coinvolta in più filoni d’indagine, con controlli mirati su attività commerciali e strutture sospette, oltre a verifiche sul lavoro irregolare e sull’immigrazione clandestina. Le autorità locali, in collaborazione con i reparti centrali, hanno svolto un ruolo determinante nell’identificazione di alcune basi logistiche dei gruppi criminali. Un’indagine della Guardia di Finanza aveva ricostruito un sistema di riciclaggio da 68 milioni di euro, coordinata proprio dalla sede di Catania e articolata in Sicilia, ma su scala nazionale come evidenziato nell’articolo Maxisequestro nel Catanese: un milione di prodotti cinesi contraffatti – LiveUnict.
Questi precedenti mostrano come la Sicilia sia sempre più centrale nelle operazioni anti-organizzate, grazie anche alla cooperazione con locali e strutture investigative centrali. L’operazione conferma la necessità di tenere alta l’attenzione anche in Sicilia, dove le infiltrazioni della criminalità organizzata straniera si fanno sempre più complesse e radicate.













