Un volto nascosto della migrazione che pochi conoscono, ma che lascia cicatrici profonde e indelebili nell’anima e nel corpo di migliaia di persone. È il dramma delle torture e delle violenze subite dai migranti lungo la rotta del Mediterraneo, in particolare in paesi come la Libia, considerati dall’Italia e dall’Europa “sicuri”, ma che in realtà rappresentano un vero e proprio inferno per chi cerca una vita migliore.
A far luce su questa tragedia è il report realizzato da Medici Senza Frontiere (MSF), in collaborazione con l’ambulatorio per la riabilitazione delle persone sopravvissute a torture del Policlinico di Palermo. Il documento, presentato a Palazzo Steri in occasione della Giornata Mondiale a Supporto delle Vittime di Tortura, offre una fotografia allarmante e drammatica della realtà di chi sopravvive a forme di violenza estrema nel corso del viaggio migratorio.
Donne vittime di violenze estreme: L’80 % un dato sconvolgente
Tra i dati più inquietanti emerge che circa l’80% delle donne assistite ha subito violenze e torture in Libia o in paesi che l’Italia considera “sicuri”. Le donne migranti, spesso invisibili nelle statistiche ufficiali, sono in realtà le più colpite da abusi fisici e psicologici, subendo torture che vanno dal maltrattamento, alle aggressioni sessuali, alla privazione dei documenti d’identità, fino a forme di tortura fisica e psicologica sistematica.
Queste violenze non si limitano a episodi isolati, ma sono strutturali e diffuse lungo tutta la rotta migratoria, tanto da costituire un vero e proprio pattern criminale a danno dei migranti. Il report evidenzia la necessità di un sostegno specialistico e di percorsi di cura dedicati, fondamentali per restituire dignità e speranza a chi è stato spezzato da simili esperienze.
Chi sono i sopravvissuti: un profilo comune
Gli assistiti dal team di MSF a Palermo sono soprattutto giovani uomini, con un’età media di 25 anni, provenienti da 20 paesi diversi, con una forte presenza di migranti provenienti dal Bangladesh (15,6%), dal Gambia (13,7%), dalla Costa d’Avorio (11%), dal Camerun (9%) e dalla Nigeria (9%). Complessivamente, tra gennaio 2023 e febbraio 2025, sono state assistite 160 persone sopravvissute a torture.
Il 71% dei pazienti ha un’età compresa tra 18 e 33 anni, e il 63% è domiciliato nei centri di accoglienza. Il 75% degli assistiti sono uomini, mentre le donne rappresentano il 25%.
Nel viaggio della speranza, dopo un’infinità di torture questi esseri umani si avviano in pescherecci sovraffollati e non adatti alla traversata in mare, né dotati dalle attrezzature adeguati, rischiando spesso la morte, come riportato nell’articolo Sicilia, altra notte di sbarchi: 4 migranti ricoverati e 2 decessi – LiveUnict.
Le forme di tortura e i luoghi in cui avvengono
Le torture documentate sono molteplici e si verificano prevalentemente nei paesi d’origine o durante il viaggio, con una concentrazione particolarmente grave in Libia, dove i migranti spesso cadono nelle mani di trafficanti senza scrupoli.
Le parole di un sopravvissuto:
«In Libia siamo stati rapiti, venduti, torturati. Mi facevano stringere vetri rotti tra le mani ma la cosa peggiore è stata vedere mia moglie violentata davanti ai miei occhi. L’hanno costretta a prostituirsi. Mi dicevano che l’avrebbero uccisa se non obbedivo».
Sono le parole di uno dei pazienti assistiti dal team di Medici Senza Frontiere a Palermo, all’interno del progetto dedicato alle vittime di tortura, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico «Paolo Giaccone», il Dipartimento PROMISE, la CLEDU (Clinica Legale per i Diritti Umani) e l’Università degli Studi di Palermo.
Nel 60,3% dei casi, le violenze sono state perpetrate proprio da trafficanti, che sfruttano, torturano e maltrattano i migranti in attesa di attraversare il Mediterraneo. Il 29% delle torture, invece, è stato inflitto dalle forze dell’ordine locali, che dovrebbero invece tutelare i diritti umani.
Percosse, frustate, bruciature, rimozione delle unghie, soffocamento, folgorazioni. Sono solo alcune delle modalità con cui uomini e donne in fuga vengono torturati, spesso ripetutamente;
«Cerchiamo di trasformare i flashback in ricordi, per liberare i pazienti dal potere che le torture continuano ad avere su di loro» spiega Carmela Virga, psicologa di MSF a Palermo. «La terapia parte dalla ricostruzione della fiducia e dalla restituzione del diritto a decidere per sé stessi».
Il prezzo di una fuga disperata
Per i migranti, il viaggio verso l’Europa è spesso un percorso di speranza, ma anche di dolore e di continue minacce. La tortura lascia segni che vanno oltre le ferite fisiche: provoca gravi disturbi psichici come lo stress post-traumatico, che nel 67% dei casi è stato diagnosticato tra gli assistiti. Questi traumi hanno effetti duraturi, compromettendo la capacità di reinserimento sociale e la ricostruzione di una vita normale.
Inoltre, nonostante le violenze subite, solo il 22% dei migranti assistiti ha ottenuto lo status di rifugiato, un dato che sottolinea le difficoltà enormi nell’accesso alla protezione internazionale e il rischio che molte vittime di tortura restino invisibili e prive di tutele. È forse questo il dato più sconcertante che emerge dal primo rapporto della Rete Italiana per il Supporto alle Persone Sopravvissute a Tortura (ReSST).
L’importanza di una risposta umanitaria e specializzata
Come sottolinea Elisa Galli, responsabile del progetto MSF a Palermo;
“Un supporto specialistico adeguato è essenziale affinché la vita di queste persone possa ricominciare”.
La riabilitazione delle vittime di tortura passa attraverso percorsi di cura medica e psicologica, che aiutino a ricostruire non solo il corpo, ma anche l’identità e la fiducia nel prossimo.
Le strutture come l’ambulatorio del Policlinico di Palermo rappresentano un punto di riferimento prezioso in questo percorso, offrendo assistenza multidisciplinare e accompagnamento psicologico indispensabili per affrontare traumi così profondi.
Una sfida per la comunità internazionale
Il report di MSF lancia un allarme chiaro e urgente: non si può più ignorare la realtà delle torture e delle violenze sistematiche che i migranti subiscono. È necessario che i paesi europei, a partire dall’Italia, rivedano le loro politiche migratorie e di accoglienza, garantendo percorsi di tutela efficaci e una maggiore attenzione alle vittime di violenza.
«l’Italia si conformi pienamente agli obblighi sanciti dalla Convenzione contro la tortura (1984), in particolare all’articolo 14, che riconosce alle vittime il diritto alla riabilitazione più completa possibile, assicurando un adeguamento efficace del sistema di accoglienza e dei servizi sociosanitari dedicati. Vengano superate le barriere istituzionali e le politiche migratorie restrittive, ripristinando e potenziando un sistema di accoglienza e assistenza inclusivo e ben strutturato. Infine siano sostenuti e garantiti percorsi di accesso sicuri, evitando che le persone siano costrette a transitare attraverso paesi o territori in cui sono notoriamente esposte a pratiche di tortura e violenze». Dichiarano MSF.
Solo così si potrà offrire una vera speranza a chi fugge da guerre, povertà e persecuzioni, riconoscendo la loro dignità e il diritto a una vita libera dalla violenza.













