
A pochi passi dal Castello Ursino e dal Duomo di Catania si trova uno dei siti archeologici più affascinanti della città, il “Pozzo di Gammazita”. Ma ad oggi, questo affascinante luogo, avvolto da leggende catanesi, sembra essere completamente dimenticato, tanto dai cittadini quanto dai turisti.È incredibile come un luogo così vicino alle vie principali della città venga praticamente ignorato. Situato in un cortile nascosto, circondato da abitazioni, questo sito non riceve alcuna attenzione: nessun cartello, nessuna indicazione turistica, niente che ne segnali il valore storico e culturale. Eppure, a pochi passi dal Castello Ursino e dalla Villa Pacini, non c’è traccia di segnaletica che indichi come arrivarci.
Oggi, per chi, nonostante tutto, conosce la sua esistenza e decide di visitarlo, la delusione è ancora più grande. Arrivati sul posto, si viene accolti dal vuoto più assoluto, un piccolo cartello con il nome del sito, e tre piccole righe che cercano di riassumere la sua storia. La sensazione che si prova è quella di trovarsi di fronte a un luogo abbandonato, privo di qualsiasi cura o attenzione, dove la storia stessa sembra essere stata messa da parte.
Il disinteresse verso la valorizzazione dei siti archeologici sembra essere una triste caratteristica ricorrente della città di Catania. Un altro esempio lampante di questa trascuratezza è la Torre del Greco, un monumento di grande rilevanza storica, anch’esso trasformato in una discarica a cielo aperto. Come per il Pozzo di Gammazita anche la Torre del Greco è completamente abbandonata, priva di segnaletica che ne indichi l’ubicazione. Ogni giorni si passeggia così vicini alla storia, che la città di Catania e i suoi cittadini continua o ad ignorare o a deturpare. C’è ancora tanta strada da fare, e tanto da valorizzare.
Il Pozzo di Gammazita affonda le sue radici nel Medioevo, quando la zona era il vivace quartiere ebraico di Judeca Suttana. Qui, le acque del fiume Amenano alimentavano numerose attività commerciali presenti nelle piccole viuzze. Purtroppo nel 1669 una catastrofica eruzione dell’Etna seppellì la fonte sotto un mare di lava, ben 14 metri! Furono proprio i cittadini catanesi a riportarlo alla luce, utilizzando i pochi mezzi di fortuna. Nasce così il singolare pozzo scavato nella roccia lavica, una profonda scarpata che si estende lungo le imponenti mura civiche cinquecentesche, risalenti all’epoca di Carlo V.
Non solo storia ma leggende che ancora corrono tra le vie delle città. Tra le più celebri, una racconta di una bellissima ragazza catanese di nome Gammazita, fidanzata e promessa sposa. Purtroppo, un soldato francese di nome Droetto si innamorò perdutamente di lei. Nonostante i numerosi tentativi della giovane di evitare le sue avances, proprio nei giorni del suo matrimonio, il soldato la aggredì. Senza alcuna via di scampo, Gammazita, disperata, si gettò nel vicino pozzo.
Nel 1278, la leggenda si arricchisce di nuovi dettagli. Si racconta di Macalda Scaletta, una bellissima vedova corteggiata da cavalieri francesi e siciliani, ma innamorata solo del suo giovane paggio Giordano. Un giorno, Giordano vide Gammazita ricamare davanti alla sua casa e se ne innamorò follemente. Questo amore scatenò la gelosia di Macalda, che, in accordo con il soldato francese de Saint Victor, organizzò un piano per far cedere Gammazita.
De Saint Victor tendette numerosi tranelli, la giovane bella però non cedette mai alla avances del soldato francese. Un giorno però riuscì ad agguantarla ma Gammazita, disperata e senza via di scampo, lottò per liberarsi e vide come unica via di scampo la morte nel pozzo
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