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Il Catania Film Fest 2023 sta per avviarsi alla conclusione della 12esima edizione ed è stato un programma ricco di momenti salienti e con ospiti di spessore. Grande è l’attesa per il finale di oggi, con Giorgio Tirabassi tra gli ospiti più attesi, per poi concludere con la consegna dei premi.
Tra i momenti più importanti di ieri, penultima giornata del festival, l’omaggio a Lina Wertmüller con la proiezione del cortometraggio “Grazie Lina”, prodotto da Daniele Urciuolo per Alfiere Productions, nonchè presidente del Catania Film Fest. N0n si tratta semplicemente di un documentario in cui si racconta Lina Wertümller, ma è qualcosa che va infondo ai sentimenti.
Daniele Urciuolo e “Grazie Lina”
Non un documentario classico, dunque, ma un montaggio di filmati inediti, con la direzione dell’attore Yari Gugliucci. “È un piccolo omaggio, un piccolo ricordo di una persona, Yari Gugliucci — ha detto Daniele Urciuolo —, che ha avuto la fortuna e l’onore di passare tanti anni con Lina, costruendo un rapporto particolare, sia professionale che artistico”. “Grazie Lina” nasce, infatti, da 20 anni di amicizia e collaborazione che Gugliucci e Lina Wertmüller, quest’ultima che diventa, a partire dal 1998, punto di riferimento e maestra per l’attore salernitano.
Un rapporto che va oltre il contesto professionale, tra l’attore e la regista, e Daniele Urciuolo racconta quanto si vede nel cortometraggio: “Loro condividono dei momenti e dei viaggi. In questi 20 anni, Yari ha ripreso dei momenti, mi ha portato questo materiale ma c’erano tanti problemi, di audio e di struttura”.
Lina Wertmuller: simbolo femminile del cinema
La prima regista della storia del cinema ad essere candidata all’Oscar come miglior regista, per poi essere consacrata nel 2020 con il Premio Oscar onorario. È ciò che ha reso Lina Wertmüller apripista dello sguardo femminile di registe donne, in un periodo dove era difficile incontrare un regista che non fosse un uomo. Un’emancipazione, un’ affermazione ben salda nel mondo della regia cinematografica femminile, e in parte il merito è di Lina Wertmüller.
Una scalata, quella di Wertmüller, che parte dall’Accademia teatrale e dai burattini, per poi passare a segretaria di dizione e ad altre importanti esperienze. Ha avuto la fortuna, negli anni 60, di essere aiuto regista di Federico Fellini, nei film “La Dolce Vita” e “8 1/2”. La sua carriera da regista inizia nel 1963, con il suo primo film, per poi passare ad una serie di successi con il suo attore di riferimento che è Giancarlo Giannini.
Daniele Urciuolo ha, inoltre, voluto sottolineare le differenze tra Lina Wertmüller regista e fuori dal set. “Nel suo lavoro viene descritta come tosta e feroce, senza cuore, per farsi spazio, con tenacia, in un mondo dove ancora non esistevano registe donne. Nel film, invece, possiamo notare dei momenti intimi dove sa anche essere ironica e dolce”.
Una tenacia e una grinta, frutto della reazione ad un mondo maschilista, che si rispecchia anche nei lavori della regista romana. Si tratta di film un cui durezza e violenza fanno da padroni, come “Pasqualino settebellezze”, con Giancarlo Giannini.
La testimonianza al di là della tecnica
La genesi del film è stata caratterizzata anche da diverse perplessità dal punto di vista tecnico da parte di Daniele Urciuolo, poiché si tratta di filmati amatoriali che hanno reso necessario un importante intervento in post produzione. “Ho valutato questo materiale d’archivio di Yari e ho pensato se cestinarlo o se mettere in piedi una macchina produttiva e confezionare un prodotto audiovisivo — Ha raccontato Daniele —. Erano materiali interessanti ma c’erano tanti problemi, di audio e nel creare una struttura narrativa”. Sono 18 minuti che lasciano gli occhi degli spettatori incollati allo schermo, e che mostrano, al di là dei problemi tecnici, bypassati grazie ad un grande lavoro di montaggio, chi era Lina Wertmüller fuori dal set e attraverso lo sguardo di Yari Gugliacci, con delle immagini prodotte con cellulare o go pro. “Erano tutte immagini con l’audio da ripulire perché Yuri non pensava a ciò che stava facendo e che potenzialmente poteva uscire fuori”.
Sono, infatti, evidenti le continune modifiche della aspect ratio delle riprese, da verticale a orizziontale o diagonale, un po’ con telecamere e o con smartphone. A proposito di questo, Daniele Urciuolo ha rivelato quali sono stati i suoi timori durante la produzione: “Temevo che uscisse qualcosa di non presentabile ma ho capito che era qualcosa che andava al di là della tecnica“. La dimostrazione, nelle parole di Urciuolo, del ruolo dei nuovi media, dell’essere sempre potenzialmente pronti a documentare, dove una testimonianza importante, come quella di alcuni momenti fuori dalla vita professionale di Lina Wertmuller, può dare vita a prodotti audiovisivi di un certo valore.