L’omicidio del professore Samuel Paty, insegnante di storia in una scuola media della banlieue parigina avvenuta il 16 ottobre scorso per aver mostrato in aula le vignette del giornale satirico francese Charlie Hebdo, ha scosso non soltanto l’opinione pubblica francese facendo emergere i problemi relativi all’integrazione delle altre culture all’interno del sistema scolastico nazionale, ma ha dato il via ad un dibattito che sta infiammando l’opinione pubblica mondiale.
Alcune domande sorgono spontaneamente: siamo veramente liberi di dire ciò che vogliamo, quando vogliamo e su qualsiasi argomento? Gli avvenimenti come questi sconvolgono la vita dei cittadini e delle cittadine, scardinando in maniera sempre più netta il concetto di laïcité in un Paese come la Francia, in cui la libertà d’espressione è rivendicata quotidianamente.
Se da una parte, ciò che accade al di fuori del territorio nazionale ci indigna – giustamente – e cerchiamo di difendere i valori universali della laicità a suon di #jesuisprof, dall’altra faremmo bene a non dimenticare che qualche tempo fa anche in Italia è accaduto un fatto abbastanza grave: la professoressa Rosa Maria Dell’Aria fu sospesa, a maggio del 2019, per aver permesso ai suoi alunni e alle sue alunne di accostare le leggi razziali del 1938 al “decreto sicurezza” dell’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Tale situazione, ci fa comprendere che il “problema” della libertà d’espressione è presente ovunque, e questo ci permette di glissare dai banchi scolastici alle aule universitarie. Gli studenti e le studentesse universitarie, sono liberi e libere di esprimere il proprio parere? Vi sono delle barriere imposte dal modello di lezione propinato? Come possiamo incentivare la libertà d’espressione e la diversità culturale, affinché tutte e tutti si sentano liberi e libere di esprimere chi sono, ciò in cui credono e, last but not least, apprendere dalla “diversità”? Riflettiamo insieme in merito alla situazione universitaria.
Libertà d’espressione nelle aule universitarie
Il modello della lezione “all’italiana” non lascia sempre spazio per il dibattito critico e per una maggiore libertà d’espressione: si preferisce, nella maggior parte dei casi, ingurgitare nozioni da spiattellare all’esame, piuttosto che discutere sui reali fatti che ci circondano. Chiaramente, non tutti fanno lezione in questo modo e, fortunatamente, le cose sembrano cambiare.
Tuttavia, vi sono dei casi in cui esprimere il proprio parere potrebbe ledere all’esito positivo dell’esame. “Dipende dal professore che teneva il corso. In alcuni casi sì, mi sono sentito limitato nelle mie possibilità di esprimere un parere poiché dall’altro lato potevano poi esserci ripercussioni in sede di esame. Mi piace però constatare che si è trattato di casi molto limitati, è che nella maggioranza dei casi invece, il libero dibattito in aula è stato garantito da docenti e colleghi. Non mi sono mai sentito giudicato per qualcosa che ho esposto”, sottolinea uno studente del corso di Laurea Magistrale in Scienze Filosofiche dell’Università di Catania.
Ciò che manca, dall’altro canto, sembra il tempo per coltivare discussioni e incentivare l’eloquio in aula: “Non mi sono mai trovata a essere giudicata per qualcosa che ho espresso in aula, durante i miei anni universitari. Però è anche vero che in aula non c’è sempre molto spazio per le opinioni personali, non perché i docenti impediscano di esprimerle ma per l’impostazione delle lezioni. In generale, durante le lezioni, i prof. tendono a incentrare tutto sulla spiegazione e sull’insegnamento. Non è stato così per tutte le materie che ho seguito in aula, ma posso dire che lo si tende a fare. Per me è un approccio molto utile, ma c’è da dire che in altri contesti europei si stimola molto il senso critico e la libertà d’espressione anche durante le lezioni” ci dice un’ex studentessa di Filologia Moderna dell’Università di Catania.
Potremmo, dunque, imparare dagli altri contesti europei, quali Francia e Germania ad esempio, in cui la ricerca ed il dibattito sono fortemente incoraggiati, tramite la stesura di tesine ed esposizioni orali su argomenti diversi. Ciò permetterebbe, da una parte di mettere in pratica le nostre competenze e dall’altra incentivare il dibattito in aula.
Il ruolo odierno del pensiero critico
Il pensiero critico nasce dalle discussioni, dal dibattito democratico, dal confronto tra pari. Ma cosa succede se a volte ci sente in dovere di asserire a ciò che dice il professore di turno per paura di avere ripercussioni in sede d’esame? “Alle volte mi è capitato di assistere, da parte di qualche docente, a polemiche di natura politica che non condividevo assolutamente. Non per le idee espresse, ma perché credo che un professore debba essere un professionista, e quando entra in aula deve spogliarsi dalle proprie ideologie di riferimento e limitarsi al proprio lavoro. In quel caso, anche se non esplicitamente, mi sono comunque sentito limitato nelle possibilità di esprimere un’opinione contraria, se non altro per paura di possibili ripercussioni in sede d’esame. Cosa profondamente sbagliata. Discorso parzialmente diverso riguarda il rapporto con i miei colleghi. In questo caso non mi sono mai sentito limitato nelle mie possibilità di esprimere un’idea, anche diversa dalla loro. Il rapporto di pari-a-pari in genere garantisce questo tipo di scambio di vedute” afferma lo studente.
Riassumendo, il dibattito sembrerebbe avvenire più tra colleghi che tra professori e studenti, in alcuni casi per paura in altri per un senso di inadeguatezza e, purtroppo, per paura di avere un brutto voto all’esame. Non sarebbe meglio avere la possibilità di dire la propria opinione in maniera educata, tranquilla, in una prospettiva maieutica di conoscenza? Il confronto rappresenta la più bella espressione di democrazia ed empatia umana.
A volte capita, ad esempio, di intuire l’orientamento politico del docente che non fa mistero delle proprie preferenze. Bisogna stare attenti a non far diventare la libertà d’espressione una forma di dittatura, in cui non è possibile esprimersi contrariamente.
Nonostante ciò, “non mi è mai capitato che un docente mi vietasse di esprimere la mia opinione o quella dei colleghi. Tuttavia, per esempio a livello politico, si intuisce molto la posizione di alcuni docenti universitari. L’ho notato, nonostante il loro punto di vista politico fosse vicino al mio”, afferma l’ex studentessa.
Come incentivare la libertà d’espressione?
Siamo di fronte ad una situazione in cui non bisogna far altro che incentivare il dibattito critico e la libertà d’espressione nelle aule universitarie, per combattere il pensiero unico. La libertà d’espressione e di conseguenza la libertà d’insegnamento viene messa a dura prova. Come invertire questa tendenza?
In riferimento al dibattito critico in aula “Credo che esistano molti pregiudizi, soprattutto di stampo politico, che etichettano con fin troppa facilità le persone che le esprimono. Questo limita in generale la possibilità di dire ciò che realmente si pensa. Esprimersi oggi contro l’immigrazione clandestina vuol dire essere associati al razzismo; oppure usare alcuni termini di per sé neutri come “nero” o “handicappato” significa essere tacciati di insensibilità. Invece, bisognerebbe riflettere meglio sul contesto delle parole usate e delle idee espresse, prima di ghettizzare facilmente il nostro interlocutore. Nelle aule scolastiche e universitarie, bisognerebbe educare alla pluralità di visioni e pensieri, alla capacità critica di analizzare la realtà, di modo da non essere soggetti a questo tipo di vedute qualunquiste e socialmente dannose; anziché entrare vestiti da professori e uscirsene con un’arringa politica di parte”, sottolinea lo studente.
Se da una parte i pregiudizi e l’indisponibilità all’ascolto dell’altro sono nocivi per il dibattito, dall’altra l’attuale didattica a distanza potrebbe essere un problema per l’aumento di spazi dedicati ad una maggiore circolazione del dibattito ed una presa di posizione maggiore, poiché “in questo periodo molto delicato credo che non ci sia molto spazio per la libertà d’espressione per via della didattica online. Il nostro Paese ha un gap digitale che è evidente anche e soprattutto in questo periodo: molti docenti sono alle prese con piattaforme per le lezioni online e anche con problemi di connessione. Insomma, la didattica online secondo me non è per nulla facile. Ed è per questo che credo si trascuri un po’ la libertà d’espressione, ma sono convinta che la scuola e l’università in genere siano il posto giusto dove poter esprimersi” conclude l’ex studentessa.