Chi vuole trovare lavoro lo sa, la prima cosa da fare è stilare un buon curriculum vitae. Cercare di inserire tutte le competenze utili al fine di competere per la posizione di lavoro desiderata, mettere in atto alcune piccole strategie comunicative e di impaginazione per richiamare l’attenzione del lettore e inserire anche le proprie esperienze pregresse, soprattutto nel settore per il quale si compete. Questi alcuni accorgimenti utili per non passare inosservati ed essere competitivi.
Ma quanto è davvero utile essere in possesso di esperienze lavorative precedenti al fine di essere selezionati e magari passare avanti ad altri candidati altrettanto qualificati? È una domanda che spesso si pongono i neolaureati, che magari hanno speso le proprie energie nel tentativo di guadagnarsi una laurea con ottimi voti tralasciando magari l’aspetto più prettamente pratico e lavorativo.
Secondo un sondaggio messo in atto da LinkedIn, il celebre portale che mette a disposizione dei propri utenti uno spazio per cercare e trovare lavoro, ha provato a diramare la questione chiedendo ai propri utenti della rete le loro esperienze personali. Alla domanda: “Quanto è importante l’ultima posizione lavorativa ricoperta presente in un CV per ottenere un nuovo impiego nel posto desiderato?” a cui hanno risposto 2.700 utenti, il 62% ha risposto “moltissimo” mentre solo l’8% ha asserito che “non conta niente”. Il 31% dei rispondenti invece ha detto che la situazione cambia in base alla situazione.
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Gli utenti sostengono che, soprattutto in seguito alla crisi innescata dalla pandemia, le aziende preferiscono assumere personale che presenti già le competenze necessarie e che dunque non abbia bisogno di un’adeguata formazione. “Per quanto osservo – scrive un utente sul social network -, la situazione Covid ha avuto una ricaduta sul lavoro significativa, ma ancora parziale. Molte libere professioni e imprese o già in difficoltà o operanti in settori direttamente colpiti (turismo e ristorazione per esempio) ne hanno risentito pesantemente. Per altri nei prossimi mesi, e in particolare dopo l’autunno/inverno, avremo un quadro più chiaro e probabilmente critico”.
Inoltre, le difficoltà economiche stanno spingendo le imprese ad investire meno sui talenti con anni di esperienza alle spalle. Scrive un altro utente: “Le competenze cosiddette “tecniche” si acquisiscono, si sviluppano, si migliorano ma ciò su cui il mondo del lavoro dovrebbe oggi porre una maggiore attenzione è alla passione, alla voglia di rimettersi in gioco, al coraggio di accettare nuove sfide, alla determinazione a portare avanti un progetto. All’onestà, al rispetto verso collaboratori e capi, a vivere il lavoro con il sorriso, alla motivazione con cui rendi tutto più facile e meno faticoso. Ho vissuto e lavorato per più di 30 anni cercando di mettere in atto almeno una parte di questi principi e si può fare”.
E c’è chi, infine, considera importante il quadro generale che si può evincere da un CV e quindi non solo dalle posizioni ricoperte in passato: “Si suppone, erroneamente, che l’ultima posizione ricoperta sia apicale rispetto a un processo di crescita costante durante tutto il corso della propria vita professionale. Ma non funziona così. Non c’è HR Manager o Executive che non sappia che esistono due elementi dirimenti nella selezione di un candidato: la sua potenzialità e – quindi – il complesso delle esperienze / competenze acquisite nel tempo. L’approccio sistemico nella valutazione del potenziale ancora inespresso, fanno di un candidato quello giusto a ricoprire una (futura) posizione potendo esprimere quello che ancora non ha espresso fino a quel momento. Altrimenti, è un inerme attardarsi su cose già note”.