Distrutta da una colata lavica, la Chiesa di Campanarazzu è stata riportata alla luce grazie a recenti scavi, divenendo un sito archeologico unico nel suo genere. Ce ne parla Arianna Arcidiacono, socio della Fondazione Monasterium Album.
La provincia etnea è costellata di numerosi luoghi di interesse storico e culturale sfortunatamente poco noti e valorizzati. Si tratta di piccole perle d’identità, segrete e ancora da scoprire, ma che conservano l’eredità genetica di Catania e dei suoi cittadini. È questo il caso dell’antichissima chiesa di Campanarazzu a Misterbianco, sepolta da una violentissima eruzione dell’Etna e ritornata alla luce grazie a recenti scavi. Siamo andati a scoprire questo gioiello incastonato nella lava grazie alla guida e al racconto di Arianna Arcidiacono, socia della Fondazione Monasterium Album.
“Noi della Fondazione Monasterium Album – ci spiega Arianna Arcidiacono – teniamo a far conoscere questo luogo, e non solo ai locali. I misterbianchesi, infatti, già in tempi antichi sapevano dell’esistenza di questo sito e venivano qui in pellegrinaggio. Il nostro desiderio è di renderlo fruibile il più possibile, perché è un gioiello che deve essere rivalutato. La nostra fondazione culturale non ha scopo di lucro e si propone di far conoscer Campanarzzu e tutto il territorio e la storia di Misterbianco. A tal scopo organizziamo laboratori e passeggiate didattiche per le scuole, proponendoci di sensibilizzare i giovani e avvicinarli alla mission della fondazione. Organizziamo, in tal senso, anche corsi di formazione per i giovani, in modo che, come me che dal 2016 circa mi occupo di questo, possano guidare i visitatori alla scoperta di Campanarazzu”.
Non tutti sanno, forse, che l’originario borgo di Misterbianco non sorgeva nel luogo che ospita oggi l’attuale cittadina. La devastante eruzione dell’Etna del 1669, infatti, travolse interamente il borgo, costringendo gli abitanti a stabilirsi altrove, edificando poco distante il nuovo comune.
Campanarazzu, conosciuta anche come Monasterium Album, fu la chiesa madre dell’antica Misterbianco, il nucleo originale, e si distinse per la sua imponenza e la ricchezza della sua architettura. “Era una chiesa grande e imponente per il periodo – ci illustra Arcidiacono- e ha subito diversi ingrandimenti. Il primo nucleo risale al 1200, dopo l’arrivo dei Normanni che colonizzarono quest’area e costruirono il primo nucleo, vale a dire la cappelletta in stile gotico-normanno, che è custodita tutt’ora all’interno della struttura. Successivamente, nel ‘400 venne ingrandita nella zona corrispondente al presbiterio, con un accesso laterale e un ingresso frontale. Nel ‘500 viene cambiato ancora il prospetto della chiesa, che venne ingrandita notevolmente, fino alla ristrutturazione del 1629 circa. Le notizie su questo sito sono giunge a noi alla visita pastorale del vescovo Bonadies, che venne due anni prima dell’eruzione del 1669 e descrisse con minuzia tutto quello era presente in chiesa”.
“La struttura architettonica è di rimando tardo rinascimentale, si nota dalle decorazioni tipiche di quel periodo e dal particolare uso della pietra bianca del ragusano. Il colpo d’occhio – ci spiega ancora l’Arcidiacono – doveva essere notevole per l’epoca, visto che la pietra di quelle zone era costosa da trasportare. Esternamente notiamo il sagrato originario della chiesa, che è in acciottolato di fiume (questo perché si dice che vi scorresse un fiume, forse l’Amenano), da cui partivano degli scalini che portavano alla piazza principale del paese”.
Certamente l’antichità e la magnificenza di questa antica chiesa madre la rendono un tesoro di inestimabile valore. Il suo valore aggiunto, tuttavia, non dipende da storia o architettura, bensì dal particolare tipo di scavo eseguito per riportare alla luce la struttura.
“Al momento, quello di Campanarazzu è l’unico caso al mondo conosciuto di restauro e recupero al di sotto di una colata lavica, considerato che a Ercolano e Pompei si è scavato sotto ceneri e non lava. La cenere, per quanto si indurisca, è molto più facile da eliminare. Qui i lavori sono stati incessanti, pesantissimi, perché la lava, una volta indurita, si è stratificata in tantissimi livelli. Da fuori, infatti, si può notare una parte più compatta, che è quella interna una volta raffreddata, e una esterna che è più porosa e che viene ricoperta nuovamente da altri strati di detriti”.
“La lava – ci viene illustrato ancora – colpì la chiesa da nord ed era talmente liquida che andò a incunearsi in ogni angolo. Il lavoro di sbancamento è stato enorme ed è stato eseguito anche grazie a martelletti automatici e schiume espansive, per non rovinare la struttura della chiesa al di sotto della lava”.
Il sito archeologico di Campanarazzu, tuttavia, costituisce una rarità anche per una seconda ragione. “Sia a causa della colata lavica che del terremoto della Val di Noto, nella sicilia orientale non si conservano grossi esempi di reperti rinascimentali, sono quasi nulli. Trovare una chiesa come questa, che ha mantenuto non piccole parti, ma vere e proprie strutture architettoniche rinascimentali, è sicuramente un valore aggiunto, che deve essere divulgato”.
“Gli scavi sono stati già finanziati dal Comune – conclude, infine, Arianna Arcidiacono- e si spera che partano a settembre. Il progetto prevede lo sbancamento di parte della colata lavica che copre la scalinata, quindi la nostra idea è quella di poter liberare quella zona per far capire cosa c’era sotto. La teoria ovviamente è che ci fosse il paese originario di Misterbianco. Il nostro sogno è di creare il parco archeologico di Campanarazzu, che comprenda questa chiesa e gli altri scavi e che possa attrarre visitatori da ogni luogo, legando indissolubilmente la sua storia a quella dell’Etna”.
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