A pochi giorni dalla riapertura di negozi e imprese, il professore Rosario Faraci, del dipartimento di Economia e Impresa di Unict, spiega le conseguenze della crisi in Sicilia e nel resto d'Italia e le prospettive per la ripartenza.
Ieri il governo ha approvato in via definitiva il Decreto Rilancio, la risoluzione più consistente attivata finora per contenere gli effetti della crisi economica. Gli italiani si preparano a ripartire dopo due mesi di chiusura pressoché totale, col timore di trovarsi di fronte a un panorama desolato, su cui aleggia lo spettro della recessione. Gli effetti del lockdown si faranno sentire ovunque, in particolare in Sicilia, ma da questa condizione potrebbero crearsi le premesse per una ripartenza affidata ai giovani. Ne ha parlato con LiveUnict il professore Rosario Faraci, docente di Economia e Gestione Imprese al dipartimento di Economia dell’Università di Catania.
La condizione economica della Sicilia non era rosea già prima della chiusura, ma le stime di crescita andranno comunque riviste. “La Sicilia avrà una perdita anche superiore alla caduta prevista del PIL nazionale per il 2020 – dichiara il docente –. Soffriranno il turismo, il commercio al dettaglio e l’edilizia, che sono tra i settori portanti dell’economia regionale”.
Potrebbe soffrire meno di altri settori, invece, l’agricoltura, ma a determinate condizioni, come spiega il prof. Faraci subito dopo: “L’impatto della crisi potrebbe essere minore se si riattiveranno consumi interni (cresciuti in questo periodo di lockdown) e se il settore primario sarà parte integrante di una filiera agroindustriale del ‘made in Italy’ più orientata ai mercati esteri. Tuttavia, in una prima fase, anche l’export subirà una flessione”.
La crisi colpirà duramente, quindi, tutti i settori principali dell’economia siciliana, ma l’esperienza potrebbe anche aprire nuove opportunità per il futuro. La formula? Imprenditorialità e pensiero creativo. A proposito della ripresa economica, il professore punta sul “pivoting“.
“È la capacità di re-inventarsi in tutti i mestieri, in tutti i lavori, in tutti i settori di attività economica. Il resto saranno solo ‘pannicelli caldi’ – aggiunge – per tamponare un’emorragia di imprese che cesseranno l’attività e di posti di lavoro che si perderanno. La capacità di re-inventarsi passa per innovazione e creatività. Dunque, vedo una chance concreta per i giovani che finalmente potranno farsi valere, magari con qualche start up innovativa e di successo“. Un’ambizione che l’Università di Catania rilancia annualmente con la Start Cup, di cui il docente è tra i principali promotori.
In questi giorni si parla tanto di numeri, e non solo in riferimento ai dati del contagio. L’Europa ha già adottato iniziative come il piano SURE da 100 miliardi e a breve dovrebbero arrivare i Recovery Fund; l’Italia approva una manovra da 55 miliardi; in Sicilia la Finanziaria recentemente vagliata dal governo regionale è di 1,5 miliardi. Ma a cosa serviranno, in concreto, questi fondi?
“Tutti i provvedimenti finora esitati dal governo hanno provato a fronteggiare la spaventosa crisi di liquidità a cui andranno incontro le imprese – argomenta il professore Faraci –. Due mesi secchi di chiusura delle attività e una Fase 2 che stenta a partire e che comunque non ripristinerà mai l’ ‘old normal’ hanno già provocato perdite che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero arrivare fino a 80 miliardi di euro nel biennio 2020-21.
La nuova liquidità non arriverà direttamente alle imprese in forma di sussidio o di indennizzo, ma attraverso il sistema bancario. Però non sarà una immissione di liquidità automatica, perché se le imprese non rispetteranno i requisiti di merito creditizio non potranno beneficiare di queste misure straordinarie e torneremo punto e a capo”.
Del resto, nonostante tutte le misure intraprese, le stime di crescita per l’Italia prevedono un ribasso del PIL del -9,1%, tra i più bassi della zona euro. L’Italia, come spiega il docente, veniva già da diverse crisi, quella del 2007-2008 e quella del 2011. “Questa sarà una recessione ancor più severa – aggiunge –, sperando che non sfoci in una depressione come quella del 1929.
Per famiglie e imprese significherà più povertà, minori consumi o comunque una razionalizzazione delle spese familiari e ancora più indebitamento; per le imprese, soprattutto per quelle fragili già prima, ci saranno minori ricavi e sicuramente un indebitamento maggiore, perché, anche beneficiando di nuova liquidità immessa attraverso il sistema bancario, comunque si indebiteranno ulteriormente”.
Un ultimo commento, infine, viene riservato agli interventi che si sarebbero potuti fare. “Forse bisognava intervenire di più con politiche fiscali più efficaci. Però – conclude con una citazione –, col senno di poi son piene le fosse, diceva il buon Manzoni”.
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