La Procura di Catania e la Guardia di finanza hanno scoperto il “business delle buche d’oro“. I lavori di manutenzione stradale venivano pagati migliaia di euro, ma mai completati. Il blitz, scattato all’alba di stamattina, ha visto l’arresto di quattro funzionari Anas, uno in carcere e tre ai domiciliari, l’interdizione per un anno di un altro e l’arresto ai domiciliari anche per quattro imprenditori.
L’Operazione Buche d’oro, sottolinea la Procura distrettuale, sta “portando alla luce rodati meccanismi corruttivi” all’interno dell’Anas di Catania, in particolare reati di corruzione in concorso commessi nell’esecuzione dei lavori di rifacimento di strade statali della Sicilia orientale e centrale tra Messina e Siracusa. I lavori venivano lasciati a metà, ma i funzionari continuavano ad attestare la loro buona riuscita e ad assegnarne di nuovi.
Lo scorso 20 settembre i militari del Nucleo di polizia economico finanziaria avevano colto in flagrante un imprenditore nell’atto di consegnare una mazzetta da diecimila euro a due funzionari, all’interno degli uffici dell’Anas. Arrestati, avevano subito confessato e portato alla scoperta di 40.000 euro in contanti presso l’abitazione di un funzionario, avvolti nella stagnola e nascosti nell’armadio.
A settembre erano già stati fermati l’ingegnere Giuseppe Romano e i geometri Riccardo Carmelo Contino e Giuseppe Panzica, oggi ai domiciliari; il geometra Gaetano Trovato è finito in carcere; l’ingegnere Antonino Urso è stato invece interdetto per un anno. Ai domiciliari, quattro imprenditori: Salvatore Truscelli, legale rappresentante della “Truscelli Salvatore srl” di Caltanissetta, dal valore di 5 milioni di euro; Pietro Matteo Iacuzzo, rappresentante della “Isap srl” di Termini Imerese, valore 17 milioni di euro; Roberto Priolo, rappresentante della “Priolo srl” con sede a Ciminna (in provincia di Palermo) e Calogero Pullara, rappresentante legale della sede di Favara (Agrigento), per un valore di un milione di euro annui ciascuna.
Nelle intercettazioni definivano questi sporchi affari come “lavori in economia“, ma il “risparmio” avveniva a spese della qualità dei lavori, eliminando le spese di scarificazione dei materiali in discarica per poter dividere l’avanzo (di solito pari a circa il 20% dei fondi) tra l’azienda, per due terzi, e i funzionari corrotti, ai quali spettava il terzo rimanente.
Ironia della sorte come proprio la Sicilia avesse recentemente conquistato il primato delle tangenti certificato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione: la Sicilia è la regione più corrotta d’Italia, negli ultimi tre anni si conta lo stesso numero di casi di tutto il Nord.