Per legge, i docenti universitari potrebbero svolgere, oltre al loro mestiere, solo lavori di consulenza occasionali. La realtà dei fatti, invece, svela un mondo completamente diverso, fatto di doppi lavori ed evasione fiscale: un fenomeno diffuso in tutta Italia. Mettendo sotto indagine più di 600 professori, la Guardia di Finanza ha letteralmente scoperchiato il vaso di Pandora, svelando un “doppio fondo” nei conti correnti dei professori, per i quali la Corte dei Conti ha presentato in queste settimane provvedimenti di condanna che ammontano complessivamente a 41 milioni di euro di danno erariale.
I dettagli dell’inchiesta saranno disponibili a partire da domani, domenica 6 settembre, sul settimanale l’Espresso, ma sono già online sulla versione web “Espresso+”. Nella storia sono coinvolti diversi docenti in tutta Italia, pratica che dimostra un sistema diffuso su tutta la Penisola: dall’Università di Palermo a Genova, dalla “Federico II” di Napoli all’Emilia Romagna, da Cassino a Bari. Nella lista di docenti si trovano le esperienze più disparate. C’è il professore di ingegneria a capo di aziende di progettazione che lavorano in mezzo mondo e hanno milioni di euro di fatturato, il docente di architettura con partita Iva che fa “lavoretti” in proprio e il medico che insegna all’università, lavora all’interno del suo policlinico e riceve anche per i pazienti di aziende private della sanità.
Guardia di Finanza e Corte dei Conti hanno lavorato insieme per scoperchiare il sistema e verificare le irregolarità presenti. All’inizio si trattava “solo” di 411 professori, nella maggior parte dei casi in aziende del Nord Italia, ma lavorando più in profondità le frodi si sono allargate a macchia d’olio, rilevando una pratica illegale che era diventata sistematica per moltissimi docenti, tra finte consulenze, incarichi non dichiarati e altri escamotage per poter avere un reddito parallelo. Le liste degli atenei coinvolti verranno pubblicate dal settimanale di domani.