Con l’installazione della copertura si sono conclusi i lavori di sistemazione dell’area archeologica della Villa Romana di contrada Gerace a Enna. L’attività di restauro conservativo dei mosaici è consistita nella pulizia dell’intera zona e nella realizzazione di percorsi di visita e supporti didattici.
Dopo dieci anni, grazie al finanziamento del governo Musumeci, sono ripartite le campagne di ricerca, scavo, messa in sicurezza e miglioramento della fruizione nei siti archeologici minori dell’Isola. Questo primo impegno della Regione, pari a 500.000 euro, ha finora riguardato, oltre a Gerace, altri sette cantieri. I lavori, infatti, si sono svolti nelle province di Palermo, Catania (nella Villa romana e nelle Terme di contrada Castellitto), Agrigento, Trapani, Ragusa e Messina.
“La ripresa dei lavori di scavo, ricerca e conservazione del prezioso patrimonio archeologico siciliano”, ha commentato il presidente della Regione Nello Musumeci, “è una delle priorità per il mio governo. Ci eravamo posti un primo obiettivo di riavviare un’attività che tanto lustro ha dato, in passato, alla Sicilia e lo abbiamo raggiunto.”
Ma questa, promette il Presidente, “è soltanto una prima tappa, si apre una nuova stagione che consentirà alla nostra terra di ottenere un duplice risultato. Si arricchirà, infatti, l’offerta culturale del nostro patrimonio archeologico a turisti, studiosi e curiosi; ci si riapproprierà, inoltre, di una tradizione scientifica indispensabile per lo studio e la conservazione della nostra memoria.”
La Villa di Gerace
La Villa Romana, scoperta nel 1994, si trova a circa quindici chilometri dalla Villa del Casale di Piazza Armerina, in provincia di Enna. Inizialmente furono riportate alla luce cinque stanze e due corridoi. Si tratta del corpo centrale di un complesso edificio dotato di un peristilio circondato da ambienti abitativi, un locale absidato con tratti pavimentati a mosaico, un corridoio, sale per banchetti e cucine. Sono state trovate anche tracce di una cisterna per l’approvvigionamento idrico, di alcune fornaci per la lavorazione della terracotta e di magazzini per lo stoccaggio di sementi.
Si è stabilito, in seguito, che l’area di interesse archeologico è di circa tre ettari, sui quali vi sono almeno dodici costruzioni. Tra questi, vi sono i resti di un edificio termale che domina il complesso, con mosaici pavimentali e marmi policromi di almeno quindici tipi diversi, tutti di provenienza estera. La struttura presenta diversi ambienti, compresa una vasca per immersioni, con complessi sistemi di riscaldamento tramite tubuli in cui circolava l’aria calda.
La famiglia dei Filippiani
Costruita intorno al IV secolo dopo Cristo, secondo alcuni archeologi la Villa edificata tra il 361 e il 363 sarebbe appartenuta a tale Philippianus, della famiglia romana dei Filippiani.
L’identificazione del proprietario è stata possibile grazie allo scavo e al ritrovamento dei pavimenti a mosaico policromo. La gamma di colori utilizzati è molto varia: nero, grigio, rosso, verde, rosa, bianco e le composizioni sono di pregevole fattura arricchiti da iscrizioni latine. Proprio una di queste iscrizioni recita: “Possano le tenute dei Filippiani prosperare! Gioia ai giochi Capitolini! Possiate costruire più cose, dedicare cose migliori. Asclepiades, possa tu invecchiare insieme alla tua famiglia!”.
L’identità è confermata anche dal nome che riportano i bolli incisi su novantanove tra laterizi e tegole della Villa ritrovate durante gli scavi. Nonostante alcune variazioni grafiche, il nome di Philippianus compare costantemente. Dall’analisi delle tavolette con incisioni che raffigurano alcuni cavalli, in concomitanza col ritrovamento di ossa equine, gli studiosi hanno tratto il convincimento che il titolare della Villa di contrada Gerace fosse un proprietario terriero che possedeva un allevamento di cavalli; quest’ultimi, probabilmente, erano destinati ai giochi equestri delle celebrazioni di Roma.
La Villa di Gerace, fin dal 2013, vede la presenza dell’università canadese di Vancouver, con una missione diretta dal professore Roger Wilson. Quest’anno, la delegazione composta da quindici studenti ha effettuato scavi e rilievi in convenzione con la soprintendenza ai Beni culturali di Enna. In particolare sono stati portati alla luce due locali delle Terme con pregevoli testimonianze che arricchiscono le conoscenze sulla Villa; esse ci raccontano la Sicilia centrale all’epoca del Tardo Impero, l’economia del latifondo e un’attività legata all’allevamento dei cavalli.