Da "I.T. Guy" ad artista, l'inaspettato viaggio di Don Alemanno nel mondo dei webcomic, tra religione e amore per la Sicilia, raccontato alla stampa nella nona edizione di Etna Comics.
È quasi impossibile pensare al fumetto online made in Italy senza pensare alle strisce di Jenus. L’irriverente what if ideato da Don Alemanno, che ipotizza un mondo post-risveglio dal coma di Gesù ormai senza memoria, ha conquistato rapidamente i cuori degli utenti di internet.
Ma dietro quella figura un po’ ironica e un po’ santone, si trova un autore che nella vita non avrebbe mai nemmeno immaginato di poter intraprendere una carriera come quella del fumettista.
Infatti, come disegnatore non si trova traccia del Don prima degli inizi del 2012. Allora lavorava ancora nel settore dell’IT per la Bayer, la popolare casa farmaceutica, per la quale si occupava di riparare computer o aiutare qualche dirigente. Un lavoro d’ufficio, insomma, durante il quale può anche capitare di annoiarsi. “E allora ho iniziato a scarabocchiare durante questi periodi di latenza – narra a proposito del suo esordio -, e a mostrare le mie vignette ai miei colleghi […] e loro mi dicono: ‘Cazzo, questa roba spacca, dovresti metterla su Facebook!’, che nel 2012 esisteva sì in Italia da 4 anni, però era veramente ridotto ai gattini dei parenti, le zie, queste cosa qua, un po’ come adesso. Inizio a pubblicare sul mio profilo, poi creo la pagina ad hoc e all’inizio pensate che era in realtà solo una successione di pagine disegnate con Paint di Windows e il mouse”.
Chi si aspettava un E luce fu! viene definitivamente deluso. Nessun exploit, anzi, ma una crescita lenta e costante, come quella che consentiva allora l’algoritmo del social di Zuckerberg, finché Lo zoo di 105 non condivide una delle vignette di Jenus. Da lì in poi, apriti cielo! Arrivano i fan, sempre più numerosi; una vita divisa tra l’ufficio e Jenus; le prime fiere del fumetto, il primo contratto con Magic Press. È troppo per chi non ha il dono dell’ubiquità. “Ho presentato le dimissioni da un contratto a tempo indeterminato con il mio capoarea che mi guardava e aspettava che io ridessi per fargli capire che era uno scherzo; ma non lo era. Da lì è cominciata. Questa è la mia genesi”.
Fortunatamente, Jenus non è ancora un anime e non ha una sigla, altrimenti immaginare i canti gregoriani e gli inni messianici prima di ogni episodio di un’ipotetica puntata con lui come protagonista potrebbe dare un po’ i brividi. Eppure, quanto afferma Don Alemanno è vero. “[Jenus] è il primo supereroe non della storia riconosciuto come tale, è fortissimo, molto più anche dei miti greci! Questo qua spacca i deretani a chiunque: cammina sull’acqua, risorge, non gli frega niente, lui è fortissimo! Quindi, quando ho pensato quale potesse essere il personaggio che più di tutti rappresentava in qualche modo nell’immaginario collettivo il punto di riferimento, ma anche un po’ bistrattato […], non ho avuto dubbi: Gesù, bisogna parlare di Gesù”, rievoca Don Alemanno col tono di un profeta che abbia avuto un’illuminazione.
Se il ritorno di Gesù, reincarnato in vignetta bidimensionale, non annuncia certo la fine dei tempi, d’altro canto è un personaggio capace di interpretare il reale da un punto di vista privilegiato, quello di essere il figlio dell’Altissimo. “Jenus non ricorda di essere Gesù, perché si è risvegliato dal coma ma ha l’amnesia – precisa il fumettista a proposito della sua particolare scelta –, però ha tutti i poteri di Gesù. E quindi: cosa penserebbe il Cristo, in questa totale situazione di neutralità, di fronte quello che succede? Il plot è questo, e quindi per questo ho deciso di usare questo grande personaggio, poi, last but not least, è senza copyright”.
Nessun rogo, nemmeno di libri. La rievocazione storica si ferma a ricordare i tempi in cui la pagina, soprattutto all’inizio, veniva segnalata da utenti di fede cattolica a cui non stava bene che la figura del Cristo venisse utilizzata in un banale fumetto che toccasse tematiche scottanti come quelle della Chiesa o della religione in generale. “All’inizio mi censuravano la qualunque – racconta il Don andando a ritroso nel tempo –, bastava che un po’ di persone segnalassero un determinato contenuto senza neppure il controllo umano andavano e bannavano quindi io c’avevo l’account bloccato per un giorno, due giorni, tre giorni, una settimana, un mese e così via […] penso che adesso siano due anni buoni che non mi bannano niente, perché comunque quando tu hai una certa forza all’interno del social ci pensano due volte”, ammette facendosi forte dei 430 mila e fan su Facebook.
Il rapporto col flame che a volte si scatena su Internet, invece, dipende più dai contenuti. C’è una differenza precisa, come in teologia, tra dogma e Chiesa. “La maggior parte dei cattolici non ha idea di dove salti fuori questo dogma – confessa il fumettista prendendosela con la disinformazione –, non lo sanno. E di conseguenza dicono, boh, rimangono sempre un po’ interdetti, però non si esprimono più di tanto”. La musica cambia quando si parla della Chiesa e dei personaggi in vista di questa. “Soprattutto adesso che c’è Bergoglio, alla maggior parte delle persone gli parte l’embolo e allora segnalano. Mai toccare Bergoglio, ma neppure quando ha detto cazzate terrificanti come quella del pugno, se ti insultano la mamma. […] Lui ha detto sta stronzata e tutti lì a difenderlo di fronte alla mia vignetta sulla questione. Mai toccare alcune figure. Mai toccare Padre Pio; mai toccare, che so, Madre Teresa di Calcutta. Insomma, ci sono gli intoccabili ed è molto più facile che ti bannino in quel caso piuttosto che invece quando parli della fonte”, conclude il Don a proposito del complicato rapporto con un fumetto con Gesù come protagonista in un Paese come l’Italia.
Le affinità sono molte e spesso il vignettista originario della Sardegna viene a diffondere il suo Vangelo in Sicilia, dove ritrova molto della sua terra natale. “Sardi e siciliani hanno delle caratteristiche in comune: nella lingua, nella cadenza, nei costumi tradizionali; probabilmente siamo molto cugini, molto più di quanto non lo siano italiani e francesi – ammette ai microfoni di LiveUnict proposito del legame tra le due grandi Isole – […]. Riconosco nella stragrande maggioranza delle vostre abitudini, dei modi di fare, cose che io ho sempre vissuto anche quando ero ragazzino e vivevo in Sardegna, e sebbene non ci viva più da 11 anni mi ricordo”. Ma il carattere mediterraneo della Sicilia favorisce anche un altro paragone, quello con la penisola ellenica. ” Voi avete molte cose in comune con i greci, una marea, se non siete mai stati in Grecia non so se avete dimestichezza con quel territorio, ma vi assicuro che andando lì ci sono un sacco di cose che vi accomunano ai greci”.
Il rapporto tra il Don e l’Etna Comics, invece, è quello che c’è con celebrazioni come Natale, Pasqua o, per spostarsi sul laico, Ferragosto: una fiera comandata, da vivere però con la serenità e il piacere che a volte eventi lavorativi come questo non garantiscono. Vinti i pregiudizi iniziali e legittimi sulla provincialità della fiera catanese del fumetto, il vignettista è stato una presenza costante per tutto l’Etna Comics, dov’è ospite fisso, tanto da aver disegnato, nel 2016, la copertina della manifestazione. “Quando arrivo all’Etna Comics non percepisco che sta per arrivare un evento lavorativo. Per me è proprio uno stacco da lavoro – confessa, riportando a LiveUnict impressioni simili a quelle di Simone Bianchi –, poi posso fare anche ore di firma copie, posso fare interviste con voi, posso fare qualunque cosa che sia inerente con il mio lavoro, ma non percepisco mai per un secondo che questo sia lavoro, cosa che invece purtroppo in altre fiere mi capita, soprattutto al Lucca Comics”.
Le parole di lode per l’Etna Comics si sprecano, quasi da far arrossire, ma sono dette con la sincerità di chi ormai fa parte di una grande famiglia, che va dal direttore Mannino ai tanti membri dello staff che contribuiscono alla puntuale riuscita di quest’evento. Un solo esempio tra i tanti basta per capire il legame creatosi negli anni tra il fumettista e la città: il terremoto di Santo Stefano.
Il vulcano erutta e la terra trema, come la gente, scossa per il terrore provocato dal risveglio gigante. In quei giorni Don Alemanno è lontano dal capoluogo, ma proprio il legame che lo unisce alla città lo spinge a dedicare una vignetta “ai fratelli catanesi”. “Quando poi c’è stato il terremoto, per me era veramente come se stesse succedendo a Cagliari. Ero lì, su WhatsApp, a mandare messaggi, a cercare informazioni presso i miei amici – dichiara concitato, rivivendo la foga di quei giorni –, per capire se fosse successo qualcosa. E la vignetta che ho fatto, che in molti poi hanno apprezzato, aveva proprio quello scopo: esprimere quella che era la mia preoccupazione per la vicenda”.
Malgrado il suo personaggio sia un Gesù smemorato, Don Alemanno non vede nessuna entità trascendentale a mediare tra uomini e Dio, indicando nelle grandi religioni monoteiste una contraddizione: l’attribuire, auto-mortificandosi, all’uomo tutte le colpe del marcio nel mondo, e alla divinità, invece, tutto il bene. Non c’è, tuttavia, alcun intento assolutorio nelle parole del fumettista. “Bisogna prendersi la responsabilità di tutto di quello che facciamo di buono e di quello che facciamo anche di male – svela ai microfoni di LiveUnict il creatore di Jenus –, perché è questo equilibrio di positivo e negativo che determina la tua esistenza, il significato della tua esistenza”.
Come si specificava all’inizio, il problema non riguarda solo i cattolici o i cristiani. “È un problema di tutte le religioni. Lascia stare le guerre sante, lascia stare la gente che viene bruciata viva, quelli sono diciamo degli elementi drammatici storicamente parlando. Ma la cosa peggiore di tutte – aggiunge – è questa mortificazione continua per cui non si capisce bene per quale motivo questo ci lascia il libero arbitrio ma contemporaneamente ci dice che determinate cose non si possono fare perché sono peccato”.
L’esempio riguarda l’amore omosessuale. Peccato per gran parte delle religioni, per Don Alemanno il problema è stato quello di confondere qualcosa che è stato scritto più di 2000 anni fa per convenienza, per funzionalità, in quanto era necessario fare figli per formare eserciti e conquistare la terra di Canaan, per una regola morale. “Ecco perché le religioni sono secondo me uno dei cancri in assoluto più grandi che la razza umana possa avere – conclude il fumettista ai nostri microfoni –. Perché la specie umana […] non riesce a gestirla, è talmente più grande di loro come concetto, tipicamente più grande dell’homo sapiens, che qualunque cosa tu ci metta è sicuramente sbagliata.
Secondo me la cosa migliore sarebbe darci noi, in senso come specie umana, ognuno le proprie responsabilità di quello che accade nel bene e nel male, perché siamo solo noi ad essere artefici di quello che ci succede, non le volontà divine, perché se pure fosse così non lo potremmo sapere”, conclude. Amen, ci sarebbe da dire. E così sia.
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