Un grandissimo risultato, oltre che progresso, per la medicina in Sicilia: per la prima volta in una struttura ospedaliera dell’Isola è stato condotto con successo un intervento di rivascolarizzazione neocardica percutanea attraverso l’ausilio dell’ECMO, una macchina “cuore-polmone” in grado di sostenere le funzioni vitali dei due organi in questione, durante un intervento di angioplastica coronarica. Una vera e propria impresa, quella condotta dagli emodinamisti del reparto U.O.S. dell’Ospedale Gravina di Caltagirone, diretta da Daniele Giannotta, emodinamista catanese, che ha raccontato ai nostri microfoni l’importante esperienza conclusasi a lieto fine.
“Il paziente, di sessantuno anni, si presentava già in gravi condizioni, con chiari segni di scompenso cardiaco – spiega Giannotta, raccontando l’intervento – a cui si aggiungeva una grave insufficienza respiratoria dovuta ad una b.p.c.o. (problema polmonare che complica gli scambi gassosi, ndr). Dopo la prima terapia medica, si è eseguita una coronarografia che ha evidenziato una situazione critica: il rischio di un intervento a cuore aperto era troppo alto, per cui ho optato per l’intervento ‘a cielo chiuso’, senza tagli chirurgici, con l’assistenza del macchinario per l’ECMO”.
Macchinario in grado di fare le veci di cuore e polmoni durante l’intervento, l’ECMO (Ossigenazione extra-corporea a membrana) ha avuto una grande diffusione una decina di anni fa, quando il suo intervento venne utilizzato su molti pazienti durante un’epidemia del virus influenzale H1N1: “Nel caso specifico, l’utilizzo dell’ECMO era l’unica speranza per salvare il paziente – prosegue Giannotta – sebbene sia stato necessario fare arrivare il macchinario sul luogo; a tal proposito, è stato fondamentale il contributo della direzione dell’ASP di Catania e della direzione sanitaria del presidio ospedaliero Gravina di Caltagirone per permettere il suo arrivo in tempi brevi; a tal proposito, mi auguro che la macchina in futuro possa essere garantita per altri pazienti che arrivano in queste condizioni”.
Due ore complicate per Giannotta ed il suo staff, in cui tutto è stato curato nei minimi dettagli, al termine delle quali l’intervento è andato per il meglio: “Oltre l’impianto dell’ECMO sul paziente, l’intervento è stato tecnicamente complesso; la difficoltà principale era data dalla grandezza delle cannule che abbiamo innestato sia nell’arteria che nella vena femorale; la cannula, poi, è stata portata fino all’atrio di destra”.
L’intervento effettuato, di angioplastica coronarica, si è poi concluso con l’impianto di 5 stents nel cuore del paziente: “Siamo riusciti a dilatare le arterie principali – spiega ancora il medico catanese – consentendo al muscolo cardiaco di riprendere sangue laddove non arrivava bene; alla fine, bisognava far rientrare il sangue dalla macchina al sistema circolatorio del paziente senza che il cuore ne soffrisse. Adesso il paziente è a casa e ciò è meraviglioso, perché è stato dimesso dopo tre giorni ed è in buone condizioni; verrà seguito in regime ambulatoriale con visite cardiologiche a breve scadenza”.
Quanto ad un più diffuso impiego della tecnica ECMO, il medico precisa: “È un intervento che potrebbe aprire nuove frontiere nella gestione del malato critico, a patto che ci sia un assoluto ‘know-how’ da parte del medico in questione”. L’operazione condotta da Giannotta dimostra la freddezza e la consapevolezza del rischio cui un medico va incontro in situazioni come queste: “Mi sono sentito di eseguire l’intervento perché ero conscio che fosse l’unica strategia percorribile, nonostante la problematica relativa, per l’accesso vascolare percutaneo – dichiara ancora Giannotta – avendo fatto esperienza in centri in cui molti interventi vengono effettuati tramite tecnica percutanea, senza cioè aprire i tessuti“.
Quale messaggio dalla riuscita di una simile operazione? “Bisogna essere coscienti che in medicina non esiste il rischio zero; la scelta di ogni intervento è sempre valutata nel rapporto rischi-benefici e in questo caso erano di più i benefici, motivo per cui non ho avuto dubbi moralmente e deontologicamente nel salvare una vita umana. Il mio augurio è quello che la collaborazione multidisciplinare possa essere la garanzia per fornire servizi medici sempre più efficaci, all’avanguardia ed appropriati”, conclude Giannotta. L’augurio condiviso, invece, è che simili procedure possano stimolare ulteriore crescita e progresso medico-scientifico.