Nel nostro paese soltanto un dottore di ricerca su dieci lavora come professore universitario o ricercatore, mentre all’estero lo stesso rapporto è di un dottore su quattro. Questi sono alcuni dei dati emersi dall’indagine ISTAT relativa all’inserimento lavorativo dei dottori di ricerca. L’Istituto nazionale di statistica ha rilevato, inoltre, che nel 2018, a sei anni dal conseguimento del dottorato, lavora il 93,8% dei dottori di ricerca, sta cercando lavoro il 4,6% mentre non lavora e non è interessato a lavorare l’1,6%. I valori rimangono simili anche a quattro anni dal conseguimento del titolo: il 93,8% lavora, è in cerca il 5% mentre non lavora e non cerca l’1,3%.
Aumentano rispetto al passato gli occupati nell’ambito del settore dell’istruzione non universitaria che passano dal 12,4% (dati del 2004) al 17% (dati del 2012). Confrontando i dati di quest’anno con quelli dell’edizione precedente dell’indagine condotta nel 2014 (relativa alle coorti di dottori di ricerca del 2008 e 2010), il tasso di occupazione a sei anni è sostanzialmente stabile invece è migliore di 2,3 punti percentuali quello a quattro anni. A distanza di sei anni dal titolo il 24,1% dei dottori occupati è impiegato nel settore dell’istruzione universitaria. Di questi, il 51,1% con un lavoro dipendente mentre il 36,6% è finanziato da assegni di ricerca.
Sebbene sia in calo la soddisfazione che ne deriva, il dottorato è giudicato utile da più del 79% degli occupati per accedere al lavoro dopo il conseguimento del titolo. Tra coloro che sono occupati solo il 15,2% ha migliorato la propria posizione.