Le nostre giornate scorrono senza sosta tra impegni di lavoro, studio ed incontri e terminano quando, stanchi e stressati, apriamo una porta e la richiudiamo alle nostre spalle: siamo circondati da quattro mura, coperti da un tetto, al caldo e muniti di un frigo pieno. Noi siamo a casa, ma è così per tutti? I volontari dell’Unità di strada della Caritas Diocesana di Catania scelgono ogni giorno di incontrare, sfamare, e confortare chi non ha questa fortuna, chi, per necessità o per scelta, ogni notte trasforma un marciapiede in un letto.
“Il nostro gruppo è formato da circa quaranta persone che, dal lunedì alla domenica, garantiscono un pasto caldo a chi dorme per strada – racconta Raimondo Arena, Responsabile dell’Unità di Strada – Ci siamo in estate così come in inverno e non esistono pause, ferie o festività che possano fermare il nostro servizio. A bordo di una macchina fornita dalla Caritas e con dentro 70 pasti, iniziamo il nostro giro ricco di tappe: partiamo dalla Stazione, per poi spostarci nelle zone di Porto Rossi ed in Via Acireale. Proseguiamo con Piazza della Repubblica e Verga, senza dimenticare Piazza Lanza. Visitiamo anche gli ospedali catanesi, le cui sale d’attesa sono facilmente scelte dai senzatetto per la temperatura e la maggiore sicurezza.”
Ogni luogo ha la sua importanza. Ogni tappa è fondamentale perché rifugio di qualcuno in attesa: ed è per questo che, ad ogni via e angolo della città il signor Arena associa un volto, cita una storia.
“Molti hanno perso il lavoro e, con esso, la casa eppure – continua il Responsabile – tutto ciò non rappresenta l’aspetto più drammatico:queste persone non hanno più una famiglia ed è questa la vera tragedia. In un momento di difficoltà noi sappiamo di poter contare sull’aiuto dei nostri cari: le persone che incontriamo, invece, sono spesso abbandonate da figli, mogli, parenti. Qualcuno, tuttavia, sceglie volontariamente e per ragioni diverse di allontanarsi da casa, mentre i più fortunati condividono una tenda o un cartone con la persona amata.”
Il signor Arena parla di tutti loro chiamandoli “fratelli”, consapevole dello speciale legame instaurato e di quanto i volontari rappresentino per queste persone gli unici affetti rimasti: la loro solitudine spinge le donne e gli uomini incontrati a desiderare delle attenzioni o delle parole di conforto, ancora più che qualcosa da mangiare. ” I senzatetto vivono una duplice attesa: aspettano per anni l’arrivo di un alloggio popolare e, in alternativa, la nostra visita. E dopo anni si preoccupano e rattristano se, per caso, tardiamo a raggiungerli. Credo – rivela Arena – che siano particolarmente impazienti di parlare con qualcuno.“
Il destino o alcune scelte analoghe portano persone con pelle di colore diversa a dormire l’uno di fianco all’altro. “L’Italiano può finire in strada così come l’extracomunitario: nel caso in cui si ritrovino a condividere uno stesso angolo, rispettano gli spazi reciproci. Vigono la tolleranza ed il sostegno, non esistono discriminazioni. Comunicare con chi parla una lingua diversa – confessa il Responsabile – risulta spesso complicato: in questo caso, operiamo abbassandoci e avvicinandoci a tali soggetti, spesso seduti o sdraiati. Per un secondo siamo come e con loro, la diffidenza sparisce e la comprensione va oltre le parole. Mostrano gratitudine con gli occhi ed il sorriso.”
Chi disconosce questa realtà, associa spesso la figura del “vagabondo” a fenomeni di criminalità, pericolo sociale e vita sregolata. Raimondo Arena smentisce questo falso mito, spiegando che: “Molte persone che vivono per strada spendono il poco denaro offerto in cartoni di vino, sì, ma solo per sopravvivere al grande freddo invernale. L’alcol, oltre a riscaldare, aiuta a dimenticare per qualche momento la situazione in cui si vive, anzi sopravvive. I comportamenti sono semplicemente conseguenze dell’abuso di questo mezzo, visto come unico conforto”.
Quando il resto del mondo si scansa da chi diviene un “emarginato”e chiude gli occhi di fronte a certe realtà, pochi uomini tentano con tutte le loro forze di convincere i senzatetto a lasciare la strada ed a seguirli in dormitorio: in alcune occasioni ci riescono, in altre vince l’orgoglio, il senso di dignità, la vergogna.
Mentre ascoltavamo le loro parole, ci siamo chiesti cosa spinga i membri dell’Unità di strada a non arrendersi. “Il servizio presuppone parecchi sacrifici ma ciò che ne ricaviamo è decisamente più importante di quel che doniamo – conclude l’intervistato – Animati da una forte Fede, svolgiamo il nostro servizio in silenzio e nell’anonimato, tornando a casa pieni e gioiosi. Il pensiero di un sorriso o un abbraccio ricevuto, gesti rilevanti ma rari nella vita di tutti i giorni, ci segue la notte e nei giorni seguenti”.