La Lingua dei segni italiana è una lingua naturale che viene veicolata attraverso il canale visivo gestuale e utilizzata nel territorio italiano da persone sorde e udenti, segnanti nativi e tardivi.
La LIS – è questo il suo acronimo – è uno strumento molto utile, che può aiutare ad abbattere le barriere all’interno della società. Eppure viene insegnata solo in due università in tutto il territorio italiano: una di queste è quella di Catania, dove si è deciso di inserirla nel percorso di formazione di mediatori linguistici e interculturali nella struttura speciale di Ragusa.
Abbiamo discusso dell’importanza di questa disciplina con la dottoressa Sabina Fontana, docente di Linguistica generale e Linguistica della Lingua dei segni italiana presso la Struttura didattica speciale del corso di Mediazione linguistica e interculturale dell’Università di Catania con sede in Ragusa Ibla e ricercatrice di Glottologia e Linguistica.
“La scelta di inserire una lingua di minoranza è in qualche modo assimilabile ad una sfida. – spiega la prof.ssa Fontana – Oggi si inseriscono principalmente lingue maggioritarie nei corsi linguistici, quelle che potranno dare un lavoro e un futuro ai nostri studenti, su un criterio prettamente numerico. La LIS è una lingua di minoranza, considerata anche stigmatizzata abbiamo un obiettivo nella nostra struttura: costruire delle competenze e conoscenze adatte alle varie forme di alterità”.
“Un senso molto ampio – continua la docente – in realtà, inserire la LIS significa non solo dare opportunità lavorative ai nostri studenti, che la stessa Università di Catania offre tramite il CINAP (Centro per l’Integrazione attiva e partecipata) erogando dei servizi di interpretariato agli studenti sordi, ma avere una nuova opportunità di crescita, in termini di visione rispetto alla consapevolezza del bisogno dell’altro, dove conoscere e capire i bisogni dell’altro come persona sorda, significherà inevitabilmente avere la stessa sensibilità di capire i bisogni dell’altro quale migrante, persona straniera.”
Conoscere la lingua dei segni significa appropriarsi di un’altra dimensione espressiva e comunicativa dell’essere umano, una dimensione visiva-gestuale. Gli studenti intraprendono un percorso che offre molti sbocchi lavorativi , come diventare interpreti a livello congressuale o nei telegiornali o a livello di trattativa. Ma imparare la LIS implica, a volte, accompagnare le persone sorde dal medico, avvocato o dentista e quindi rivestire il ruolo di interprete e mediatore. Chi impara la LIS è coinvolto in una battaglia di riconoscimento e di pari opportunità che la stessa Comunità Sorda sta avviando negli ultimi anni, poiché dal punto di vista storico mutevoli sono stati i cambiamenti che hanno interessato tale collettività.
Dal 1880 è stata esclusa e bandita violentemente dall’educazione dei sordi perché si è sempre pensato che avesse un influsso negativo nell’apprendimento della parola, considerato prioritario. Questa esclusione è avvenuta sulla base di una visione dell’epoca, che considerava il corpo come qualcosa di totalmente diverso dal cervello, come qualcosa di razionale che avrebbe in qualche modo portato ad interferire con l’attività di apprendimento della parola.
Secondo i sacerdoti, principali educatori dell’epoca, se i sordi avessero segnato, persino durante una confessione, avrebbero commesso un peccato. In realtà questo è uno stigma ancora oggi presente nell’educazione dei sordi e nella scelta della lingua dei segni, ragione per cui l’accesso dei sordi alla lingua dei segni è ostacolato da tale percezione negativa della LIS; di una lingua che è vista come antica, rudimentale, assimilabile alla comunicazione dei primati e che non è in nessun modo utile per la crescita cognitiva del bambino sordo.
Per tale motivo, è necessario partire da una questione etica e sociale persino per la scelta del personale docente; una scelta che è avvenuta all’interno dell’Università, tramite un bando in cui si richiedeva l’insegnamento da parte di un lettore sordo.
Il video di Claudio Ferrara, lettore che insegna LIS agli studenti:
“L’inserimento e l’insegnamento della LIS viene colto sempre con molto entusiasmo. – dichiara la professoressa Fontana – Gli studenti sono molto appassionati, motivati e credono in quello che stanno facendo. Da tre anni a questa parte ho lavorato con ragazzi consapevoli e puntigliosi, persino trainanti nei miei confronti sono veramente fiera e contenta dei miei studenti. Creare opposizione tra chi è collocato in una cattedra e chi è seduto in un banco non serve, è importante principalmente un lavoro di squadra, per poter portare avanti questa prova di abbattimento delle barriere culturali e linguistiche, insieme!”
Un lavoro di squadra che quotidianamente viene svolto non solo dagli studenti e dai docenti che tengono il corso, ma da tutte quelle persone sorde che aspirano ad un vero e proprio diritto di autodeterminazione, sia nei contesti nazionali che internazionali. Ciò avviene grazie alle figure professionali e specializzate quali assistente alla comunicazione e l’interprete che collaborando all’interno di una comunità udente-utente, creano e costruiscono una determinazione nel riconoscimento della propria persona e del proprio io.
“Il linguaggio è importante, non importa se sia visivo, gestuale o vocale – conclude la docente – è l’espressione di un accordo fra un gruppo di persone. Oltre a garantire uno scambio e a stabilire una comunicazione, è anche espressione di pensiero, di intenzione…è un alimento culturale!”