È iniziato, giovedì 22 febbraio, il lungo sciopero che vede coinvolti insegnanti, ricercatori e l’amministrazione universitaria del Regno Unito. Lo sciopero sta proseguendo in questo momento e dovrebbe inoltrarsi fino alla prossima settimana (per un complessivo di 14 giorni di sciopero) e nonostante il freddo, alla chiamata hanno risposto migliaia di docenti e ricercatori, organizzando cortei e presidi dinanzi ai locali universitari.
La manifestazione si sta svolgendo contemporaneamente in 61 università inglesi e vuole dare una forte risposta alla riforma del sistema pensionistico: infatti, tale riforma significherebbe – secondo l’organizzazione “Universities UK” – per i lavoratori universitari una perdita di 11 mila euro l’anno dopo la pensione; ovvero, il 40% del valore della pensione.
Gli insegnanti non si trovano da soli. A dare un supporto ai manifestanti, con cortei nelle città universitarie e organizzando – anch’essi – picchetti, sono proprio gli studenti. Questi abbracciano lo sciopero dei lavoratori universitari, ponendo anche un loro problema – ovvero le rette universitarie da pagare, che dissanguano le famiglie degli studenti, con più di 10 mila euro l’anno – e occupando persino gli uffici dell’Universities UK.
Centrale è poi la questione della mercificazione dell’università, a favore di chi detiene il potere nell’istituzione accademica e a svantaggio dei lavoratori universitari, che si ritrovano in una situazione – aggravata dalla riforma pensionistica – di precariato, e degli studenti, che devono pagare delle rette esuberanti. Ciò che viene rivendicato è appunto la lotta allo stato lavorativo precario di ogni docente e ricercatore e un’università libera e gratuita a tutti; una situazione che colpisce chiaramente la dignità del lavoratore e quella dello studente.
Uno sciopero – probabilmente, il più grande nel settore universitario nel Regno Unito – che precede lo sciopero dei docenti universitari italiani previsto per la seconda sessione d’esame (sessione estiva) dell’a.a. 2017/2018, in merito agli scatti stipendiali dei professori.