I ricercatori britannici sono alla ricerca di giovani sani ai quali somministrare il batterio della pertosse. Lo scopo? Essere in grado di produrre un vaccino più efficace.
A un primo sguardo, quella di un team di ricerca dell’Università di Southampton sembrerebbe essere una richiesta alquanto singolare. Gli studiosi sono, infatti, nel pieno di una campagna di reclutamento di personale giovane, che sia disposto a farsi infettare volontariamente dal batterio della pertosse e al quale verrà corrisposta una retribuzione di 4000 euro. I volontari, o meglio le “cavie”, dovranno in seguito trascorrere un periodo d’isolamento della durata di diciassette giorni all’interno di apposite camere di degenza.
L’esperimento riguarderà trentacinque volontari, dai 18 ai 45 anni, in salute, ai quali verrà somministrato il batterio per via nasale al fine di osservare e studiare le eventuali reazioni dei pazienti. Nello specifico i ricercatori sono interessati ad analizzare il comportamento del batterio della pertosse nei cosiddetti “portatori sani”, quei soggetti, cioè, che pur non manifestando i sintomi della malattia sono comunque in grado di infettare altre persone. Oggetto di studio saranno, inoltre, anche gli individui naturalmente immuni alla patologia.
Riuscire a penetrare nei meccanismi che regolano queste due reazioni “anomale” potrebbe gettare luce una volta per tutte sulle modalità di trasmissione del batterio, riuscendo altresì a progettare un vaccino più incisivo. “Si intende capire”, spiega Robert Read, coordinatore dell’esperimento, “cosa vi sia di speciale in queste persone e per quale ragione non si possa essere tutti portatori sani”.
Una volta infettati, i volontari saranno introdotti all’interno di camere isolate, così da non correre il rischio di diffusione della pertosse. Inoltre, non solo i liquidi nasali saranno costantemente analizzati, ma le cavie dovranno anche tossire, parlare e addirittura cantare all’interno di alcune “stanze della tosse”, per scoprire la maniera in cui il virus si diffonde attraverso le goccioline di saliva.
Da cosa deriva, però, la necessità di nuovi studi e vaccini? Se negli adulti la pertosse si manifesta con effetti lievi, costituiti il più delle volte da una normale tosse, che può tuttavia durare anche alcuni mesi, nei bambini, specialmente sotto i cinque anni, questa patologia può essere molto pericolosa e potenzialmente letale. Ancora oggi, infatti, sono numerosi nel mondo i decessi infantili causati dalla pertosse, se si considera, tra l’altro, il preoccupante calo delle vaccinazioni. Se il 90% dei casi di pertosse si riscontra in soggetti non vaccinati, anche tra le popolazioni vaccinate si è assistito a un ritorno di questo morbo a causa della repentina perdita dell’immunità dei vaccini, dovuta forse alla mancata prassi del richiamo.
Studiare i portatori sani e capire le modalità di trasmissione del batterio potrebbe costituire, quindi, un enorme passo avanti nell’elaborazione di cure più efficaci, riuscendo così a salvare la vita di molti bambini. Chi si offre volontario?