È questa la superformula che ha sancito i “180 migliori dipartimenti universitari italiani“.
Un’equazione apparsa solamente la scorsa settimana sul sito del Ministero dell’Istruzione e secondo la quale nel nostro Paese ci sono dipartimenti ritenuti “d’eccellenza” ed altri che invece non lo sono. Una questione che già così dovrebbe smuovere le coscienze (“università di serie A” vs “università di serie B”, come se l’istruzione nel XXI secolo fosse ancora un questione d’elite), ma che è aggravata da un provvedimento secondo il quale verranno (in base a questa superformula) distribuiti più di 270 milioni di euro l’anno solo ad alcuni atenei.
Ma di preciso su cosa si fonda questa formula? Su tutto e su niente, perché i VQR (acronimo di Valutazione Qualità della Ricerca e rappresentati nel nostro caso dall’ISPDd) sono parametri basati sull’assunzione che l’articolo di un singolo autore (indipendentemente dal numero di autori ma soprattutto dai contributi individuali) può essere giudicato in modo automatico tramite un “quadrato magico”, il quale determina il voto sulla base di impact factor e del numero di citazioni. Insomma un modo di valutare la ricerca in contrasto con qualsiasi metodologia applicata dalle agenzie di valutazione dei paesi avanzati: per la serie “tutte le valutazioni sono uguali ma alcune sono più uguali delle altre”…
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