La scoperta di una biologa italiana potrebbe trasformare radicalmente le modalitร per lo smaltimento della carta. Il protagonista della rivoluzione รจ un piccolo bruco di farfalla che, a dispetto dell’innocua apparenza, รจ un feroce divoratore di plastica.
Federica Bertocchini, biologa italiana presso l’Istituto di ricerca biomedica (IRB), oltre ad occuparsi di ricerche nell’ambito della biologia dello sviluppo, coltiva l’hobby dell’apicoltura. Passione che l’ha condotta, in maniera del tutto casuale, a riscontrare che la larvaย della farfalla Galleria mellonella ha unaย famelica attrazione verso unย particolare tipo di plastica, ilย trilione di borse di polietilene (PE), tra i piรน resistenti e difficili da smaltire.
Ogni anno in inverno, come d’abitudine, la Bertocchini svuota le arnie dalle loro inquiline e le conserva in casa. Ogni primavera, dopo aver provveduto alla loro pulizia, le riporta fuori per permettere alle api di ripopolarle. Quest’anno, durante l’operazione di pulizia, la biologa si accorge che dei bruchi di Galleria melonella, hanno occupatoย l’arnia, sperando di ripulirla della sua cera, cibo che prediligono in assoluto. Decisa a preparare le arnie ad ospitare le api, la biologa trasferisce temporaneamente le larve di G. mellonella in alcune bustine di plastica, che dopo qualche ora ritrova completamente bucate. ย Ben il 13% della massa era stata divorata nel giro di 14 ore.
La scoperta ha destato immediatamente l’attenzione della biologa, che ha deciso di ย mettersi in contatto conย ย Paolo Bombelli e Chris Howe, entrambi biochimici dell’Universitร di Cambridge. I tre hanno affrontato assieme la ricerca sulle modalitร attraverso cui la larva di farfalla riesce a digerire la plastica PE e, nonostante ancora si debbano svolgere degli approfondimenti, i primi risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “Current Biology”.
Secondo la ricerca, il bruco di farfalla in questione รจ in grado di ย nutrirsi di plastica a causa della somiglianza tra la struttura molecolare della cera d’api e la plastica PE. La Bertocchi ha spiegato il fenomeno a La Repubblica in questi termini: “Sono animali che si cibano della cera d’api. E la cera รจ un ricco complesso di molecole diverse, che perรฒ contiene un legame analogo a quello che sostiene la robusta struttura molecolare del polietilene: una catena di atomi di carbonio che si ripete” e prosegue spiegando che dal punto di vista evolutivoย “ha senso che il baco riesca a nutrirsi di plastica”. ย Il prossimo passo della ricerca sarร quello di comprendere le modalitร del meccanismo metabolico messo in atto dal bruco. Finora ย รจ stato compreso che la degradazione della plastica non si realizza solo perย un’azione meccanica, ovvero la masticazione, ma soprattutto per un processo chimico. Chiarire qual รจ l’enzima o il “batterio mangiaplastica” che opera nel sistema digestivo della larva รจ l’obiettivo delle prossime analisi.
Al di lร dei risultati che saranno raggiunti attraverso le prossime ricerche, si fanno anche previsioni di tipo etico, sull’impatto che queste scoperte potranno avere per il benessere del pianeta. Cosรฌ la stessa Bertocchini ha spiegato alla BBC: “Stiamo lavorando per ottenere una soluzione per salvare i nostri oceani, fiumi e tutto l’ambiente dalle inevitabili conseguenze dell’accumulazione della plastica”, sottolinenando come tuttavia “non dobbiamo sentirci giustificati a dissipare il polietilene deliberatamente nel nostro ambiente solo perchรฉ ora sappiamo come biodegradarlo”.
La ricerca scientifica in questo settore aveva giร visto fare dei passi avanti con il team nipponico degliย scienziati del Kyoto Institute of Technology, che avevano scoperto che ilย batterio Ideonella sakaiensis รจ capace di degradare un altro tipo di plastica, il polietilene tereftalato (PET), grazie a due enzimi. La voracitร tra il batterio analizzato dai giapponesi e il bruco della Bertocchi รจ molto diversa: l’Ideonella distrugge 0,13 milligrammi di PET per centimetro quadro al giorno il baco della melonella elimina una quantitร quasi doppia di PE ogni ora.
Nonostante la scoperta sia funzionale alla risoluzione di un problema ambientale di dimensioni notevoli, non mancano comunque alcune preoccupazioni in ambito ambientale. La prima, di piรน facile risoluzione, riguarda l’eventuale futura popolazione di larve di G. melonella: se ci saranno, le discariche eco- sostenibili non saranno composte da enormi coltivazioni di larve, in quanto l’obiettivo delle ricerche รจ riuscire a lavorare direttamente con l’agente che degrada la plastica. In questo modo si eviterebbe di aumentare il numero di un bruco che รจ pericoloso per le api, insetto giร a rischio di estinzione. La seconda questione da valutare ย e risolvere, riguarda le tracce di glicole etilenico (una sostanza tossica usata negli anticongelanti) rimanenti alla fine del “pranzo”ย dei bruchi. A tal proposito il biochimicoย Paolo Bombelli ha dichiarato la suaย intenzione e quella dei suoi colleghiย di concentrarsi nel futuro su come “rimontare” il polimero in qualcosa di utile o comunque innocuo.