“Il commissario Montalbano”, la fiction tratta dai romanzi di Andrea Camilleri non smette di stupire. La seconda e ultima puntata della stagione ha tenuto davanti al piccolo schermo più di 11 milioni di spettatori e con il 44,1% di share ha stabilito il proprio record di sempre.
Numeri da capogiro, che forse solo una partita della Nazionale riesce a raggiungere. Per capire cosa ci sia alla base di un consenso di pubblico così esteso, LiveUniCT ha intervistato il prof. Davide Bennato, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e Sociologia dei media digitali presso l’Università di Catania ed esperto di cinema.
- Professor Bennato, oggi in una tv così frammentata, come si spiega il successo spropositato de “Il commissario Montalbano”?
“Il commissario Montalbano è diventato un appuntamento imperdibile per appassionati e non. Questo è attribuibile senza dubbio al carisma del protagonista Luca Zingaretti, che è riuscito a rendere un personaggio siciliano senza cadere nella macchietta. E poi soprattutto la Sicilia da cartolina, dove vengono rappresentati alcuni dei suoi luoghi splendidi. Diciamo che la fiction TV è stata in grado di cavalcare tutta una serie di stereotipi classici sulla Sicilia – il cibo, le donne volitive, i maschi “fimminari”, i panorami mozzafiato, la centralità del cibo, il mare – senza però risultare artificiale ma anzi creando un contesto realistico molto interessante”.
- Dal punto di vista prettamente cinematografico cosa si può dire sulla serie che dal 1999 tiene gli italiani incollati al televisore? Quali sono i punti di forza?
“Da una parte dimensione della fotografia che valorizza la componente della luce solare e rende le location nel loro massimo splendore. Dall’altro la costruzione delle storie, in cui c’è sempre una sorta di ‘pietas’numana anche dietro lo svelamento dei delitti più efferati. Quello che ha di bello la serie televisiva è la struttura delle storie in cui si vedono succedersi delitti immersi nella luce abbagliante della Sicilia, creando un cortocircuito fra luce degli spazi e buio dell’anima, che sicuramente riescono ad affascinare anche i telespettatori meno appassionati di gialli e crimini”.
- Il tam tam che il Commissario provoca su Facebook è non indifferente… quanto e come possono aver influito i social su questo boom di ascolti?
“La mia esperienza è che i social hanno avuto via via un ruolo sempre più importante man mano che cominciavano a entrare nella vita quotidiana degli italiani. Infatti non bisogna ricordare che ‘Il commissario Montalbano’ vede la luce nel 1999, e solo qualche anno dopo sarebbero arrivati i primi esempi dei social media, ovvero i blog, mentre per Facebook in Italia bisogna aspettare il 2006. Man mano che i social prendevano piede in Italia, così la condivisione di Montalbano. Fino ad arrivare quest’anno in cui la strategia social dei canali digitali del Commissario Montalbano, è quella di attivare una vera e propria azione di promozione della puntata, anche durante la messa in onda. In una situazione in cui quasi un televisore su due è acceso sulle avventure di Salvo Montalbano, è difficile che i social media non siano usati per condividere questo enorme rituale collettivo del lunedì sera”.
- Le avventure di Montalbano sono ambientate in un mondo dove internet è assente. Può essere una chiave del successo della fiction il fascino creato da qualcosa a cui non siamo forse più abituati nel 2017, ovvero questo distaccamento dal World Wide Web?
“In realtà internet in Montalbano non è assente, è solo nascosto dal fatto che viene usato come meccanismo di avanzamento della trama e viene lasciato all’azione di Catarella (il bravissimo Angelo Russo). È anche vero però che non si vedono smartphone, selfie e tutto quanto i media digitali ci hanno abituato. Questo può essere frutto della visione di questa Sicilia mitologica senza tempo che viene rappresentata dalle storie. Anche se non bisogna dimenticare che l’autore della serie – Andrea Camilleri – ha una palese idiosincrasia nei confronti delle tecnologie e del digitale. Un peccato veniale che possiamo tranquillamente perdonare alla luce della bellezza delle storie che Il commissario Montalbano ci offre”.