“Isolare, perseguitare, controllare. Questa è violenza”: recita così, uno degli slogan del centro Antiviolenza Thamaia. Proprio per aiutare le donne straniere migranti vittime di violenza e di maltrattamenti, dal 5 settembre 2016 è attivo uno sportello antiviolenza presso il presidio ospedaliero Vittorio Emanuele di Catania.
L’associazione Thamaia Onlus di Catania in collaborazione con l’A.O.U Policlinico- Vittorio Emanuele ha promosso l’iniziativa, ponendola all’interno del progetto “Donne a Colori – Libere dalla Violenza” finanziato dall’8×1000 della Tavola Valdese.
Il fine ultimo è quello di estirpare il silenzio, offrire sostegno e far maturare nel cuore di queste donne la consapevolezza di non essere sole. Un modo concreto per dire di NO a maltrattamenti, violenza sessuale, mutilazioni genitali, mutilazioni chimiche da acido, tratta, prostituzione e altre barbarie con cui molte donne, soprattutto straniere, si trovano dolorosamente a dover fare i conti.
Dagli ultimi dati ISTAT del Luglio 2014 risulta che sono straniere solo il 10% di tutte donne che chiedono aiuto al numero verde antiviolenza 1522. Dati che fanno pensare: le donne straniere infatti subirebbero violenze in proporzione maggiore (53.8) rispetto a quelle italiane (34.6).
Lo sportello sarà aperto il lunedì e il venerdì dalle 9.00 alle 13,00, tel. 392/3221823, presso il padiglione 10 B (piano terra) dell’ospedale Vittorio Emanuele, il quale ha concesso l’uso gratuito dei locali e la cooperazione del personale interno. Gli incontri saranno gestiti dalle operatrici del centro Antiviolenza Thamaia.
Nel suo libro “Niente ci fu”, l’autrice palermitana Beatrice Monroy scrive: “Noi preferiremmo stare con te. Vorremmo farti compagnia nella stanzuccia dove il tuo corpo è stato marchiato, dove è stata segnata una traccia che non potrà mai più essere rimossa. Adesso tu fai parte di noi, le donne rapite, stuprate. Chiamiamoci tutte Franca Viola perché di te rimarrà il nome, mentre di noi è rimasto solo il silenzio.”
Sensibilizzare e prevenire la violenza vuol dire, dunque, abbattere il muro di silenzio che in modo subdolo la avvolge e la rinvigorisce.