Il mondo del lavoro è diventato ormai un posto quasi magico, il paese che non c’è. A fronte dei tantissimi requisiti richiesti dalle aziende, gli studenti cercano di “guadagnare” tempo cercando di conciliare il mondo lavorativo e quello universitario. Ma la situazione non è delle migliori. Tantissimi, infatti, sono i lavori truffa e sottopagati.
Abbiamo fatto un giro tra gli studenti universitari e abbiamo raccolto diverse testimonianze, accomunate dal fatto di aver subito delle ingiustizie nell’ambito lavorativo. Di seguito riportiamo le dichiarazioni di Chiara, Simona e Giovanni, rispettivamente studenti dell’Accademia delle Belle Arti, di Lingue ed Economia dell’Università di Catania.
La storia di Chiara è molto simile a quella di tantissimi giovani e meno giovani che accettano di lavorare in un call center per “necessità”. Ci racconta:
«Ho lavorato per un anno intero in un call center di Catania. All’inizio sembrava proprio interessante, un gruppo dinamico e le chiamate non erano finalizzate alla vendita. Quindi mi sono decisa di accettare. Il contratto era chiaro: sei giorni lavorativi, cinque ore giornaliere, possibilità di fare solo due assenze al mese, per il modico stipendio di 300 euro più provvigioni, non si arrivava nemmeno a 400 euro.
Una cosa evidente è che si tratta di vera e propria ingiustizia, ma le realtà economica è più forte. La ciliegina sulla torta è stata quando ho firmato il contratto solo a fine collaborazione e nel saldo spuntava uno stipendio di gran lunga superiore: 800 euro. La rabbia era tantissima, siamo arrivati davvero a questo punto? Io non so cosa ci sia dietro, ma sicuramente il prendersi gioco dei ragazzi che hanno bisogno di soldi non è una cosa su cui lucrare.
Come me anche altre persone sono nella stessa situazione. Vorrei solo dire a tutti che bisogna stare attenti, anche se a volte ci accontentiamo, ma è necessario porre rimedio a questo “sfruttamento”».
Simona, invece, è stata alle prese con una proposta di lavoro che non rispecchiava i termini di ricerca inseriti nell’annuncio. Ecco cosa ci dice:
«Ero all’ultimo anno della triennale e volevo in qualche modo mettermi da parte dei soldi per pensare ad una specialistica fuori dalla Sicilia. Ho cercato sui vari siti delle offerte di lavoro e ne ho trovato una interessante, si trattava di front office e sistemazione banca dati.
Mi presento al colloquio ma quello che succede è davvero inverosimile. Mi dicono che mi accompagneranno in un posto dove capire meglio il lavoro, vado con loro in macchina, gente gentile e professionale, e alla fine scopro che si tratta di un Porta a Porta, un lavoro che non prevede uno stipendio fisso ma solo provvigioni, cioè se riesci durante l’intera giornata a fare dei contratti allora ti pagano solo quelli. Tanta tristezza e sfiducia».
Concludiamo con Giovanni, anche lui alle prese con un annuncio di lavoro che si è mostrato totalmente diverso.
«Adoro lo sport, i numeri, le scommesse, così quando ho letto l’annuncio ho pensato perché no? L’annuncio ricercava una figura che gestisse la cassa di un centro scommesse, così ho fatto il colloquio e ho accettato.
All’inizio andava bene, poi sono cominciate sempre di più le richieste di “favori” da parte dei gestori. Una volta chiedevano di fare qualche turno in più non pagato e nella maggior parte dei casi si trattava di rimanere una o due ore a fare le pulizie generali. Per carità un lavoro rispettabilissimo, ma sempre di lavoro si tratta. Non deve essere fatto come un favore per risparmiare sull’assunzione di altro personale. La cosa che mi fa rabbia è cercare di fare meno per avere di più. Ma per essere ottimi imprenditori bisogna investire tanto sull’azienda quanto sul personale, allora sì che le entrate saranno raddoppiate se non triplicate. La solita mentalità siciliana del “fregare il prossimo”».
Sono una piccola parte delle tantissime testimonianze che arrivano direttamente dal mondo giovanile. A queste si possono unire le diverse richieste di stage non retribuito, volontariato nell’organizzazione di eventi e tanto altro ancora. Ovviamente, per correttezza, con questo articolo non si vuole fare di “tutta l’erba un fascio”, sicuramente ci sono anche delle strutture che regolano il giusto rapporto lavoratore-stipendio, ma la realtà è evidente: ci troviamo di fronte a una situazione di sconforto generale e di carenza di fiducia.