Oggi più che mai il discorso sulle unioni civili è al centro del dibattito nazionale e internazionale. I giornali impazzano chiaramente spendendo pagine e pagine su questa lunga diatriba il cui seguito resta ancora un enigma.
Ma, in tema di adozioni, per un bambino non c’è davvero alcuna differenza tra avere due “papà” o due “mamme” o due genitori eterosessuali?
Secondo una ricerca scientifica del 2015 compiuta da Adams e Light: “La comunità scientifica internazionale ha raggiunto l’unanimità sul principio che non sussistano differenze significative tra figli di genitori omosessuali e di quelli eterosessuali”.
Noi non ci siamo fermati ad ascoltare una sola voce, quella che dice sì all’omogenitorialità, ma abbiamo voluto dare spazio anche al punto di vista opposto: “L’ipotesi di una famiglia omogenitoriale basata sul legame tra due individui dello stesso sesso, dove uno farebbe “da padre” e l’altro “da madre”, nega di fatto lo statuto di madre e di padre. È una negazione anatomica, biologica, culturale, antropologica, ma soprattutto simbolica. Tutto ciò non è senza conseguenze psichiche per il figlio o la figlia: vacilla la costruzione dell’identità sessuale, della differenza tra i sessi, del mito delle origini. Risulta scardinata la struttura della parentela, della genealogia, della filiazione, della trasmissione da una generazione all’altra” (Ricci).
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Ma dal punto di vista scientifico, il problema che si pone non è tanto se vi sia o no una differenza, ma se e come e attraverso quali fattori tale differenza sia si impatto sul benessere dei bambini e sul loro sviluppo. Oggi le differenze negli assetti familiari sono vastissime e non riguardano solo il genere dei genitori o le loro scelte sessuali. Gli studi esistenti evidenziano che i fattori di rischio per la salute mentale sono gli stessi, trasversalmente a tutti gli assetti familiari.
Torniamo un attimo dalla parte dell’omogenitorialità. L’Australian Study of Child Health in Same-Sex Family” di Crouch (Università di Melbourne), sullo sviluppo di 315 genitori con 500 figli tra gli 0 e i 17 anni: fino ad oggi, dai rapporti parziali divulgati, si deduce che genitori e figli percepiscono positiva e normale la loro famiglia, hanno un livello di benessere psico-fisico superiore alla media delle famiglie eterogenitoriali, anche se lo stigma omofobico abbassa la qualità della loro salute mentale;
Tutte queste ricerche trovano sottile fondamento in una questione: non esiste alcuna differenza tra figli di genitori omosessuali o etero. Quali sono le ricadute dal punto di vista psicopedagogico?
Una campana, la prima, sostiene che quella posizione “minoritaria e rumorosa” di ricercatori che asserivano che l’omogenitorialità fosse causa di disagio per i figli sia stata ripetutamente smentita dalla comunità scientifica internazionale. Sembra si sia trattato di “gravi falle nel metodo della raccolta dati”.
Secondo la seconda campana, pare che i bambini “immersi” nel duplice riferimento maschile e femminile rappresentato da un padre e da una madre. La differenza del loro statuto costituisce la garanzia simbolica che il figlio potrà crescere affermando a sua volta la differenza della propria individualità soggettiva. Ciò è fondamentale. Se così non fosse, rischia di incarnare, replicandolo, il desiderio dei genitori”. (Dr Ricci, psicoanalista)
Ma mi piace sottolineare un aspetto: fare indagini, studi, ricerche in questo ambito è chiaramente complesso. Non dimentichiamo che il numero di fattori da considerare è elevatissimo, con interazioni reciproche di un certo peso e pertanto richiede studi longitudinali e metodologie rigorose.
Come notiamo, il discorso è fin troppo complesso: l’intento chiaramente non è quello di prendere una posizione a discapito di un’altra, ma quello di offrire una panoramica, per lo meno sufficientemente completa, che ci consenta di valutare e affrontare la questione non da omofobi ma neanche con leggerezza e superficialità. Ho l’impressione che dietro “qual è il bene dei bambini” ci siano volontà ben più ampie. C’è da dire che la nozione di famiglia: padre, madre e figli, nel corso dei secoli si è notevolmente evoluta o involuta, a seconda del punto di vista. Ha subito variazioni sostanziali, determinanti e la storia ci insegna che il dibattito sulle unioni civili, in qualche modo, ricorda la lunga diatriba sulla separazione dei genitori: è il 1 dicembre del 1970 che viene legittimato il divorzio nell’ordinamento giuridico italiano, ma è già dai tempi di Benedetto Croce che si parla di divorzio.