L’Università di Catania al centro di una importante ricerca che ha conquistato anche le pagine della prestigiosa rivista inglese “Nature”, circa il rapporto tra aumento di peso e smettere di fumare.
In particolare, è stato comparato l’aumento di peso da parte di chi smette di fumare la sigaretta convenzionale e chi, invece, smette di utilizzare la sigaretta elettronica. I ricercatori dell’Università di Catania sono stati guidati dal Professore Riccardo Polosa, ordinario di Medicina Interna presso l’Università di Catania, Direttore Clinica Medica Policlinico Universitario di Catania e direttore scientifico della LIAF (Lega Italiana Antifumo) nonchè tra gli autori più autorevoli al mondo nel campo della ricerca applicata alla sigaretta elettronica. Grazie a ricerche di questo tipo, condotte nei vari anni, l’Università di Catania diventa protagonista mondiale di analisi che le hanno permesso riconoscimenti di una certa rilevanza. L’argomento sulle sigarette elettroniche è spesso al centro di vivaci dibattiti e per comprendere di più la ricerca svolta, le conclusioni, e tutto ciò che ruota attorno all’e-cig, abbiamo rivolto alcune domande allo stesso Professore Polosa.
La ricerca è stata guidata da Lei, Prof. Polosa. Ci spieghi in cosa consiste e quale sarebbe la differenza tra l’aumento di peso di chi smette di fumare la sigaretta tradizionale e chi smette l’utilizzo della sigaretta elettronica.
«E’ noto che smettere di fumare la sigaretta convenzionale porta spesso ad un aumento del peso corporeo. I motivi sono molteplici. La nicotina inalata con le sigarette convenzionali è nota per sopprimere l’appetito ed aumentare il metabolismo a riposo. Inoltre, i fumatori che decidono di smettere tendono a sostituire la gratificazione gestuale della sigaretta convenzionale con il cibo per far fronte agli alti livelli di stress. Pertanto, l’aumento di peso in coloro che smettono di fumare è probabilmente dovuto alla combinazione della riduzione del consumo energetico a riposo con un improvviso aumento dell’appetito. Questo aumento di peso induce spesso a ricadute nel vizio con un inesorabile ritorno al tabagismo.
Ma cosa succede quando si smette di fumare utilizzando la sigaretta elettronica? Gli effetti sul peso corporeo saranno gli stessi? Sono questi gli interrogativi che ci siamo posti. E quello che abbiamo avuto modo di dimostrare, grazie ai dati raccolti nell’ambito dello studio ECLAT, è che l’aumento di peso in coloro che smettono di fumare con l’utilizzo della sigaretta elettronica è decisamente trascurabile. Invece dei 5-7 Kg che mediamente si acquisiscono smettendo con i metodi tradizionali, i vapagisti hanno accusato solo un trascurabile aumento del peso, pari a 1,5 Kg. Sebbene non sia stato possibile specificare quali meccanismi biochimici e/o processi comportamentali possono aver determinato l’assenza di importanti cambiamenti del peso corporeo, l’importante contenimento di peso a un anno dalla cessazione è un risultato sorprendente».
Riguardo l’argomento “e-cig” c’è molta disinformazione. Probabilmente se ne parla poco o forse, all’inverso, molto ma male. Come mai alcuni sostengono la sua nocività, mentre varie ricerche condotte anche dall’Università di Catania e dall’Oms dimostrano esattamente il contrario? Quali le differenze tra le due sigarette?
«In realtà non si tratta di reali differenze tra prodotti, ma di una vero e proprio scontro ideologico. Lo studio ECLAT , presentato a Boston nel Giugno del 2013, è il primo studio clinico al mondo che ha valutato l’efficacia e la sicurezza della sigaretta elettronica nel tentativo di smettere di fumare. L’Università di Catania, non solo detiene il primato mondiale nella ricerca sugli strumenti alternativi per smettere di fumare, ma di recente è anche stata riconosciuta come la più autorevole e produttiva al mondo nel campo della ricerca applicata sulle sigarette elettroniche. Dallo studio ECLAT in poi, sulla scia degli studi catanesi, sono stati tantissimi i ricercatori che si sono spinti a valutare l’efficacia ed i rischi delle elettroniche come alternative al fumo di sigaretta convenzionale. E per quanto ognuno lo abbia fatto seguendo anche parametri di valutazione che spesso ci sono sembrati discutibili, tutti concordano nell’affermare che la sigaretta elettronica è più sicura e meno dannosa della sigaretta convenzionale ».
Il Parlamento tende a tassare la sigaretta elettronica. Come spiega questo atteggiamento?
«Lo Stato non può fare a meno dei ricchi proventi derivanti dalle accise del tabacco e per proteggere il comparto delle sigarette convenzionali ha pensato di applicare una pesante tassa alla sigaretta elettronica. Questa politica fiscale renderà il prodotto digitale così poco competitivo rispetto alla tradizionale sigaretta di tabacco da scoraggiare molti fumatori che pensavano di affrancarsi dal fumo di tabacco e di migliorare il loro stato di salute in questa maniera. Il criterio con cui viene definita l’imposta di consumo sulle sigarette elettroniche è irrazionale e approssimativo perché basato sull’indeterminatezza della legge e non sulle evidenze scientifiche. Abbiamo sempre sostenuto con forza che la sigaretta elettronica, a differenza di quella convenzionale, non è un prodotto nocivo per la salute e dunque il suo consumo non dovrebbe essere scoraggiato tramite l’adozione di una pesante tassa sul prezzo di vendita. Anzi, visto che il prodotto nasce per sostituire il fumo di tabacco – come peraltro accadrà presto in Inghilterra – dovrebbe essere prescritta dal Sistema Sanitario Nazionale come alternativa efficace per smettere di fumare le sigarette convenzionali».
La sigaretta elettronica crea danni all’organismo? Anche se in percentuali molto inferiori?
«Uno studio molto citato che abbiamo condotto insieme ad un team di esperti internazionali ha dimostrato le sigarette convenzionali risultano molto più dannose rispetto alle elettroniche. Certo, così come per i cerotti e le gomme contenenti nicotina, nemmeno le sigarette elettroniche sono completamente esenti da rischi, ma a confronto delle “bionde” la minaccia che possono rappresentare per la salute pubblica è irrilevante. Fatto 100 il valore del rischio stimato per le sigarette convenzionali, quello per le elettroniche è solo pari a 4; un rischio 20-25 volte inferiore».
Lei, in quanto anche Direttore scientifico di LIAF (Lega italiana Anti Fumo), oltre all’utilizzo della sigaretta elettronica, quali metodi alternativi propone per smettere di fumare?
«Oggi i metodi per smettere di fumare sono davvero tanti e alcuni più efficaci di altri. Essere decisi e motivati a smettere è il presupposto indispensabile per intraprendere un percorso di uscita dal tabagismo. Ed è proprio nel momento in cui si decide come farlo che è importante farsi consigliare o farsi seguire da professionisti del settore del counselling antifumo. Noi crediamo molto nelle potenzialità dei Centri Antifumo diffusi in Italia, per questo anche sul sito della Lega Italiana Anti Fumo è disponibile un elenco completo ed aggiornato dei centri autorizzati e diffusi in tutta la Penisola. La forza di volontà e la sicurezza del paziente sono i primi passi per aprire la porta d’uscita dal tabagismo».
Ci sono ulteriori studi, ricerche in merito all’argomento che stiamo trattando, di cui l’Università di Catania si sta occupando attualmente?
«Il nostro team di ricercatori è sempre a lavoro per trovare risposte e cure alternative alle malattie fumo correlate. Sull’argomento, peraltro, proprio oggi è stato pubblicato un nostro nuovo studio scientifico che dimostra che smettere di fumare con l’uso di sigaretta elettronica determina una significativa riduzione della pressione arteriosa in coloro che la portano alta».