Nadiè è il progetto musicale di una band che muove i suoi primi passi a Catania nel 2005, quando dopo essersi distinta in diversi festival nazionali incide il suo primo singolo “Glicine” per l’etichetta torinese Lancelot, che viene promosso al meeting delle etichette indipendenti (MEI) e all’interno della rubrica Demo della Rai.
Dal 2007 la band si impegna in un’intensa attività live, che la porterà ospite di palchi importanti in scaletta con nomi nazionali come Tre Allegri Ragazzi Morti, Verdena e Virginiana Miller. Nel 2009 vede la luce“Questo giorno il prossimo anno”, primo album dei Nadiè, composto da 10 tracce che portano un appeal pop/rock con sonorità che schiacciano l’occhio alla scena alternative italiana e testi che portano con sé un peso specifico.
L’album d’esordio dei Nadiè vince due premi nazionali come miglior prodotto indipendente del 2009, e numerosissimi plausi dalla critica musicale e dalla stampa. Dal primo singolo “Praga” viene realizzato un videclip con la regia di Renato Chiocca e la partecipazione dell’attore Leonardo Maddalena. La promozione del disco riporta i Nadiè in giro per i palchi di tutta Italia, culminando nel 2011 con l’apertura in solitaria della prima data del tour estivo degli Afterhours. Il binomio live Nadiè/Afterhours sarà poi ben recensito nelle riviste locali romagnole.Dopo qualche stagione di live, ed una pausa di assestamento, nel 2014 i Nadiè tornano a lavoro con nuove idee e nuove sonorità, e gettano le basi per un nuovo lavoro in studio che vedrà presto la luce. Cristina Chinaski ha incontrato Giovanni Scuderi e l’ha intervistato per LiveUniCt.
Il progetto Nadiè nasce nel 2000, nel 2005 esce il singolo “Glicine” per la Lancelot Records di Torino, nel 2009 date alle stampe il vostro primo album autoprodotto dal titolo “Questo Giorno Il Prossimo Anno” che vi fa vincere due premi nazionali come miglior prodotto indipendente. Sono passati esattamente quindici anni dalla genesi della band, cos’è successo in questi anni, e chi erano e chi sono i Nadiè?
«I Nadiè sono puro concetto. La linea guida del progetto si lega all’onestà intellettuale con cui ognuno di noi fa questo mestiere. Quindici anni fa avevamo un’idea disincantata, pensavamo ad appiccicare gli adesivi alle custodie delle chitarre, adesso siamo più realisti e concreti ma anche più cattivi. In questo tempo molti musicisti hanno tracciato il passo all’interno della band contribuendo, chi più e chi meno, alla maturità artistica dell’intero progetto. Alfio ed io siamo uniti dalle origini mentre Lorenzo e Alessandro sono i nuovi arrivati, dalla prima faccia del 2015».
Gli investimenti delle case discografiche sui nuovi progetti sono sempre più esigue, è per questo motivo che avete scelto di autoprodurvi?
«Oggi l’autoproduzione è una scelta che va fatta a prescindere, perchè chi si autoproduce è davvero al sicuro da ciarlatani e pseudo produttori all’acqua di rose. Fare tutto da se ti da la possibilità di scegliere una pre-produzione adeguata al target del suono che hai in testa, ti permette di pensare al tuo disco in modo sereno senza scadenze, come se fosse un’opera compiuta. Altresì, i produttori delle major, e perchè no, anche di certe indies pensano solo a far soldi, si presentano come agnellini docili e il sonaglio sotto al collo, ma sono furbi, aspettano il momento giusto per azzannarti da squali (s)qualificati. Fatto salvo di alcune realtà homemade che vivono l’esperienza di una produzione come una piccola gioia da condividere con quei quattro, piccole label che cercano di veicolare il pensiero originale in modo onesto e trasparente, senza pensare agli stadi e alle coroncine di alloro, senza strafare e senza cambiare una virgola del sentimento dell’artista. Di realtà del genere ce n’è davvero poche, il resto mi fa ridere».
Nel 2011 avete aperto la prima data del tour estivo degli Afterhours. Mi racconti quest’esperienza?
«Il 2011 è stato un anno d’oro per i Nadiè. Abbiamo suonato con diverse realtà concrete del panorama italiano di un certo tipo. Certo, gli Afterhours rappresentano un passo importante, una spinta in avanti, perchè dal loro concerto abbiamo capito come si lavora in concreto e cosa c’è dietro un palco di quel livello. Dai gadgets alle magliettine, ai cd, alle spillette fluorescenti, dietro sembrava un supermarket, però mi rendo conto che la musica, anche ai livelli low consistence, è sempre un business. E poi 15 mila persone da gestire non è mica uno scherzo. Ricordo una lunga chiacchierata con Iriondo Gemmi su alcune vicissitudini storiche della Sicilia. Assurdo, mai parlato di musica in quei momenti, solo grotte, mosaici, templi e musei. Ah si, si è parlato di Bruce Springsteen».
Parlando della canzone “Franti” contenuta in “Questo Giorno Il Prossimo Anno” in un’intervista per therockblog dici “In questo brano si racconta il male puro, quello che cova in un bambino, l’altra faccia della medaglia. Forse il brano più scuro dell’intero album dove si parla principalmente di suicidio e di rimpianti. Tra le frasi del testo si ritrova “la corda per appendermi” o “la corsa di un grilletto di pistola”. Sembrerà strano ma anche i bambini hanno pensieri di questo tipo, proprio perchè puri, proprio perché paradossalmente così vicini alla vita.” Credo sia un pensiero affascinante, ho visto nel bambino la contrapposizione tra bene e male, vita e morte annidati nella fanciullezza. Ma quando il bambino diventa grande, pur conservando un posto all’interno dell’adulto, come si comporta con il bene e con il male?
«Franti è un brano dai toni scurissimi, parla di suicidio e del male puro che ognuno di noi conserva fin dalla nascita e che si evince dalla tenera età. É un concetto affascinante che tenterò di affrontare anche in futuro in altri brani. Mi attrae l’idea di raccontare la natura umana attraverso l’origine del sentimento, quello più atavico della prima adolescenza, il più onesto, il male innocente che crescendo si copre con il buon senso, l’educazione e la civiltà. In questo senso vi consiglio un piccolo Franti, andate sul tubo e digitate “Intervista al piccolo Frank” del regista Silvano Agosti. In fondo credo che ognuno di noi conviva con due sentimenti distinti e separati, entrambi originali, entrambi fortissimi, bene e male o se volete, invertite le due parole».
“Il valzer del non amore” mi ha fatto pensare inevitabilmente a Fabrizio De Andrè, ma anche ad Umberto Maria Giardini (Moltheni). Quali sono le vostre influenze musicali?
«Le influenze arrivano dagli ascolti. Il nostro lavoro non è mai uguale e se stesso. Da Sebastien Tellier ai Godspeed you black emperor, da Bill Fay ad Arcade Fire, Wilco, Beach House, Sigur Ròs, Steven Wilson, Ulver, Scott4, M83, Soulsavers, Calla, Beck, Eels, Sebastien Schuller, Mercury Rev, Girls in Hawaii. Continuo..? Di italiani ricordo Mimmo Locasciulli, Flavio Giurato e Paolo Conte, tra gli altri, ma in generale il cantautorato che conta ci influenza parecchio».
Un altro brano si intitola “Roman Polanski”, come influisce il cinema nella vostra vita e nella vostra
musica?
«Il cinema è la nostra seconda passione . Personalmente, da qualche tempo a questa parte, scrivo colonne sonore per registi di livello lavorando molto sulle immagini. Mi piace l’idea di legare una mia suggestione ad un’immagine ben precisa. Da qui il passo è breve e risulta inevitabile accostare certe sonorità cinematiche ai miei brani, così come è inevitabile che in studio si arrangi con la testa al grande schermo. Roman, in questo caso, è solo un pretesto per parlare di una vita sciupata».
Dal primo singolo “Praga” viene realizzato un videoclip con la regia di Renato Chiocca e la partecipazione dell’attore Leonardo Maddalena, com’è nata l’idea di girare un video?
«Abbiamo pensato a Renato e Leonardo perchè sono due professionisti che non potevano che aggiungere un tocco di classe al lavoro di Praga. Un videoclip, allo stato attuale, resta un modo semplice per veicolare un’idea, perchè puoi visionarlo in internet senza problemi di sorta o senza pagare televisioni e pubblicità, avendo il massimo riscontro con il minimo sforzo se non quello economico per realizzarlo».
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
«Dopo uno stop di due anni, la band nel 2015 ha deciso di rimettersi in piedi e ripartire da ciò che si era lasciata alle spalle, dozzine di live in Italia e un disco che ha regalato molte soddisfazioni. L’innesto di Lorenzo e Alessandro, già a lavoro con altre band concrete e d’esperienza, ha favorito un’ ulteriore maturità stilistica che si potrà già ascoltare dal prossimo lavoro. Giustappunto lavorando al nuovo disco, stiamo facendo pre-produzione e abbiamo già le stesure di almeno una ventina di brani. Credo che per fine duemilaquindici avremo il prodotto in mano e poi ripartiremo con i concerti e la promozione. Questo nuovo lavoro sarà a tratti malinconico, certo, ma più spigoloso e duro del primo, sarcastico e ironico. Ci piace creare un solco sui visi dei nostri aficionados».
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