Marco Selvaggio è un percussionista poliedrico, in una costante ricerca creativa che lo porta a sperimentare il suono in tutte le sue sfumature. Sin da piccolo si avvicina al mondo della musica e delle percussioni in particolare. Una volta conseguita la laurea in giurisprudenza, presenta nelle scuole d’infanzia, elementari e medie, diversi progetti inter-culturali legati alla musica tradizionale africana e percussioni. Inizia a studiare musica tradizionale africana nel 2000 con Alù Djeng, maestro senegalese diplomatosi presso l’Accademia musicale di Dakar. La sua passione per la musica lo porta a suonare un particolarissimo strumento di origine svizzera, di cui ne esistono solo poco più di 5000 esemplari circa al mondo, chiamato hang drum. L’hang drum è composto da due parti convesse di metallo, unite l’una all’altra: lato “DING” e lato “GU”; il lato DING è composto da 8 zone tonali poste nella parte più esterna del corpo. Al centro c’è una sorta di cupola (da cui deriva il simpaticissimo suono di DING) che, percossa, produce un suono simile a un gong. Il lato GU invece è prevalentemente studiato come cassa risonante. Ha un foto al centro che può anche servire anche per modulare il suono prodotto dal lato DING. Numerose le collaborazioni musicali nell’ambito teatrale ed in concerti “live”, il 1º di dicembre uscirà il suo nuovo album ” The Eternal Dreamer”.
Com’è nato il tuo amore per la musica, ed in particolar modo per le percussioni?
L’amore per la musica è iniziato sin da piccolo! Trasmesso per lo più da mio padre! Andavamo in vacanza al mare ed in macchina non mancava mai un cd dei Beatles o degli Intillimani! La musica era presente in ogni momento delle mie giornate, così come oggi! Poi, dopo anni di ascolti, ho iniziato a suonare musica tradizionale africana circa 13 anni fa. Tutto è iniziato come un gioco con le percussioni, col djembè per l’esattezza! Da lì mi sono avvicinato al mondo della musica house suonando le percussioni dal vivo in alcuni club della mia città! In fin dei conti si comincia sempre così… dal basso, per crescere! Avuto l’hang mi è venuta l’idea di sperimentare il suono dell’hang a questa tipologia di musica! Con l’hang si possono creare delle vere e proprie melodie e guardando online mi ero accorto che mai nessuno dal vivo aveva fatto tutt. Ho iniziato a sperimentare sulla musica house ed elettronica suonando con l’hang sul brano passato dal DJ di turno e costruendo melodie sempre diverse, a volte reiterando un motivo musicale, altre volte facendo dei veri e propri virtuosismi. I frutti di questa sperimentazione, non ancora compresa pienamente a Catania probabilmente, mi hanno portato a suonare e sperimentare questa piccola innovativa idea in giro per l’Europa tra club e festival (Monaco, Vienna, Bratislava, Londra, Malta etc…).
Come ti sei avvicinato a questo strumento così particolare come l’hang? Quale filosofia racchiude l’hang?
Non è semplice spiegare da cosa nasca la passione per questo strumento! Io dico sempre che è stata serendipità! Il termine serendipità indica la fortuna di fare felici scoperte per puro caso e, anche, il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra. Io non cercavo l’hang, mi è semplicemente capitato davanti un suonatore dell’est d’Europa mentre cercavo un locale di Roma per Trastevere! Da la è iniziata la sfrenata ricerca per lo strumento e l’amore folle per lo stesso che mi ha portato oggi a suonare e comporre tante musiche e canzoni e che al tempo stesso mi tiene incollato 4 ore al giorno, o meglio a notte, sullo stesso. È uno strumento incredibile che riesce ad evocare sensazioni mistiche. È quasi ipnotico ed è difficile separarsene. Non è semplice descriverlo, io dico sempre che se la magia è presente nella musica, per quanto mi riguarda, è dentro questo scrigno di metallo chiamato Hang. Non esiste una vera e propria filosofia dell’hang! Ognuno vive la musica a modo proprio. Posso solo dire che per quanto mi riguarda è surreale suonare questo strumento.
Chi sono i tuoi modelli musicali?
Non ho dei veri e propri modelli musicali ma degli artisti che ascolto particolarmente. In questo periodo ascolto spesso Nick Drake, uno dei miei cantautori preferiti, William Fitzsimmons visto nel 2014 a Berlino, Damien Rice visto da poco a Milano e Jeff Buckley! Amo Angus and Julia Stone così come Pete Murray, Ben Harper e Pete Yorn! Adoro la musica indie e folk. Le canzoni acustiche e il pop sognante e mai pesante. Loro sono coloro che ascolto maggiormente in questo periodo e che mi piacciono particolarmente anche se poi ascolto anche musica elettronica, house, jazz e rock. Son molte le mie influenze e dipende tutto dal periodo.
Il tuo nuovo album ‘The Eternal Dreamer’ uscirà il prossimo 1 dicembre. Cosa c’è dietro questo album? Che cosa ti ha ispirato nello scriverlo e produrlo?
E’ un lavoro iniziato da più di un anno che non è stato semplice realizzare! Tutto ha avuto inizio nell’aprile del 2013 quando ho iniziato a fare ascoltare i miei brani alla Waterbirds Records, nella persona di Nica Midulla accompagnata da sua figlia Simona Virlinzi, supportato da mio padre – nient’altro che il terzo produttore esecutivo del disco – che mi ha trasmesso la passione per la musica sin da piccolo. Ho iniziato a scrivere e a suonare l’hang circa 6 anni fa e poi è stato un crescendo continuo che mi ha portato a comporre melodie sempre diverse e provare sperimentazioni sonore molto particolari! The Eternal Dreamer è un album pop molto sognante! Lo strumento cardine del disco è chiaramente l’hang, e in questo siamo stati un po’ pionieri dato che nella musica pop non si riscontrano ancora produzioni con l’utilizzo dell’hang, o perlomeno saranno davvero pochissime e a noi sconosciute. Ho ascoltato moltissime voci per far interpretare le mie canzoni (io non canto, son davvero stonato, anche se mi sarebbe piaciuto molto) e al disco collaborano cantanti di tutto rispetto! Da Daniel Martin Moore ad Anne Ducros (che ha inciso con Battiato) e canterà l’unica canzone in francese dell’album, a The Niro che arriva fresco fresco dall’ultimo Sanremo, a Dan Davidson leader del gruppo canadese Tupelo Honey che sta andando fortissimo, a Sidsel Ben Semmane dalla Danimarca la quale ha partecipato all’Eurovision alcuni anni fa, a Haydn Cox e Hazel Tratt dall’Inghilterra. Il disco affronta principalmente il tema della vita e dell’amore visto da diversi punti di vista e prospettive. Ci sono molte metafore nei miei testi che possono anche essere interpretate in base alle proprie sensazioni! Il disco, inoltre, ha un forte respiro internazionale e mi auguro insieme ai produttori che possa uscire fuori dall’Italia. E’ stato curato in ogni sua parte! Ho scritto io tutti i testi con accuratezza e la maggior parte delle musiche, alcune anche insieme al compositore Giuliano Fondacaro e due lui da solo. La parte grafica invece è stata curata dall’illustratrice Valentina Indelicato che ha saputo dare una stupenda veste grafica al disco curando nel dettaglio le copertine, le locandine ed il libretto del cd! A produrlo artisticamente invece è stato Toni Carbone! La sua presenza e professionalità è stata indispensabile per la creazione di questo album! Toni ha una grandissima conoscenza musicale ed esperienza all’interno degli studi di registrazione oltre ad essere uno stimatissimo bassista (lo storico bassista dei DENOVO)! Toni ha arrangiato i brani, fatto da fonico, aiutato a cercare e scegliere le voci, ha fatto i missaggi e molto altro. E’ riuscito a creare quei suoni che cercavamo in maniera magistrale! Senza di lui questo disco non sarebbe così bello.
La realizzazione di questo album ha visto anche la partecipazione e la collaborazione con artisti nazionali e internazionali. Com’è stato collaborare con loro?
E’ stato sicuramente costruttivo! Con molti di loro ho intrapreso un bellissimo rapporto epistolare in cui ci siamo scambiati diverse opinioni e criticità sulle canzoni! E’ stato un duro lavoro durato oltre un anno che ha portato sicuramente al miglioramento del disco e alla mia personale crescita artistica.
Quali sono i concerti dei quali hai ricordi maggiori e più particolari?
Un concerto che oggi ricordo particolarmente è stato quello tenuto alle Terme Achilliane! Realizzato insieme a The Autumn Leaves, nome dato alla formazione musicale che mi accompagnava. Le terme achilliane si trovato in centro, in piazza Duomo, proprio sotto la cattedrale! Un luogo accessibile a poche persone per volta in cui ho deciso insieme all’ex assessore Serafini di regalare alla città un mio concerto. Si è svolto in diverse fasi! All’interno potevano entrare solo 30 persone circa per volta e ho realizzato una decina di concerti circa di 4 brani cadauno per diversi gruppi di persone! E’ stato un bellissimo evento natalizio di cui ho un gran ricordo. Ricordo, inoltre, con moltissimo piacere il concerto al Teatro M. Vincenzo Bellini di Catania così come il mio primo concerto a Londra, a Bricklane al 93 Feet East!
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Una volta uscito l’album l’1 dicembre 2014 faremo una bellissima presentazione del disco partendo dal pubblico di casa l’11 dicembre al Centro ZO e poi inizieremo a pensare ai live in maniera più concreta! Non mancheranno i concerti strumentali e sperimentali da solista con l’hang, quelli in trio con i miei musicisti e quelli con la formazione completa insieme a qualche featuring di voce che mi accompagnerà a seconda delle esigenze concertistiche! Non mancheranno nemmeno le mie sperimentazioni sulla musica house ed elettronica!