Fabrizio Simoncioni, grande nome della musica italiana ed internazionale. Simoncioni alias “Simoncia” è un top recording and mixing studio engineer, produttore e musicista italiano. Nei primi anni ’80 è stato anche un artista e compositore di successo del genere ItaloDisco. Con oltre 30 anni di esperienza, specializzato nei generi rock e pop, ha fra i suoi crediti oltre 53 dischi di platino e numerosi dischi d’oro insieme ad una nomination per “Best Album of the Year” ai XIII Latin Grammy lavorando con i più popolari artisti italiani e latini.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica? Quando hai capito di voler fare questo lavoro?
Ho scoperto per caso di avere questa passione/talento.. avevo circa 9 anni, fui invitato alla festa di compleanno di un compagno di scuola al quale, tra gli altri doni ricevuti, regalarono una piccola tastiera “Bontempi”. Il mio amico praticamente ignorò quel regalo, ce ne erano di più interessanti per lui. Io invece rimasi ipnotizzato da questa cosa che emetteva suoni e passai l’intero pomeriggio a giocarci. La sera già riprodussi ad orecchio alcune musichette del Carosello (con un solo dito e senza avere la più pallida idea di quello che stessi facendo). A quel punto il padre del mio amico disse al mio che potevo tenermi quello strumento visto che interessava molto più a me che a suo figlio. Da li al conservatorio il passo fu breve.
Quali sono stati i tuoi primi successi come ingegnere del suono?
Il mio primo vero successo come ingegnere del suono è stato sicuramente la realizzazione dell’ Album “El Diablo” dei Litfiba nel 1990. Album nel quale presi parte anche come corista. È stato il mio primo disco di Platino (ore ne ho accumulati 53) ed ha segnato la mia svolta profeasionale.
Hai collaborato con grandi nomi come i Litifiba, i Negrita, Luciano Ligabue, quali sono i tuoi ricordi più belli? Hai lavorato anche con altri artisti italiani? Quali sono state le produzioni più significative a cui hai lavorato e che ricordi come maggiormente appaganti?
Ho lavorato con tantissimi artisti Italiani.. fra i più noti sicuramente Ligabue, Litfiba, Negrita, Gianna Nannini, Grignani, Carmen Consoli, Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Rettore, Jovanotti, Irene Fornaciari. Di ricordi ne ho tantissimi, così come aneddoti.. troppi da poterli raccontare in due righe. Mi hanno chiesto di scrivere un libro per raccoglierli tutti, e probabilmente lo farò davvero. Le produzioni a cui ho avuto la fortuna di prendere parte sono state tutte significative. Diciamo che la prima parte della mia carriera tra il 1988 e il 1998 è quella che ricordo con più affetto perché ho avuto un ruolo fondamentale nel rock italiano e questo ha in qualche modo plasmato il mio gusto e la mia maniera di lavorare.
Parlami della tua esperienza artistica con Luciano Ligabue. Quale dei concerti con Luciano ti é rimasto nel cuore? Qual é stato il più emozionante?
Con Liga ho lavorato sette anni. Un rapporto professionale intenso e molto bello: con lui avevo molti ruoli: tastierista, corista, arrangiavo le mie part sui dischi di dal vivo, registravo e mixavo i dischi.. una vera full immersion! Il mio primo lavoro con lui fu la realizzazione della colonna sonora di “Radiofreccia”. I concerti più emozionanti sono stati sicuramente quello del mio esordio, il 10 settembre 1999 all’Arena di Verona e il mio primo San Siro (80mila persone!) il 5 luglio 2002. ricordo con emozione anche il tour teatrale del 2002/3 dal quale fu tratto il triplo live “Giro d’Italia”.
Da cosa è nata la tua decisione di proseguire all’estero la tua attività di produttore? Come interagisci con gli artisti in sala di registrazione? Qual é la differenza tra il mondo musicale/discografico negli Usa e in Italia?
Ad un certo punto della mia carriera mi resi conto che avevo bisogno di nuovi stimoli professionali. In Italia avevo lavorato praticamente con tutti gli artisti più importanti, realizzato dischi incredibili, suonato nei maggiori teatri, stadi e palasport. Ero arrivato al top, tutto quello che potevo fare nel mio paese a livello di carriera lo avevo fatto. Per cui decisi che era arrivato il momento di rimettermi in gioco in un mercato più grande e stimolante. Decisione abbastanza scellerata in quanto il mio curriculum -che in Italia aveva un peso importante- era praticamente inutile all’estero in quanto nessuno degli artisti con cui avevo fino ad allora collaborato era conosciuto fuori dai nostri confini. Quindi ho dovuto affrontare una vera e propria ripartenza da zero, con tutte le incognite del caso. Ma evidentemente la fortuna (e la incoscienza) aiuta gli audaci! In soli 7 anni di vita e lavoro fra Stati Uniti e Messico sono riuscito a crearmi una posizione di rilievo fra i sound Engineer/produttori Americani, guadagnando fra l’altro altri 5 dischi di Platino e una nomination nella categoria “Best Album of the Year” ai XIII Latin Grammy in Las Vegas. In studio cerco di mettere sempre gli artisti a proprio agio, creando un clima rilassato e spesso goliardico. Rido molto e cerco di far ridere, perché ritengo che il clima e “la vibra” che si respira durante la realizzazione di un disco, permea il disco stesso. Un disco felice, vince. La differenza principale tra il nostro paese e il mercato Statunitense e Latino sta nella libertà di espressione degli artisti e musicisti. Non si avverte pressione da parte delle radio ad esempio, ogni artista decide e si esprime senza seguire regole predefinite. Qua purtroppo invece si tende a non uscire da zone di conforto e percorsi prestabiliti dal marketing e network. In più c’è un maggiore rispetto per i ruoli: qua in Italia tutti mettono bocca e opinano (spesso non avendone i requisiti) su ogni fase del lavoro. All’estero non esiste.
Ci sono musicisti emergenti, all’estero e in Italia, che ti hanno particolarmente colpito negli ultimi anni?
C’è un trio pop Messicano, si chiamano “Reik” e sono quelli che mi hanno portato alla nomination ai Grammy.. il loro album “Peligro” nello specifico è uno di quelli di cui vado più fiero.
Cosa ne pensi di questi talent show che ogni anno sfornano tanti nuovi cantanti?
Non posso risponderti correttamente..: sono da poco rientrato in Italia, in Messico e USA i Talents non hanno il peso che hanno qua, quindi non ne conosco bene la realtà e soprattutto non conosco gli artisti Italiani usciti dai Talents perché appunto io manco dal 2007…
Cosa ti senti di dire ai giovani artisti che vogliono fare questo lavoro?
Di avere tanta pazienza, testardaggine e un pizzico di follia, di non conformarsi e soprattutto di non abbattersi di fronte agli inevitabili “no” che riceveranno. E una cosa importante: l’avvento degli home studio ha portato ad un degrado qualitativo della musica in termini di suono e arrangiamenti. Si tende a risparmiare e fare tutto in maniera casalinga. Sbagliato. La qualità paga, sempre.
Promuovere gli scambi di esperienze professionali e competenze, valutare insieme opportunità di carriera e argomenti di tesi magistrale tra aziende,...