Gli eventi sono appositamente previsti per il pubblico siciliano, durante i quali Alessandro sarà accompagnato da una band d’eccezione. Oltre a Marcello Caudullo al basso e tastiere ed Enzo Velotto alla batteria e rumori, altri graditi ospiti saliranno ad impreziosire i brani presentati. Cristina Chinaski ha avuto il piacere di intervistarlo per LiveUniCt. Ecco l’intervista:
Alessandro Fiori, cantautore, violinista, attore, pittore e scrittore.
Tutte cose! (Ride)
Si, tutte cose! (rido). Un artista poliedrico, una vita dedicata all’arte, ma il tempo per fare tutte queste cose dove lo trovi?
Queste cose che faccio fanno parte di uno spazio ed un tempo dove riconoscermi. Sono loro a darmi questo tempo, se non potessi farle mi sentirei come se fossi morto, non avrei né spazio né tempo. Un tempo più o meno vicino a quello consueto ed ufficializzato dalle città, dagli impegni lavorativi e dalle varie architetture, orari degli esercizi pubblici, dagli orari delle trasmissioni tv. Ognuno trova il suo metronomo, ho il mio ritmo ed è mutevole ed è in espressa relazione con quello che faccio. Tramite le cose che faccio trovo il mio tempo.
In una bellissima intervista fatta da Appino (Zen Circus) mi ha colpito quello che hai detto “Ho avuto una bimba e questo fatto mi ha cambiato la vita.”
Ho detto che mi è cambiata la vita?
Eh si, in quell’intervista hai detto “Ho avuto una bambina, una bimba si fa in due e quindi insieme alla mia è cambiata anche la vita di Silvia.” In che modo ti è cambiata?
Si, si, avere una bambina è un attimo per avere una relazione più completa tra te la natura. Una riflessione su sé stessi, una crescita. In questo senso è cambiata.
Questa è una domanda piena di cose, intanto si parla di poesia… Credo sia una forma d’arte a sé stante, ed ho un tale rispetto per la poesia che per me forse è un errore parlarne. Sono canzoni con dei bei testi, e quando qualcuno mi dice “mamma mia che testi belli, sei proprio un poeta” è come se qualcuno andasse da Montale e gli dice “Eugenio che bella poesia, sembra una canzone”. Certo, è anche vero che do molta importanza alla parte letteraria. Per quanto riguarda l’uomo bambino è una relazione strana. Carla, mia figlia, mi ha fatto capire che si può diventare adulti. In quest’era dove non ci sono più riti di passaggio, essere padre ti fa vivere le responsabilità in maniera diversa. Ero già abbastanza adulto, ero molto cosciente del momento che stavo vivendo, del momento che doveva arrivare. Non è un ripescaggio nel mondo dell’infanzia, è un modo di vivere il mio presente con tutti gli occhi che ho avuto fino adesso. Mi sento uomo, un incastrarsi nell’ordine e nel caos. Sono sia adulto che bambino ed allo stesso tempo non dimentico quello che sono e che sarò.
Tu dipingi, ho visto i tuoi quadri…
Dipingo, faccio delle cose. Diciamo che sono un… “artista” per semplificare il concetto. Certe cose mi vengono meglio, altre peggio. Ho sempre bisogno di utilizzare dei linguaggi per essere stimolato.
E’ stato uno dei motivi per cui fare il mio lavoro è una cosa bella. Una possibilità per conoscere te stesso e altre persone non attraverso il linguaggio ma l’arte. Tutto diventa come un’amnesia. Come se tu li conoscessi da una vita. Ho conosciuto una poetessa di Catania che si chiama Stefania Licciardello, la più brava che forse abbia conosciuto e Marcello Caudullo, ed è sembrato che ci si conoscesse da una vita. La cosa bella è che sono stato accolto bene, con tanta curiosità, con tanto affetto e questo mi ha dato la possibilità di vivere dei momenti che vanno al di là della realizzazione del disco. Il disco è solo un pretesto per ricordarti di tutte queste collaborazioni.
Tutte queste collaborazioni quindi ti hanno dato non solo a livello artistico, ma anche a livello umano?
Esatto, tutte e due.
Hai mai pensato di fare un disco chitarra e voce?
Forse lo porterò in giro accompagnato da una band piuttosto nutrita. Però è una cosa a cui penso molto, è molto stimolante, ancora non l’ho fatto un po’ per insicurezza, prima o poi chissà, forse.
Nel mese di novembre ti sei aggiudicato il PIMI 2013 (premio organizzato dal Meeting delle Etichette Indipendenti) come “miglior solista”. Nel settembre 2013 l’album Questo dolce museo viene inserito nella rosa dei cinque finalisti della Targa Tenco nella categoria “album dell’anno”, sono soddisfazioni, lusinghe, come l’hai presa?
Inaspettate, sono dei riconoscimenti, ma i veri riconoscimenti un artista li trova quando va a suonare. Quando ci sono persone che non hanno bisogno di tòpos per riconoscersi tra di loro, senso critico, suggestioni, che hanno curiosità, voglia di conoscere se stessi. La relazione con la gente è un riconoscimento, e come se io arrivassi con degli specchi e la gente si guardasse, si rispecchiasse e poi ci si trovasse a chiacchierare. I riconoscimenti con le targhe fanno piacere per chi non ne ha avuti, ma poi alla fin fine non gli do una grossissima importanza, e la penserei al medesimo modo anche se si trattasse del Nobel per la scienza.
Il 21 settembre ti sei esibito a Ferrara in un concerto dedicato alla memoria di Federico Aldrovandi. Me ne parli?
Ho seguito il mio istinto, erano delle grammatiche che non riuscivo a capire tanto, mi addoloravano ed è una cosa che ho fatto con piacere. Ho conosciuto la madre di Federico ed è stato un onore. C’è anche un aspetto legato alla solidarietà, persone che dall’altra parte ti vengono a trovare ti fa piacere, E’ stata una serata strana perché mi ricordo che non c’è stata una grande partecipazione ferrarese, ma c’era un supporto da parte degli ultras dell’Emilia-Romagna e gente venuta da fuori. Una cosa molto umana.
Progetti futuri?
Si, ho messo su un progetto con Marco Parente ed il disco uscirà il 15 gennaio per l’etichetta palermitana Malintenti Dischi e poi c’è tanta carne in pentola!
Grazie per il tempo che mi hai dedicato.
Grazie a te per quest’opportunità.
Per vederlo ed ascoltarlo dal vivo, ecco le date: 19 dicembre Bandini Concept Bar, Trapani 20 dicembre Marius, Barcellona Pozzo di Gotto 21 dicembre La Lomax, Catania 22 dicembre Lanificio, Ragusa
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