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La scrittura come terapia dell’anima: la storia di Patrizia la portinaia con l’amore per la poesia

Nascosta dagli occhi del mondo, nel silenzio profondo di una piccola portineria di un modesto condominio nel centro di Catania, vive una donna. Una donna come tante, con un lavoro umile, con una famiglia numerosa a carico e con il peso dei tanti dolori di una vita vissuta intensamente e carica di emozioni. A vederla sembra non dire niente: una donna sulla cinquantina, brunetta, con un bel paio di occhi languidi ma luminosi e il viso a volte intorpidito dalla stanchezza delle giornate. Il suo nome è Patrizia Plurione.
Patrizia, a prima vista, sembra una semplice portinaia dedita al suo lavoro, ormai tanto brava nell’indovinare gli stati d’animo dei numerosi condomini che ogni giorno vede andare e venire da casa, con aria felice, stanca, arrabbiata, preoccupata, irritata.

Per caso, fermandomi a parlare scopro il suo piccolo segreto: come la Renee del omonimo libro di Muriel Barbery, “L’eleganza del riccio”, anche lei è una donna colta, interessata alla lettura e alla scrittura, ama la poesia e si diletta scrivendo chilometrici versi che raccontano di lei, della sua vita, difficile ma intensa, versi raccolti un po’ dovunque in quaderni, agende, su angoli bianchi di quotidiani: ogni spazio bianco è un ottimo posto dove poter appuntare pensieri, riflessioni, dove poter sfogare la rabbia e il dolore che si porta dentro.

Questa mattina le abbiamo proposto di pubblicare alcune delle sue poesie nella nostra rubrica e lei ha accettato, ben lieta, senza alcuna esitazione.

Quando ha iniziato a lavorare nel nostro condominio?

“Ho iniziato nel lontano 1988, ero ancora una ragazzina senza testa, scappata di casa per amore, con un uomo che non mi meritava e mi ha fatto tanto soffrire. Gli errori commessi da giovane si pagano per tutta la vita, ma allora eravamo felici e innamorati, nonostante l’incertezza di una vita precaria. Qualsiasi lavoro per me andava bene e non appena mi fu offerta la possibilità di lavorare come portinaia, presi al volo questa occasione. Da allora, avevo solo ventidue anni, non mi sono più spostata da qui; pian piano ho imparato a conoscere la gente che abita queste mura, a riconoscere le espressioni dei loro volti che guardo in silenzio andare e venire;  a volte qualcuno si ferma a parlare in uno sfogo liberatorio. Tutti abbiamo bisogno di essere ascoltati e capiti, spesso i nostri cari sono però sordi e allora anche una portinaia come me, per quanto estranea alle questioni familiari, può diventare la confidente ideale.

Cosa le piace del suo lavoro?

“Mi piace il dialogo che ho con i condomini e  l’immediatezza con cui scopro l’umanità di questa gente: gente che agli occhi di un esterno può apparire arrogante, superba, sicura di sé, in fondo invece io colgo le loro ansie, preoccupazioni, paure. La portinaia è un po’ come un padre confessore: sa tutto di tutti, ascolta in silenzio e per quel che può cerca di offrire conforto alle anime turbate e inquiete.”

Quando ha iniziato a scrivere poesie?

“Ho iniziato a scrivere da piccolina, già alla scuola elementare dedicai una bellissima preghiera alla maestra di italiano, malata di cancro.”

Cosa significa per lei scrivere?

“Scrivere per me è una bisogno, è una necessità. Trascorro gran parte delle mie giornate seduta in questa poltrona, al buio, sono sola. Allora prendo un quaderno, un foglietto, una pagina dell’agenda e comincio a scrivere: il quaderno è diventato il mio amico immaginario, un compagno fedele e sicuro con cui posso sfogarmi, parlare e raccontarmi. Le mie poesie sono tutta la mia vita.”

Ha mai pensato di pubblicare i suoi versi?

“Diversi anni fa, qui vicino vi era un negozio di bomboniere. Il proprietario, un signore all’apparenza gentile e disponibile, si fermava spesso in portineria a chiacchierare con me. Era un uomo colto e pubblicava i suoi racconti e poesie in un giornale locale. Una volta, mi vide dedita a scrivere sul mio quaderno, si fermò e mi chiese cosa stessi facendo. Gli raccontai che mi piaceva scrivere e che conservavo gelosamente pile e pile di fogli con le mie poesie. Si offrì allora di pubblicarle a suo nome. Ovviamente io non potevo accettare una simile proposta: le poesie erano le mie, mi appartenevano, le sentivo come figlie, partorite dai miei dolori, dalle mie gioie, dalle mie emozioni. Non potevo cederle a un uomo che si sarebbe preso solo i meriti per qualcosa che non era suo. Rifiutai l’invito. A distanza di qualche giorno, i quaderni che conservavo dietro il bancone qui in portineria sparirono. Sapevo chi le aveva presi e anche perché ma non avevo nessuna prova per accusarlo. Fu un dolore immenso, una sofferenza che non riuscirei a spiegare a parole. Fu come se avessi perso una parte del mio cuore. Da allora conservo i quaderni in un posto più sicuro, non voglio che si ripeta un’altra volta una situazione del genere.”

Dal film “L’eleganza del riccio”, la portinaia Renee.

Ha letto il libro “L’eleganza del riccio”? E’ un libro la cui vicenda, quella della portinaia Renee, ricorda molto la sua…

“Certamente. E’ un libro che mi ha commosso e che dovrebbe insegnarci tanto: mai avere pregiudizi nei confronti di una persona, mai avere la presunzione di catalogare e giudicare un individuo per ciò che ci appare. Non sappiamo cosa nasconda il suo cuore, non sappiamo quali esperienze, tragiche o gioiose che siano, gli abbia preservato la vita. Anche una semplice portinaia come me o Renee, per quanto brutta e grassa possa essere, può nascondere nella profondità della sua anima una bellezza interiore e un talento segreto che aspetta solo di essere svelato.”

Per lanciare la nostra rubrica, vogliamo deliziarvi con una poesia di Patrizia, dal titolo “Lacrime”

“Questa poesia racconta un’esperienza comune a tutti noi. A chi non è mai capitato di piangere in silenzio? Tutti piangono, anche chi vuole ammettere a sé stesso e agli altri di non averlo mai fatto. A tutti gli adulti capita di “prendersi una pausa per sedersi a contemplare il disastro della propria vita”, un disastro che buttiamo fuori con le lacrime, unica fonte di liberazione. Il mio pianto è un pianto silenzioso, perché non mi piace dare spiegazioni alla gente, nessuno può sentirti, nessuno commenta il tuo dolore. E’ un pianto libero e taciturno, un pianto che solo il buio della notte può vedere e ascoltare”.

“Lacrime

Le lacrime più belle

sono quelle che cadono in silenzio,

nessuno fa eco al mio tormento,

il mio cuore straziato piange

per averti amato.

Maria Eleonora Palma

Autore - Sono nata il lontano 24 Novembre del 1993 a Vittoria, una piccola città in provincia di Ragusa. Mi divido tra Catania, dove frequento il primo anno della facoltà di Scienze e Tecniche Psicologiche, e la mia città natale che amo tanto e a cui sono legati ricordi, amicizie e impegni vari. Sono una persona piuttosto socievole e accogliente, amo fare nuove esperienze (per questo piuttosto spesso mi ritrovo in situazioni buffe e stravaganti, comunque… sorvoliamo la faccenda!). Mi piace molto scrivere, leggere libri di tutti i generi e sono da ormai 4 anni educatrice in ACR (Azione Cattolica Ragazzi). I bambini sono il mio piccolo laboratorio: mi piacerebbe in futuro lavorare con loro, e grazie a questa opportunità ho scoperto pian piano che i bambini non sono dei piccoli “mostriciattoli capricciosi”, anzi un continente di emozioni, pensieri e comportamenti da scoprire. E’ molto bello e gratificante lavorare e avere a che fare con loro, spesso sono più sensibile e profondi degli adulti. Mi piacciono gli animali, anche se per ragioni di spazio, non ne tengo alcuno a casa. L’ultimo libro che ho letto è Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, uno dei miei libri preferiti, riletto più volte, questa è la terza, e credo uno dei testi meglio riusciti sull’autismo infantile. Non appena riuscirò a ritagliarmi un po’ di tempo, vorrei iniziare un corso di fotografia. Quello che mi manca è la Reflex, ma questo non è un problema.

Pubblicato da
Maria Eleonora Palma

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