Una sentenza depositata al Tribunale di Ivrea potrebbe modificare per sempre il nostro rapporto con i cellulari. La corte avrebbe, infatti, deliberato che i danni causati dall’uso indiscriminato dello strumento sarebbero pari a quelli di Hiroshima.
Dei disastri causati dall’esplosione della prima bomba atomica sulla città di Hiroshima, durante la Seconda Guerra Mondiale, si scontano ancora oggi le conseguenze. Non è più un mistero, infatti, che le malformazioni genetiche sui neonati, i tumori e le malattie di ogni sorta che affliggono la popolazione locale siano dovute proprio alle immense radiazioni immesse nell’ambiente in quell’occasione. Niente di nuovo, quindi, se non fosse per la sentenza choc del Tribunale di Ivrea, in cui si afferma che i danni provocati dall’esplosione di un’atomica siano praticamente pari a quelli causati dall’utilizzo abnorme del cellulare.
Il sospetto che le radiazioni, emesse inevitabilmente dagli apparecchi telefonici mobili, fossero potenzialmente pericolose si è insinuato nel sentire comune ormai da tempo. Tuttavia, adesso, questa nuova sentenza sembrerebbe porre delle basi scientifiche e giuridiche per tale teoria.
Il caso specifico è quello di Roberto Romeo, affetto da una rarissima forma di tumore al cervello benigno, ma pur sempre invalidante. Il Tribunale avrebbe, così, stabilito che principale responsabile di questa patologia sarebbe per l’appunto il cellulare e ha condannato l’Inail a risarcire a Romeo una rendita vitalizia da malattia professionale.
La sentenza recita: “Il rischio oncologico per i sopravvissuti alle esplosioni atomiche di Hiroshima e Nagasaki è nella misura di 1,39 per tutti i tumori. Mentre il rischio per un uso massiccio e prolungato nel tempo di telefoni cellulari, secondo Interphone, è pari a 1,44”. In tal modo si pongono, di fatto, le basi, per stabilire un nesso causale tra l’uso incosciente del cellulare e l’insorgenza di patologie tumorali.