Le nuove direttive sull’educazione sessuale scolastica annunciate dal Ministro Giuseppe Valditara hanno subito acceso il dibattito politico e culturale. In un’intervista a La Stampa, il ministro ha chiarito che l’insegnamento resterà all’interno dei programmi scolastici, ma con un approccio prevalentemente “biologico”: differenze tra maschio e femmina, riproduzione e prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. L’introduzione del cosiddetto “consenso informato” per le attività extracurricolari è stata motivata con la volontà di proteggere i minori da tematiche ritenute complesse e fuorvianti, come quelle relative all’identità di genere.
Il nuovo approccio Valditara: tutela o limite?
Come ha evidenziato l’analisi condotta da Orizzonte Scuola, la misura ha subito attirato le critiche dalle opposizioni, che accusano il governo di introdurre una forma di censura educativa. Respingendo le accuse delle opposizioni, che parlano di censura e arretramento culturale, il Ministro ha ribadito che la previsione di un “consenso informato” da parte delle famiglie e la selezione di esperti qualificati come psicologici, medici e docenti universitari, servono a tutelare i minori da contenuti che, a pensiero del Governo, sarebbero non adeguati all’età ed anzi rischierebbero di creare derive ideologiche nei preadolescenti. Tuttavia, ha aggiunto Valditara, le scuole potranno comunque attivare corsi pomeridiani dedicati, purché nel rispetto delle nuove regole, una precisazione che ha portato la maggioranza a difenderle come “misura di buon senso” per garantire trasparenza e tutela, evitando presunti tentativi di indottrinamento.
Il punto più critico del nuovo testo riguarda le scuole superiori di primo e secondo grado, dove le nuove regole impediscono qualsiasi attività didattica su affettività e prevenzione. In un contesto già delicato, l’imbarazzo verso la sessualità blocca quasi la metà dei ragazzi: il 46,8% non affronta mai questi temi, mentre per il 14,5% la sessualità rimane un argomento del tutto proibito tra le mura domestiche. Di conseguenza, Internet è diventata la principale fonte di informazione per il 53,2% degli adolescenti, scelta spesso per l’anonimato, ma con il rischio di imbattersi in contenuti distorti e fuorvianti. Questa disinformazione finisce così per riflettersi su una situazione sanitaria sempre più preoccupante: la prevenzione diventa un argomento sconosciuto e le percentuali sull’uso del preservativo subiscono un picco in discesa, un quadro che mostra la pericolosità del lasciare i ragazzi privi di strumenti concreti per proteggersi e orientarsi in maniera consapevole.
Lo scontro ideologico con le opposizioni
La discussione sul disegno di legge Valditara si è trasformata in un terreno di scontro tra visioni opposte di scuola e società. Le opposizioni denunciano una pericolosa tendenza conservatrice e sottolineano l’obsolescenza del Paese sull’argomento. Irene Manzi del Partito Democratico ha definito l’approvazione “un fatto gravissimo”, soprattutto in anni profondamente segnati dalla piaga dei femminicidi, sottolineando come la scuola rischi con questo nuovo approccio di lasciare i ragazzi soli di fronte ai social e alla libera disinformazione online. Anche Elisabetta Piccolotti di Alleanza Verdi e Sinistra rafforza la critica, parlando di “deriva oscurantista” ispirata dal “fondamentalismo e dall’estremismo religioso”. Le opposizioni evidenziano come l’Italia resti tra i pochi Paesi europei senza un’educazione sessuale obbligatoria, sottolineando che la nuova normativa rischia di allontanare ulteriormente il nostro sistema scolastico dagli standard internazionali.
La questione, tuttavia, va oltre il semplice confronto normativo: si tratta di una frattura profonda, sia politica sia culturale. Da un lato, c’è chi vede nella scuola un luogo fondamentale per accompagnare i giovani nello sviluppo delle relazioni, dell’identità e della consapevolezza personale; dall’altro, chi interpreta questo ambito come territorio da proteggere, dove l’influenza educativa deve rimanere esclusivamente nelle mani delle famiglie. La sfida rimane trovare un equilibrio tutelando i minori in modo sicuro e informato, non nascondendo l’esistenza dei pericoli, ma accompagnandoli nella loro consapevolezza.











