[Attenzione: questo articolo contiene degli spoiler]
Il 13 maggio è andata in onda negli USA la 20esima e ultima puntata della quinta stagione di Glee.
L’episodio, intitolato “The Untitled Rachel Berry Project”, ha rappresentato la conclusione di una stagione che ha lasciato più amaro in bocca che altro.
Una stagione segnata da un inizio tragico e che, in un modo o nell’altro, è stata gravida di conseguenze per l’intera storyline di Glee.
Com’è noto a tutti i fan di Glee la messa in onda della quinta stagione è stata preceduta dalla morte prematura di Cory Monteith, coprotagonista (e fidanzato nella vita reale) di Lea Michele.
Questo evento, già tragico di per sé, è stato l’ultimo di una serie di fattori che hanno influenzato
negativamente il buon proseguimento del telefilm.
Dopo tre stagioni di perfomance eccezionali con personaggi divertenti e trame ben costruite (e la conferma della qualità della serie è stata data dal riscontro presso il pubblico) dalla quarta stagione in poi il telefilm ha perso molto di spessore e contenuto per tanti motivi.
In primo luogo la quarta stagione ha visto l’introduzione di nuovi personaggi – Unique, Kitty, Marley, Jake, Ryder, Bree- scontati (e a volte persino inutili) che sono riusciti solo a creare confusione senza aggiungere nulla di nuovo alla serie.
Ora la domanda è: ma erano proprio necessari questi nuovi personaggi? Non sarebbe stato meglio continuare a concentrarsi sui protagonisti delle prime stagioni e seguire le loro storie a New York?
Un altro fattore importante è stato il progressivo abbandono della serie di molti attori delle prime stagioni, abbandono che ha creato un “vuoto” difficile a colmarsi.
Infine il terzo fattore (e forse il più importante) è rappresentato appunto dalla morte di Cory Monteith, morte che ha sconvolto non solo i cosiddetti “Gleeks” ma anche la serie che ruotava principalmente intorno alla coppia formata da Finn Hudson e Rachel Berry. Non per niente il finale stesso del telefilm sarebbe stato incentrato principalmente sul futuro di questa coppia.
In un momento così tragico i produttori della serie hanno dovuto prendere la difficile (ma necessaria) decisione di far morire stesso Finn Hudson a cui è stata dedicata la puntata 5×03, “The quaterback”. Importante notare che nella puntata non si è parlato assolutamente del modo in cui Finn è morto ma solo del vuoto che ha lasciato tra gli amici e la famiglia.
Dopo la 5×03 e un periodo di pausa l’appuntamento con Glee è rimasto fisso per quasi ogni settimana ma non per questo la situazione è migliorata. Anzi, è andata decisamente peggiorando.
Il concentrarsi sui nuovi arrivati del Glee club e la presenza di trame e intrecci decisamente assurdi hanno trasformato il telefilm nel fantasma di quella che una volta era una serie decisamente originale, ironica, brillante e capace di far commuovere e riflettere
Tuttavia una svolta è arrivata con la 100° puntata, una puntata veramente emozionante che ha visto ritornare sulla scena non solo personaggi come Quinn e Puck ma anche performance meravigliose come “Valery” cantata da Santana.
Ma perché questa puntata ha rappresentato qualcosa di diverso rispetto a tutte le altre? Proprio perché era incentrata su un ritorno al passato e su quello che una volta era Glee. In ogni caso forse gli stessi sceneggiatori della serie hanno capito che il telefilm così non poteva andare avanti e, “approfittando” della chiusura del Glee club dopo la 100° puntata hanno scelto di concentrarsi esclusivamente sulla vita a NY di Rachel, Kurt, Blaine, Santana e tutti gli altri regular ormai pronti a cercare il successo e a guardare al futuro.
La 5×20 ha pertanto chiuso la stagione lasciando aperti alcuni interrogativi sul futuro dei protagonisti: Rachel continuerà a lavorare a Broadway oppure finirà in televisione? Sam cosa combinerà nella sua vita? Kurt e Blaine riusciranno a resistere come coppia? Mercedes riuscirà a sfondare come cantante?
Questi e tante altre questioni lasciate in sospeso che costituiranno lo sfondo principale della sesta e ultima stagione ma che purtroppo non possono e non potranno mai reggere il livello della storyline delle prime puntate.
Ovviamente era impossibile pretendere che questi benedetti ragazzi rimanessero liceali per sempre però allo stesso tempo la nostalgia rimane e sembra inevitabile chiedersi cosa sarebbe successo se non fossero stati introdotti i nuovi personaggi e se non fosse avvenuta la morte di Cory Monteith.
Resta solo da sperare che con la sesta stagione Ryan Murphy riesca a dare un degno finale ad un telefilm che ha rappresentato per moltissimi ragazzi (soprattutto per gli “emarginati”) un punto di riferimento e che ha lasciato il segno soprattutto per perfomance come l’indimenticabile “Don’t stop believin.”