Il valore dell’insegnamento: insegnare o imporre? Dare il buon esempio? Sono queste le domande che uno studente universitario alle prese con la laurea e con tutta la documentazione per accedere all’abilitazione si chiede. Riflettere su una scelta non è inusuale, soprattutto oggi in cui lavorare con passione non sempre equivale a soddisfazioni economiche e professionali.
Nel corso degli anni, uno dei lavori più antichi del mondo ha perso quasi quell’alone di magia di cui era solito essere circondato. Ci sono sempre stati i sostenitori degli insegnanti dalle tecniche “dure” e quelli delle “dolci maniere” che riuscivano a far piegare anche gli animi più agitati.
Scegliere di intraprendere la carriera universitaria ha i suoi pro e i suoi contro. Non ha la responsabilità di iniziare a formare “giovani menti”, ma ha la responsabilità di incanalare queste menti verso un futuro lavorativo. Qual è il modo migliore di insegnare ai giovani di oggi? Ne abbiamo parlato in una chiacchierata con uno dei professori più apprezzati dell’ateneo catanese, il Prof. Tony Lawson, lettore di inglese presso il Dipartimento di Scienze Politiche e ideatore di Ingliando, una rubrica che ha fatto il suo ingresso anche su LiveUniCT.
Ecco cosa ci racconta.
1. Qual è, secondo lei, il valore dell’insegnamento di oggi?
Non credo che il valore dell’insegnamento cambi particolarmente nel tempo. Per me è sempre stato e sarà sempre, quello di impartire e tramandare l’insieme della conoscenza umana, sia quella accademica che quella pratica, di generazione in generazione, con lo scopo di agevolare l’apprendimento delle nuove generazioni e di stimolare in esse la sete del sapere. In questo passaggio vedo il ruolo dell’insegnante allineato, in chiave moderna ovviamente, a quello del “vecchio saggio” nelle tribù primitive: una persona rispettata per la sua esperienza e per la sua intuizione, che ha già percorso la stessa strada e che è in grado di illustrare le sue bellezze e le sue insidie, senza togliere all’alunno il piacere e la soddisfazione di fare anche le sue scoperte e di arrivare alle proprie conclusioni.
2. Sempre meno docenti insegnano per passione, questo influisce negativamente sull’approccio con gli studenti?
Alla base del sapere c’è la curiosità. In un qualsiasi percorso di apprendimento è questa, insieme al desiderio di migliorarsi, che deve essere continuamente stimolata nell’alunno. Tutti noi veniamo al mondo con una curiosità spiccata e il pericolo di un’insegnamento privo di passione è che possa lentamente uccidere questo desiderio di sapere e di capire. Per me insegnare non è semplicemente un lavoro, ma una vera vocazione che comprende per sua natura una grossa responsabilità verso gli altri. Come si può pretendere che un alunno si innamori di una materia se gli viene presentata senza passione? Una lezione in aula si distingue da un testo da studiare proprio per la presenza del docente. Sono le sue spiegazioni, analisi, critiche, illustrazioni, intuizioni e l’eventuale dialogo che danno vita ad una materia e che stimolano l’alunno a volere sapere di più.
3. Lei va in facoltà in bici, è molto attivo sui social, gestisce un sito interessantissimo ed è apprezzato da tutti i suoi studenti. Crede che il segreto del successo sia “parlare la loro lingua” dando il buon esempio?
Nella mia città ideale non ci sarebbero macchine private per le strade, ma siamo ancora lontani da questo tipo di utopia. Nel frattempo, potendolo fare, preferisco girare la città con la bicicletta: è pulita, economica, non fa rumore e aiuta molto a non farsi prendere dalla frenesia quotidiana. Per quanto riguarda, invece, i social e internet in generale, sono un fan sfegatato da sempre. Internet è stato il grande passo nelle comunicazioni che serviva per questo nuovo millennio e anche se ha, inevitabilmente, i suoi aspetti più oscuri, basta un utilizzo intelligente ed equilibrato per trarre dei benefici enormi. Io lo sfrutto, nel campo dell’insegnamento, per raggiungere con il mio sito un bacino di utenti impensabile prima. Oggi, infatti, Ingliando è un servizio pubblico accessibile gratuitamente in tutta Italia (e anche nel mondo) a chiunque abbia una connessione internet. Per un insegnante questa è una grande rivoluzione. Non so, invece, fino a che punto, ad un insegnante non più giovane, sia saggio cercare di parlare la lingua dei suoi studenti, rischierebbe, forse, di rendersi persino ridicolo. Piuttosto credo che la cosa più importante per un insegnante oggi, nell’era delle comunicazioni in tempo reale, sia quella di essere presente, disponibile, flessibile, comprensivo e, soprattutto, attendibile. Dare il buon esempio? Sì, sempre e instancabilmente. Ma questo vale per tutti, non solo per chi insegna!