Sono tanti i personaggi nati a Catania e provincia che hanno consacrato la propria vita alla poesia, alla letteratura. Non è detto, però, che oggi tutti li ricordino e conoscano. Domenico Tempio, Antonio Bruno, Angelo Scandurra e Salvatore Camilleri: sono i quattro poeti, vissuti in anni distinti, di cui LiveUnict sceglie di raccontare.
Domenico Tempio, detto “Micio”
Celebre ed apprezzato nel XVIII secolo, frettolosamente censurato ed etichettato come “poeta pornografico” nel corso di quello successivo. Stiamo parlando di Domenico Tempio, detto “Micio”, figura che non godette sempre di analoghi livelli di attenzione e stima.
Sebbene ciò possa apparire ai più incredibile, non si hanno molte informazioni certe su quello che è considerato il maggiore poeta riformatore siciliano. Ciò che è certo è che nacque a Catania il 22 agosto del lontano 1750.
Si vollero per lui prima una carriera ecclesiastica, poi quella giuridica: nessuna delle due risultò essere la strada giusta per il giovane Domenico, che ben presto optò per gli studi umanistici. Iniziò a comporre in versi ed il suo talento gli valse l’ingresso all’Accademia dei Palladii e l’accoglienza nel salotto letterario del mecenate Ignazio Paternò principe di Biscari.
La sua vita fu caratterizzata anche da dolorosi lutti. Di fatto la donna con cui si era unito in matrimonio, Francesca Longo, morì di parto. La figlia venne accudita da una balia di nome Caterina che, di lì a poco, sarebbe divenuta la nuova compagna del poeta.
Dopo la morte, Domenico Tempio venne aspramente criticato da alcuni, dimenticato da molti altri. Soltanto in seguito alla fine del secondo conflitto mondiale verrà rivalutata la sua opera.
Riduttivo sarebbe indicare Tempio come solo autore di poesie dalla forte carica erotica. Al contrario egli fu particolarmente attento a dar voce agli ultimi e, più in particolare, a personaggi provenienti dalla sua amata “Civita”.
Andrà ricordato, a tal proposito, il poemetto in dialetto siciliano “La Caristia” che tratta dei tumulti popolari verificatisi proprio a Catania a seguito della carestia che afflisse la città tra il 1797 ed 1798.
Più in generale, nei suoi scritti Micio Tempio si scaglia contro un clero corrotto ed una società ingiusta, esalta l’operosità dell’uomo e critica l’ignoranza. Spoglia la sua Sicilia del mito di una società pura per rivalutarla con pieno realismo. In tal senso alcune voci hanno considerato Micio Tempio precursore del movimento verista.
Antonio Bruno
E se, compiendo un salto temporale di oltre un secolo, si volesse scoprire quali catanesi abbiano esercitato la professione di poeta nel primo Novecento? I libri di Storia della Letteratura “accolgono”, per esempio, biografia e poetica del siciliano Quasimodo ma non trovano spazio utile a raccontare del poeta poliglotta Antonio Bruno.
Questo talentuoso uomo segnato da un tragico destino nacque nel Catanese, più nello specifico nel Comune di Biancavilla, nel 1891. Da qui, tuttavia, ben presto si spostò alla scoperta di altre città d’Italia ed alcune importanti capitali europee. Restò, ad ogni modo, sempre profondamente legato al capoluogo etneo, partecipando attivamente al dibattito letterario cittadino.
Insieme ad altri tre giornalisti catanesi, nel 1915, Antonio Bruno fondò la rivista “Pickwik” che, anche per il tono chiaramente provocatorio, seguiva le più celebri “Lacerba” e “La Voce”. A lui, inoltre, si deve la pubblicazione di numerose opere legate al movimento futurista.
Sia per alcuni problemi fisici che per la sua poetica caratterizzata da un vivo pessimismo, la figura di Antonio Bruno è stata spesso associata a quella di Giacomo Leopardi. E, in effetti, proprio al poeta nato a Recanati il catanese aveva dedicato un attento studio dal titolo “Come amò e non fu riamato Giacomo Leopardi”.
Alcune narrazioni, tuttavia, sottolineano il carattere unico di Bruno. Si racconta che il giovane Antonio, sempre elegante nel vestire, fosse solito passeggiare per le vie principali di Catania con in mano un ramo di fiori in mano. E con questa “arma” colpiva i passanti, predicendo la loro sorte. Inoltre volle tappezzare i muri della città con un poema intitolato “Dolli Ferretti” e dedicato alla donna amata, Ada Fedora Novelli, che però non ricambiò mai il suo sentimento.
Fisicamente malato, colpito da una grave forma di depressione ed accusato di aver dilapidato l’interno patrimonio del padre, scelse di porre fine alla propria vita nel 1932. Si suicidò, a soli 41 anni, con una dose letale di barbiturici in una camera d’albergo di Catania.
Angelo Scandurra
Troppo spesso si pensa che i grandi poeti siano ormai impossibili da scovare. Eppure non si tratta di figure realmente scomparse, completamente “estinte”. Angelo Scandurra, per esempio, è stato poeta e scrittore dei nostri giorni. Nacque ad Aci Sant’Antonio il 19 agosto 1948 e, nel 1977, ottenne la laurea in Lettere moderne presso l’Università degli Studi di Catania.
Anni dopo si occupò della fondazione di una rivista dal titolo “Il Girasole. Mensile di cultura” ma nel corso della sua esistenza fu anche critico, direttore artistico e persino sindaco di Valverde.
Tradotto anche all’estero, nel 1983 fu finalista al Premio Viareggio con la raccolta di poesie “Fuori dalle mura”. Angelo Scandurra è morto l’8 gennaio 2021.
Salvatore Camilleri
Non si può concludere questa rassegna di grandi poeti indissolubilmente legati alla città dell’elefante se non citando Salvatore Camilleri. Quest’ultimo passa alla Storia come maggior esponente del Trinacrismo, movimento che si sviluppò nel 1944, fu operante proprio nel capoluogo etneo e volle fortemente rinnovare il linguaggio siciliano riportandolo alla dignità di vera e propria lingua.
Fu studioso, scrittore, docente, traduttore: pubblicò numerose raccolte di poesie ed un libro di ortografia siciliana. Per la sua passione ed il suo impegno, conquistò numerosi e prestigiosi premi. Anche lui si è spento soltanto pochi mesi fa, il 24 marzo 2021, nella città in cui era nato ben 100 anni prima: la sua Catania.