Il test di Medicina funzionano davvero? È questa una delle domande più ricorrenti nelle menti degli aspiranti dottori prima e dopo aver affrontato il famigerato test valutativo. In questi anni si sono susseguite diverse polemiche intorno non solo al funzionamento del test ma anche al numero dei potenziali studenti da poter immatricolare.
Uno studio realizzato dalla Conferenza Permanente dei Presidi di Medicina e Chirurgia cerca di dissipare le polemiche, mettendo in evidenza come il test sia utile al fine di valutare correttamente chi è in grado di affrontare il corso di laurea in medicina. Lo studio diventa ancora più pertinente poiché riferito all’anno accademico 2014/2015, anno in cui le facoltà di Medicina hanno dovuto accogliere oltre 5.000 studenti in sovrannumero, esclusi dalla graduatoria del test di quell’anno ma ammessi dal TAR del Lazio dopo il ricorso degli studenti.
I ricercatori hanno avuto l’occasione così di confrontare i risultati ottenuti da un gruppo preso a campione di studenti del primo anno di corso immatricolati regolarmente con quelli raggiunti da un secondo gruppo-campione, questa volta composto dai ricorsisti che ai test d’ingresso non avevano ottenuti i punteggi sufficienti per accedere.
I gruppi analizzati
L’indagine ha considerato 1.792 studenti immatricolati dopo il test di Medicina del 2014, di cui 1.326 ammessi regolarmente e 466 ricorsisti ammessi dal TAR. Le sedi universitarie prese in esame sono quelle di Milano, Bicocca, Milano Statale, Modena e Reggio Emilia, Molise, Piemonte Orientale, Pavia, Roma La Sapienza e Torino. Per ognuna delle sede analizzate, lo studio ha tenuto conto di alcuni dati, tra cui: scuola di provenienza, voto dell’esame di maturità, punteggio del test, voti ottenuti negli esami del primo anno di Medicina.
Cosa rivela lo studio
Il risultato a cui è pervenuto il gruppo di studio è che il punteggio ottenuto al test di ammissione risulta predittivo del successivo rendimento negli studi universitari, mentre la scuola di provenienza e il voto di maturità ottenuto non sembrano influire sul punteggio alla prova di ammissione. Più nello specifico si evince che:
- quando il punteggio del test è basso, come nel caso dei ricorsisti (alcuni dei quali hanno ottenuto punteggi inferiori ai 20 punti o sotto lo zero), questo presenta una correlazione con il basso rendimento durante il primo anno di studio: minor numero di esami superati e votazioni inferiori;
- per questi studenti c’è il rischio di non riuscire a superare almeno 3 esami del piano di studi del primo anno. Rischio doppio rispetto a quello degli immatricolati considerati regolari;
- la percentuale di studenti in grado di superare il primo anno raggiungendo gli obiettivi formativi previsti risulta essere maggiore tra gli studenti ammessi senza ricorso.
Il sistema francese
A tal proposito si mette in chiaro nello studio che il test risulta essere uno strumento funzionale al fine di accedere ai corsi di laurea in Medicina: “Questi risultati portano a ritenere che il punteggio alla prova di ammissione sia sufficientemente in grado di individuare gli studenti che avranno più difficoltà a concludere brillantemente il primo anno di corso”.
Ciò arriva in risposta alle polemiche che volevano migliore il sistema francese. Secondo i Presidi di Medicina l’adozione di questo sistema, che prevede l’accesso aperto e uno sbarramento alla fine del primo anno, non sarebbe utile: “la valutazione del rendimento alla fine del primo anno di corso porterebbe a selezionare gli stessi candidati che hanno ottenuto i punteggi più alti alla prova di ammissione”.