“Il giornalismo è un patrimonio che non è solo dei giornalisti ma è di ciascun cittadino. Sta tutto nell’art 21 della Costituzione, che non solo richiama il diritto-dovere del giornalista a informare, ma è soprattutto il diritto del cittadino a essere informato, nella maniera più libera e vera possibile. È attraverso il giornalismo che ognuno di noi può decidere da che parte stare. La libertà di stampa è importante come l’aria e dobbiamo tutti difenderla.” Queste le parole del giornalista siciliano Paolo Borrometi, ospite oggi all’incontro di presentazione del nuovo modulo “Jean Monnet Eureact – European Renovate Actors in European Public Sphere”, corso didattico nel campo degli studi sull’Unione europea.
Il nuovo modulo Eureact è un insegnamento extra-curriculare da 6 crediti formativi, aperto a tutti gli studenti dell’Ateneo, coordinato dalla professoressa Rossella Sampugnaro. Il corso, che verrà erogato dal Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali nei tre anni 2019-2022, sarà incentrato sul tema della “Politica e Comunicazione nella sfera pubblica europea” e analizzerà, con un approccio multidisciplinare, più punti di vista: istituzioni europee, partiti e società civile, cittadini.
Oggi, l’incontro introduttivo, intitolato “Il sogno dell’Europa. Il ruolo dei giornalisti nella costruzione di una nuova sfera pubblica” ha visto proprio Paolo Borrometi, giornalista e scrittore originario di Modica che dal 2014 vive sotto scorta a causa delle minacce subite per la sua attività giornalistica di denuncia della mafia. Paolo Borrometi, è vicedirettore dell’Agi ed autore di due libri “Un morto ogni tanto”, un libro-inchiesta sulle attività spesso sottovalutate della criminalità organizzata nella Sicilia sud-orientale e “Il sogno di Antonio. Storia di un ragazzo europeo”, libro dedicato Antonio Megalizzi, il giornalista radiofonico tragicamente morto nell’attentato di Strasburgo dell’11 dicembre 2018.
È proprio la figura di Antonio Megalizzi, quale cittadino e giornalista europeo, a fornire lo spunto per le numerose riflessioni sulla figura del giornalista e sul valore che ancora oggi, nell’era dei media e dell’informazione veloce, deve avere il giornalismo nelle nostre democrazie. Di fronte alle sfide dei nostri giorni, a partire dalla cosiddetta “crisi dei giornali” passando per le fake news, Borrometi ha fornito delle risposte concrete agli interrogativi più pressanti dei nostri tempi sul ruolo del giornalista, così come dei singoli cittadini.
“Le sfide dei giornalisti oggi sono numerosissime – ha dichiarato Borrometi -. Oggi molti hanno dimenticato qual è il ruolo del giornalista, alcuni si vedono e si svendono. Ci sono tanti giornalisti condannati o sotto processo, purtroppo alcuni fanno ancora parte dell’Ordine dei Giornalisti. Perciò la prima sfida intanto è cercare di recuperare credibilità, perché fin quando senza andare lontano ad esempio in questa città ci sarà il più grande giornale che è sequestrato per mafia e l’editore ancora sotto processo per reati odiosi e gravi, dobbiamo ammettere che c’è un problema democratico, che riguarda i cittadini e i giornalisti. La sfida è parlare oltre, non solo per noi giornalisti, ma spiegare, informare i cittadini.”
Parlando di mafie, i cui intrecci con la politica non smette oggi di denunciare nel suo sito indipendente “La Spia”, il giornalista modicano ha spiegato come queste incidano sullo sviluppo del nostro Paese, impedendo la crescita e la realizzazione del “sogno europeo”.
“I nostri problemi oggi sono la mafia, la corruzione, la mancanza di legalità– ha affermato il giornalista-. A me le mafie mi hanno piegato, spaventato ma non distrutto. È complesso vivere con minacce, attentati. Io vivo con la paura ogni giorno e lo ammetto, perché avere paura è normale. Non esistono i super uomini. Ho voglia di riacquistare la mia libertà, ma ho anche capito che la libertà più importante non è solo quella libertà fisica che io ho oggettivamente perso, la libertà più importante è la libertà di pensiero, di parola, di poter fare il lavoro che sognavi da giovane. È la libertà di continuare a sognare.“
Poi rivolgendosi ai giovani presenti in aula ha concluso, dicendo: “Io non so se i miei sogni o i vostri sogni o quello di Antonio o il sogno di avere un Paese che abbia sconfitto le Mafie e di avere una classe politica degna di questo nome non so se si avvererà mai ma so che ne vale la pena di lottare, perché la cosa più importante non è la realizzazione finale del sogno, è quanto impieghiamo noi affinché quel sogno si possa realizzare. Non ci regaleranno mai nulla, dobbiamo conquistarci tutto. Dobbiamo avere solo una cosa che illumini i nostri passi: la nostra coscienza.“