È di circa 3 milioni di euro il risarcimento che il Ministero della Salute dovrà pagare a un militare che nel 2000 ha contratto l’epatite cronica in seguito alla vaccinazione. Appena pochi giorni prima della partenza per una missione all’estero all’uomo sarebbero state effettuate 7 iniezioni, comprese quelle per le epatiti A e B. Nel 2002 sono iniziati a spuntare i primi sintomi che solo nel 2009 hanno portato alla diagnosi di epatopatia cronica di natura da definire.
Così ha avuto inizio la vicenda legale, con la commissione medico-ospedaliera di Palermo che non ha riconosciuto alcun nesso tra la malattia e le vaccinazioni praticate; poi il ricorso presentato al ministero della Salute, ancora respinto. Il caso è arrivato al giudice del Lavoro, Caterina Musmeci, del Tribunale di Catania che ha accolto il ricorso dopo una consulenza tecnica d’ufficio.
Con questo, ha precisato il consulente del giudice, non si vuole mettere in dubbio la sicurezza del vaccino. Purtroppo sono i metodi di somministrazione in ambito militare sotto accusa. La somministrazione di così tanti vaccini in tempi così ristretti comporta dei rischi, soprattutto perché in molti casi non viene valutato lo stato di salute del soggetto.
E poi emergono i rischi più importanti della vaccinazione a pochi giorni dalla partenza. Non è infatti consigliabile effettuarne poiché al momento della vaccinazione si crea uno stato fisico di immunodepressione, ha spiegato l’avvocato Vignera, vice presidente dell’associazione no profit Tutela degli epatopatici e malati danneggiati. È proprio a causa di questa immunodepressione che il soggetto si trova esposto a un aumento del rischio di contrarre la malattia per la quale è stata fatta la vaccinazione.