Un nome, un impegno, un’eredità: la figura dell’avvocato Famà. L’avvocato Serafino Famà è un nome che appartiene alla storia dell’Avvocatura catanese, e più in generale al racconto della legalità in Sicilia. Nato a Misterbianco il 3 aprile 1938, Famà divenne penalista e sostenitore delle regole della professione forense con determinazione, mai disposto a scendere a compromessi.
La sua frase-guida – «Se ti comporti con onestà e coraggio non devi avere paura di nulla» – non fu solo uno slogan, ma il manifesto della sua vita professionale. Uscì dallo studio la sera del 9 novembre 1995, accompagnato da un collega: all’angolo tra viale Raffaello Sanzio e via Oliveto Scammacca venne raggiunto da colpi d’arma da fuoco e morì poco dopo. Un’esecuzione mafiosa, commessa perché – secondo le ricostruzioni – Famà si era rifiutato di assecondare richieste criminali che avrebbero violato la dignità della toga e del diritto.
È facile cogliere in questa vicenda non solo la tragedia personale, ma il senso di un’offesa alla giustizia, alla libertà e a chi nel diritto vede un valore concreto e non solo formale. Famà incarnava l’idea che un avvocato non è solo un tecnico del foro, ma un presidio civile: difende la forma e, insieme, la sostanza della democrazia.
L’Avvocatura catanese ricorda Serafino Famà
La Camera Penale di Catania “Serafino Famà” ha promosso due giornate che vanno ben oltre la semplice commemorazione: sono un invito alla riflessione sull’evoluzione dell’Avvocatura, sul coraggio dei singoli e sul futuro che spetta ai nuovi penalisti.
Sabato 8 novembre 2025, presso la sala C3 del complesso “Le Ciminiere” a Catania, si è tenuto il dibattito “Trent’anni di storia dell’Avvocatura Catanese: Enzo Trantino, Nando Sambataro e Serafino Famà”. Interverranno familiari, colleghi e penalisti che ripercorreranno insieme cosa significa oggi essere avvocati in un contesto che ha conosciuto mille sfide.
Domenica 9 novembre 2025, alle 9:30, si è inaugurato ufficialmente il “Piazzale Serafino Famà” nel luogo dell’omicidio. In seguito, un incontro pubblico dal tema “Serafino Famà: esempio di legalità e indipendenza”. Tra gli interventi spiccano nomi come quelli di Don Luigi Ciotti (fondatore di Libera), dell’avv. Flavia Famà (figlia di Famà) e della procuratrice aggiunta Agata Santonocito. L’iniziativa è insignita della Medaglia del Presidente della Repubblica, segno del riconoscimento civile che la figura di Famà merita.
Questi momenti non servono solo a ricordare: servono a ragionare sulla professione forense, sulle responsabilità dell’avvocato e sul suo ruolo nel tessuto sociale. Famà non è solo simbolo del sacrificio: è monito per chi oggi indossa la toga o aspira a farlo.
Serafino Famà, vittima di mafia
La morte di Famà non fu solo un atto criminale isolato: rappresenta la ferita che la mafia infligge alle istituzioni, ma anche il limite che l’ordinamento democratico pone a quell’orrore. Famà aveva difeso anche persone legate alla criminalità organizzata; ma la linea che non volle varcare fu quella del silenzio compiacente, dell’uso del diritto come strumento di potere.
In un’epoca in cui la Legalità è parola spesso usata, la sua vicenda ci ricorda che la toga è innanzitutto “vestito di responsabilità”. E che l’indipendenza del difensore, il rispetto della forma e dei diritti, sono pilastri che se vacillano, vacilla anche la fiducia nella giustizia.
Nel mondo forense catanese, e non solo, questa storia ha avuto e continui ad avere una funzione formativa: – nei corsi di deontologia dell’avvocato penalista della Camera Penale; nel premio biennale “Avvocato Serafino Famà”, istituito per riconoscere atti professionali che incarnino il suo esempio.
E per la città di Catania, la figura di Famà è un simbolo: di resistenza civile, di cultura della testimonianza, di insubordinazione al male organizzato.
Un appello alla comunità e ai giovani avvocati
Le iniziative promosse dalla Camera Penale non sono solo un esercizio di memoria. Sono un richiamo: ad assumersi responsabilità, a non delegare il valore della Legge ad altri, a edificare comunità più giuste.
Ai giovani che entrano oggi in tribunale, agli studenti che scelgono la professione forense, fa bene ricordare che la toga non è solo strumento, è anche impegno. E che episodi come quello dell’avvocato Famà – oltre a essere storia – possono essere spunto per un presente diverso.
Oggi più che mai, ricordare Serafino Famà significa ribadire che la legalità non è solo un principio, ma una scelta quotidiana di coraggio.
La sua storia continua a insegnare che la toga, indossata con integrità, può diventare un’arma di libertà contro ogni forma di violenza e compromesso.
Se desideri dare voce alla tua opinione su questa vicenda, o conoscere persone che hanno conosciuto o lavorato con l’avvocato Famà, scrivi a LiveUniCT – Notizie su Catania e Università: la memoria si costruisce attraverso le storie che condividiamo.













