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Home Università di Catania

Gaza, docenti Unict rompono il silenzio: redatta una lettera aperta

Docenti universitari di Catania firmano un appello pubblico su Gaza: un grido di solidarietà e responsabilità accademica in un momento di crisi globale.

Redazione di Redazione
27 Agosto 2025
in Università di Catania
Bimbi in Gaza

Evento Freedom Flotilla from Catania to Gaza

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Guerra in Gaza- In un clima internazionale sempre più teso e segnato da gravi violazioni dei diritti umani, un gruppo di docenti dell’Università di Catania ha deciso di rompere il silenzio. Attraverso una lettera aperta, firmata e redatta collettivamente, gli accademici catanesi prendono posizione sul dramma in corso nella Striscia di Gaza, sollecitando un’assunzione di responsabilità etica, civile e istituzionale da parte del mondo universitario.

Quella che segue non è una semplice dichiarazione d’intenti, ma un documento profondo e articolato che intende riportare l’attenzione sul dovere della conoscenza e della verità, in un tempo in cui la sofferenza di intere popolazioni rischia di essere ignorata o strumentalizzata. Una voce collettiva, quella dei docenti firmatari, che nasce nel cuore della Sicilia ma guarda al mondo, con l’ambizione di contribuire a una riflessione più ampia e urgente. Ecco il testo integrale della lettera:

” All’attenzione del Magnifico Rettore Eletto, professore Enrico Foti,
all’attenzione del Senato Accademico,
all’attenzione del Consiglio di Amministrazione,
all’attenzione della Comunità Universitaria tutta,

Agosto 2025: Quello che da quasi due anni sta accadendo a Gaza per mano del governo israeliano,sotto gli occhi di tutto il mondo e nell’inerzia generale dei decisori politici, viola ogni elementare principio di diritto internazionale e offende i valori di umanità e giustizia su cui dovrebbero fondarsi le pacifiche relazioni tra i popoli. Per questo noi tutti/e riteniamo che il silenzio e l’inazione non
siano più opzioni percorribili. La morte e la distruzione inflitta per mano delle IDF alla popolazione civile palestinese – complici molti dei paesi occidentali (il nostro compreso) che hanno attivamente supportato la macchina bellica israeliana o hanno rifiutato di ricorrere ad alcun significativo strumento di dissuasione – ha già da molto tempo assunto dimensioni abnormi.

Quello che si sta consumando a Gaza è, lo affermiamo senza incertezze, un genocidio: i crimini di guerra commessi dallo Stato di Israele rientrano infatti appieno nella definizione stipulata dalla Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del genocidio (a cui l’Italia ha aderito con
legge n. 153 dell’11 marzo 1952), e che si propone di prevenire e punire gli atti “commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale” (art. II). Già il 26 gennaio 2024 la Corte Internazionale di Giustizia aveva giudicato “plausibile” l’accusa di genocidio rivolta contro Israele. Oggi, quella plausibilità è divenuta certezza, tanto che alcuni tra i più noti intellettuali israeliani, a partire da David Grossman, ammettono ormai “che a Gaza è in corso un genocidio” (1/08/2025).

Ma più che le parole, oggi a parlare a Gaza sono i fatti. I dati raccolti da organizzazioni
internazionali (ONU, UNHCR, UNICEF, UNESCO), ONG indipendenti (Amnesty International, MSF, Emergency) e studi pubblicati su accreditate riviste scientifiche accreditate (The Lancet) sono inequivocabili. Dal 2023 a oggi, l’offensiva israeliana ha provocato più di 60.000 morti diretti e oltre 150.000 feriti, in larghissima parte civili, con donne e bambini a rappresentare più della metà del totale. Circa 1,9 milioni di persone – l’85 % della popolazione – sono state sfollate,
mentre abitazioni, strade, scuole, ospedali, luoghi di culto, biblioteche, archivi e siti di interesse storico-artistico sono stati sistematicamente distrutti.

A queste vittime si aggiungono decine di migliaia di morti indirette, dovute a fame, malattie, assenza di cure mediche e collasso delle infrastrutture sanitarie. Altre cifre testimoniano di una distruzione pianificata e tutt’altro che casuale, mirata a silenziare l’informazione, a usare la fame come arma e a rendere invivibile Gaza non solo per le generazioni presenti, ma anche per quelle future. Al 25 agosto 2025, l’esercito israeliano aveva assassinato almeno 279 giornalisti, nel più grave massacro di operatori dei media nella storia recente. Da fine maggio ad agosto 2025, almeno 1760 palestinesi sono stati uccisi a Gaza dalle IDF mentre erano in fila per ricevere i (pochi) aiuti umanitari fatti entrare da Israele nella Striscia. Con un report dell’IPC rilasciato il 22 agosto 2025 e basato su studi di autorità indipendenti, l’ONU ha ufficialmente confermato lo stato di carestia a Gaza, indicando Israele come unico responsabile. Infine – ed è un dato che, per ovvie ragioni, ci tocca particolarmente da vicino – in Palestina è in atto quella che le Nazioni Unite hanno definito scolasticidio, ovvero la “distruzione sistematica dell’istruzione attraverso l’arresto, la detenzione o l’uccisione di insegnanti, studenti e personale, nonché la distruzione delle infrastrutture educative”. Tra le vittime della popolazione civile si contano infatti oltre 6.000 persone in età scolare, studenti universitari, insieme a insegnanti, ricercatori e personale universitario. Le forze di occupazione israeliana hanno saccheggiato e distrutto strutture scolastiche e i campus universitari di Al Azhar, Al Quds e Israa. Secondo UNESCO, è scomparso il 75% degli edifici scolastici, impedendo a circa 625.000 studenti e 22.500 insegnanti di frequentare i propri luoghi di crescita culturale e professionale e compromettendo definitivamente il futuro dell’istruzione palestinese.

Alla luce di tutto questo, e in linea con la lettera sottoscritta da alcuni/e colleghi/e più di un anno fa, come membri della grande comunità accademica catanese domandiamo con forza che il Magnifico Rettore e il Senato Accademico si pronuncino con coraggio e senza ambiguità. Il tempo delle esitazioni è finito. Il piano di occupazione totale di Gaza, già avviato da Netanyahu e dal suo governo, prevede entro il prossimo 7 ottobre di cacciare dalla loro terra quasi due milioni di civili gazawi: occorre agire al più presto con la massima decisione per cercare di dare il nostro (certo limitato) contributo affinché questo ennesimo piano criminale, in violazione di ogni diritto internazionale, venga impedito. Sulla scorta di quanto accaduto anche a livello globale, già altre Università italiane si sono mosse in questo senso: l’Università per Stranieri di Siena (26/6/2024), l’Università di Padova (1/7/2025), l’Università del Salento (2/7/2025), l’Università di Pisa (17/7/2025), l’Università di Bologna (17/6/2025), l’Università di Roma La Sapienza (19/6/2025), la Scuola Normale Superiore di Pisa (22/7/2025), l’Università di Bari (22/7/2025), il Politecnico di Milano (4/8/2025). Seguendo il loro esempio, chiediamo che anche da noi si approvi una mozione che impegni a:

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1) Prendere una posizione netta e inequivoca di condanna di quanto attuato a Gaza dal governo e dall’esercito israeliani, nominando esplicitamente le responsabilità e stigmatizzando i crimini commessi contro la popolazione civile;
2) Interrompere gli accordi e le relazioni formali con università israeliane, se in vigore, o comunque impegnarsi a non stipularne di nuovi sino alla fine della crisi in atto, senza che ciò escluda rapporti di collaborazione individuali con singoli colleghi/e israeliani/e;
3) Dichiarare esplicitamente che mai si stringeranno accordi con Università e aziende
israeliane con sede in territori palestinesi occupati illegalmente;
4) Sospendere gli accordi con quelle aziende come la Leonardo spa che producono dichiaratamente tecnologie belliche, o che sono comunque suscettibili di dual use;
5) Fare pressione perché si rinnovi al più presto il bando nazionale IUPALS per borse di studio destinate a studenti e studentesse palestinesi e, nel frattempo, ampliare il finanziamento in modo che tutti/e coloro risultati/e idonei/e nel bando che si è chiuso abbiano la possibilità immediata di venire a studiare in Italia;
6) Istituire forme collettive di ricordo per le vittime civili palestinesi, per ribadire che quei
morti non sono solo numeri e che non devono esistere vite indegne di lutto.

Il momento di agire è questo. Se tacciamo, se non interveniamo, se lasciamo che ancora una volta questioni di (malintesa) opportunità politica abbiano la meglio sul senso di giustizia e sul rispetto del diritto, ne dovremo rispondere davanti ai nostri figli e figlie, ai nostri nipoti, alle nostre coscienze.

Firmatario, Firmataria – Dipartimento o Area
Attilio Scuderi – Dipartimento di Scienze Umanistiche
Souadou Lagdaf – Dipartimento di Scienze Umanistiche
Gianni Piazza – Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
Salvatore Marano – Dipartimento di Scienze Umanistiche
Alessandro Pluchino – Dipartimento di Fisica e Astronomia
Lorenzo Coccoli – Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
Claudia Cantale – Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
Erika Garozzo – Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
Maria Carreras i Goicoechea – Dipartimento di Scienze Umanistiche
Michele Campopiano – Dipartimento di Scienze Umanistiche
Christian Marino – Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
Giuseppe Inturri – Dipartimento di Ingegneria Elettrica Elettronica e Informatica
Annalisa Greco – Dipartimento Ingegneria Civile e Architettura
Alessandro Lutri – Dipartimento di Umanistiche
Ernesto De Cristofaro – Dipartimento di Giurisprudenza
Maria Olivella Rizza – Dipartimento di Economia e Impresa
Luigi Bonaventura – Dipartimento di Economia e Impresa
Giampaolo Schillaci – Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente
Fausto Carmelo Nigrelli – Dipartimento Ingegneria Civile e Architettura “
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