Quasi ottanta e non dimostrarli. Il bikini compie oggi 79 anni e viene celebrato ufficialmente con la Giornata Mondiale del Bikini, che ricorre ogni 5 luglio. Era il 1946 quando Louis Réard, sarto francese, presentava per la prima volta al mondo il costume da bagno in due pezzi che avrebbe rivoluzionato la storia della moda e del costume, mettendo in mostra l’ombelico e enfatizzando il décolleté.
Il nome? Deriva dall’atollo di Bikini nelle isole Marshall, dove proprio in quei giorni gli Stati Uniti effettuavano test nucleari: un riferimento chiaro agli effetti “esplosivi” – e scandalosi per l’epoca – del nuovo capo. A indossarlo per prima fu Micheline Bernardini, una danzatrice del Casinò di Parigi, che accetta l’incredibile sfida e sfila nella piscina Molitor, mostrando una nuova possibilità di look, poiché nessuna modella professionista osò tanto.
Il bikini e la sua rivoluzione culturale
Non fu accettato subito, anzi. Negli anni ’50 fu persino vietato al concorso di Miss Mondo, ma bastarono alcune dive per farlo entrare nel mito: Brigitte Bardot in E Dio creò la donna (1956), e soprattutto Ursula Andress nei panni della Bond girl in Agente 007 – Licenza di uccidere (1962). Da scandalo a simbolo di emancipazione, di libertà sessuale e individuale. E anche oggi, indossare un bikini è molto più che indossare un costume: è portare con sé una parte di quella storia fatta di sfide, conquiste e autodeterminazione.
In realtà, il bikini è molto più antico, gli studi dimostrano he le origini del Bikini risalgono nella nostra meravigliosa Isola: mosaici romani scoperti a Piazza Armerina, in Sicilia, ritraggono atlete con indosso costumi a due pezzi, usati per fare sport, danzare, competere. Anche se allora non era un capo da spiaggia, aveva già in sé la forza dell’azione e della libertà.
Simbolo di una femminilità audace, il bikini non è mai stato solo un costume da bagno ma qualcosa capace di raccontare una storia in trasformazione. Dal suo debutto a metà Novecento fino alle passerelle e ai set cinematografici più recenti, il due pezzi esprime uno stile in continua evoluzione confermandosi come capo essenziale per le vacanze. Che lo si indossi al mare, in piscina o come top da abbinare a un look estivo, il bikini di oggi può essere indossato da chiunque, passando da segno d’emancipazione femminile a racconto di libertà e inclusione.
Corpi d’estate: tra libertà, insicurezze e filtri social
L’estate, oggi come allora, mette a nudo. Non solo la pelle, ma anche insicurezze, confronti, aspettative. Lontano dai set cinematografici e dalle passerelle, il bikini diventa il simbolo di un’esposizione personale: ti guardano, ti giudicano. I social amplificano tutto, con feed pieni di corpi scolpiti, addominali levigati, pelle luminosa. Ma la verità è che quei corpi sono spesso ritoccati, filtrati, selezionati. E anche se fossero “veri”, non devono essere un metro di paragone.
Ogni corpo è diverso, ed è proprio questo il punto. La perfezione è un concetto fittizio, costruito e venduto. L’unica cosa reale è sentirsi a proprio agio nella propria pelle, in bikini, in costume intero, in pareo, o completamente vestiti.
Body positivity: valgo così come sono
Negli ultimi anni, il movimento della body positivity ha riportato al centro il messaggio più semplice e più potente: sei degno di amore e rispetto così come sei. Nessuno dovrebbe sentirsi inadeguato per un numero sulla bilancia o per il modo in cui la propria pancia si piega quando si siede sulla sabbia. Non serve “cambiare” per indossare un bikini. Serve solo la voglia di vivere pienamente l’estate.
” Every Body is a Bikini Body” – ecco lo slogan di una famosa pubblicità fatta da Niki Patton, influencer americana e modella internazionale.
E allora sì, viva la granita al caffè con panna. Viva l’arancino\a bollente sotto l’ombrellone. Viva le cene in riva al mare, il gelato a mezzanotte, la pizza con gli amici. Non si mangia per punirsi o per premiarsi: si mangia per vivere, e ogni tanto anche per godersi un piacere. Nessuna colpa, nessuno sgarro: solo equilibrio, ascolto e libertà.
Maschi, femmine e oltre: il corpo non è una gara
Quando si parla di body positivity, spesso l’attenzione cade quasi esclusivamente sulle donne, ma anche molti uomini famosi hanno condiviso pubblicamente il loro disagio rispetto agli standard estetici irraggiungibili. Un esempio è Jonah Hill, attore e regista hollywoodiano, che per anni ha combattuto con la pressione di dover apparire sempre in una certa forma. In un’intervista ha raccontato di come il confronto continuo con modelli di perfezione lo abbia portato a soffrire di ansia e bassa autostima, fino a perdere la gioia di vivere.
“Non ero mai abbastanza magro, mai abbastanza bello per gli altri. Ci vuole coraggio a dire ‘sto bene così’ in un mondo che ti dice il contrario”.
Anche Dwayne “The Rock” Johnson, icona di forza e virilità, ha parlato di come il suo corpo sia stato oggetto di critiche e aspettative sin da giovane, e di come abbia imparato a costruire la sua autostima al di là del fisico, valorizzando anche la salute mentale e il benessere emotivo.
Queste testimonianze mostrano come anche chi appare “perfetto” agli occhi del mondo affronti battaglie interiori complesse.
Anche i ragazzi affrontano lo stesso tipo di pressione. L’ossessione del fisico muscoloso, del six-pack, della mascolinità performativa si insinua silenziosa. Lo specchio diventa giudice, la palestra tribunale. Eppure, nessuno vince, in questa corsa verso un ideale irraggiungibile.
La body positivity deve dunque essere un messaggio inclusivo, che parli a tutti, indipendentemente dal genere, e che celebri ogni corpo come unico e prezioso.
In un mondo che spesso misura il valore con l’aspetto, il vero coraggio sta nell’abbracciare le proprie imperfezioni e dire:
“Sono abbastanza. Sono umano. E questo corpo è casa mia”.
La vera prova costume è accettarsi
I brand e gli stilisti, ormai, non possono più ignorare questo cambiamento. Le collezioni includono modelli curvy, taglie inclusive, costumi pensati per ogni tipo di silhouette. Il bikini, con i suoi 79 anni, si reinventa ancora: dai classici a triangolo ai trikini futuristici, dai modelli retrò agli ultra sexy con laccetti, ogni costume racconta una possibilità di esprimersi.
Quando indossiamo un bikini oggi, non stiamo solo scegliendo un capo di moda. Stiamo facendo una dichiarazione:
“Sono qui, sono io, e vado bene così”.
Oggi, 5 luglio, celebriamo un capo iconico, ma soprattutto celebriamo la libertà di vivere il proprio corpo senza vergogna. Uomini, donne, giovani e meno giovani: indossiamo il bikini (o il costume che preferiamo) con orgoglio, senza aspettare di cambiare qualcosa di noi.
Facciamo movimento, sì, mangiamo con cura, certo. Ma ricordiamoci che la salute non è privazione, è ascolto. E che il giudizio degli altri non deve mai condizionare il nostro benessere.
Il corpo perfetto? Non esiste. Esistiamo noi, con le nostre forme, le nostre storie, le nostre cicatrici. E va bene così.
Non c’è forma perfetta, solo corpi autentici da rispettare. Ogni estate è un invito a vivere il proprio corpo con leggerezza e orgoglio.














