
La storia della Chiesa è fatta di segni, incontri e momenti che, riletti alla luce del tempo, si caricano di un valore nuovo. Così accade oggi, a Catania, nel ricordare la visita che l’allora padre Robert Francis Prevost – oggi Papa Leone XIV – fece il 3 maggio 2003 nella chiesa di Sant’Agostino, nel cuore del centro storico della città etnea.
Allora, Prevost non era ancora cardinale né prefetto, ma Priore Generale dell’Ordine di Sant’Agostino, incarico che esercitò con profonda umiltà e spirito di servizio. L’occasione della sua venuta fu il 25° anniversario dell’arrivo degli agostiniani maltesi a Catania, un evento celebrato in una chiesa gremita di fedeli, profondamente grati per il seme piantato dai religiosi in un quarto di secolo di presenza viva e discreta.
Oggi, con l’elezione di Robert Francis Prevost a Papa Leone XIV, quel giorno del 2003 assume un valore quasi profetico. È la conferma che la santità cresce nel silenzio, nella dedizione quotidiana, nella fedeltà al proprio servizio, anche quando non è sotto i riflettori.
Nato a Chicago nel 1955, missionario in Perù, priore generale degli agostiniani per 12 anni, vescovo di Chiclayo, poi prefetto dei Vescovi a Roma: la biografia di Papa Leone XIV parla di vicinanza alla gente, formazione spirituale profonda e capacità di ascolto. Caratteristiche che oggi, da pontefice, vengono riconosciute come decisive per una Chiesa che cerca di rimanere ancorata al Vangelo, in un tempo di confusione e trasformazione. Per ulteriori informazioni sul nuovo Papa leggi l’articolo Fumata bianca: eletto Papa Leone XIV.
La sua presenza a Catania nel 2003 fu breve ma intensa, e dimostrò la sua attenzione alle comunità locali, al cammino della Chiesa nei territori, alla pastorale concreta. Durante la celebrazione, nella chiesa di Sant’Agostino (nota anche come chiesa di Santa Rita in Sant’Agostino) nel cuore del centro storico di Catania, affiancato da figure importanti dell’Ordine agostiniano e dall’allora arcivescovo mons. Salvatore Gristina, Prevost visse un momento di comunione autentica con la città, entrando nel cuore di una comunità che oggi si riscopre legata a lui in modo speciale.
Nel ricordo dell’Arcidiocesi di Catania, quel giorno fu molto più che una cerimonia: fu una testimonianza silenziosa della forza della fede. Una fede che si incarna nel servizio, nella vicinanza agli ultimi, nella fraternità. Le parole che padre Prevost rivolse allora ai presenti sono oggi risuonate in molti cuori con rinnovata intensità.
Come è stato sottolineato da molti, la visita di Papa Leone XIV a Catania rappresenta oggi un segno di speranza e una chiamata a credere, in tempi in cui la fede sembra sbiadire sotto il peso delle disillusioni. Invece, questo evento ci ricorda che credere in Dio resta una scelta rivoluzionaria, capace di cambiare la vita di una persona, una città, un intero popolo.
A distanza di oltre vent’anni, Catania guarda a quel giorno del 2003 con occhi diversi. Non si trattò solo di una ricorrenza liturgica, ma di un momento di grazia, profezia e comunione.
La figura di Papa Leone XIV è un invito a non dimenticare le radici della nostra fede, a tornare all’essenziale: l’ascolto del Vangelo, la carità concreta, la speranza che non delude. E anche una città come Catania, con le sue luci e le sue ferite, può sentirsi parte di questa storia più grande.
Un altro episodio che fa riflettere è avvenuto nel 2024, quando Prevost, ancora cardinale, si recò a Siracusa in occasione del 71° anniversario della Lacrimazione della Madonna. Alla fine della celebrazione, raccontò ai fedeli un dialogo avuto con Papa Francesco:
“Gli ho detto “Santo Padre, buon viaggio”, e lui mi ha chiesto dove andassi. Risposi: ‘vado a Siracusa, dalla Madonna’. Mi ha chiesto di portare a voi il suo saluto e di pregare per lui, per i popoli colpiti dalla guerra, dalla violenza e dall’odio”.
Oggi, quelle parole sembrano custodire un presagio, un passaggio di consegne spirituale. La Madonna, la Sicilia, la pace tra i popoli: tre segni che tornano, e che delineano l’orizzonte del pontificato di Leone XIV. Un Papa chiamato a parlare al cuore dell’umanità ferita, a ricostruire ponti, a restituire fiducia.
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