
Il Consiglio dei ministri ha concesso una proroga di 10 giorni alle Regioni che non hanno ancora attuato il piano di dimensionamento della rete scolastica, misura necessaria per rispondere al calo demografico. Il processo, inserito nel decreto legge “Riorganizzazione del sistema scolastico della Missione 4 del PNRR”, prevede una razionalizzazione che comporterà la riduzione di 627 unità tra dirigenti scolastici e personale amministrativo nel triennio 2023-2027. Le Regioni che completeranno il dimensionamento nei tempi stabiliti potranno accedere a incentivi quali l’istituzione di classi con numeri inferiori al minimo previsto, il mantenimento del personale Ata per l’anno scolastico 2025/26 e la nomina di un docente vicario nelle scuole coinvolte.
Il dimensionamento causerà una progressiva riduzione del numero di dirigenti scolastici e Dsga, passando da 7.936 unità nel 2023-2024 a 7.309 nel 2026-2027. Nonostante la conferma della Corte costituzionale, il piano ha incontrato resistenze significative da parte di Regioni, famiglie e studenti. A Roma, gli accorpamenti previsti per il prossimo anno scolastico coinvolgeranno 23 istituti, suscitando polemiche da parte di rappresentanti locali e consiglieri regionali. I sindacati, tra cui Uil Scuola, Cisl Scuola e Flc Cgil, hanno criticato duramente la misura, denunciando il rischio di creare scuole sovradimensionate, lontane dai territori e caratterizzate da una riduzione della qualità dell’istruzione.
Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha assicurato che nessun plesso scolastico verrà chiuso, ma che il processo di razionalizzazione migliorerà l’organizzazione delle scuole e la loro vicinanza agli studenti. Tuttavia, i sindacati vedono nei provvedimenti un approccio punitivo e scarsamente inclusivo. Ivana Barbacci della Cisl Scuola ha sottolineato la necessità di una gestione che tenga conto delle specificità territoriali, mentre Gianna Fracassi della Flc Cgil ha definito gli incentivi come un “atto di ritorsione” contro le Regioni e ha ribadito il rischio di impoverire l’offerta educativa.
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