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Sicilia, arrestato hacker informatico: violati i sistemi di 5 procure

Dopo aver compreso la gravità della situazione e la pericolosità del soggetto arrestato, il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, ha rivelato durante una conferenza stampa che le autorità hanno deciso di adottare misure straordinarie per garantire la sicurezza delle comunicazioni interne. “Abbiamo scelto di interrompere l’uso di email, WhatsApp e altri strumenti simili; in effetti, siamo tornati a comunicare su carta, per timore che potesse intercettare qualcosa“, ha spiegato Gratteri. Questa decisione è stata presa nel contesto dell’arresto di un hacker di 24 anni, originario di Gela e attualmente impiegato a Roma, accusato di aver violato diversi sistemi informatici, compresi quelli del Ministero della Giustizia e della Guardia di Finanza, oltre a importanti aziende private.

L’arresto è avvenuto ieri pomeriggio, il 1° ottobre 2024, grazie all’azione della polizia postale. Durante la nottata, gli agenti hanno eseguito una perquisizione, portando al sequestro di una quantità notevole di dati, ora in possesso degli inquirenti. Il giovane hacker è accusato di accesso abusivo aggravato alle strutture e di diffusione di malware e programmi software, in concorso con ignoti.

La decisione di tornare a riunioni in presenza e a trasferimenti di documenti “pro manibus” è stata presa dopo che l’hacker ha tentato di accedere alle email di alcuni magistrati, un atto considerato estremamente allarmante. Gratteri ha sottolineato che il gelese avrebbe inizialmente cercato di ottenere informazioni dai server del Ministero della Giustizia per conoscere i dettagli di un’indagine che lo riguardava. Oltre al 24enne, altre tre persone sono attualmente sotto indagine per reati simili.

Nel corso della conferenza stampa, alla quale ha partecipato anche Ivano Gabrielli, a capo della polizia postale, è emerso che l’hacker era già sotto indagine a Brescia, un procedimento che è poi stato trasferito a Gela. La polizia postale ha rinvenuto e sequestrato, da server dislocati anche all’estero, diversi terabyte di dati già decriptati, che potrebbero fornire ulteriori informazioni utili per le indagini.

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