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Sant’Agata tra letteratura e teatro: Patrona di Catania e Festa nelle opere di grandi autori

Sant'Agata
Sant'Agata, la Festa in suo onore e le tradizioni a questa legata, ma anche la devozione dei fedeli hanno attirano, negli anni, l'attenzione di grandi autori siciliani. Ecco in quali opere è possibile trovarne traccia.

Ancora pochi giorni e Catania potrà riabbracciare Sant’Aituzza, ovvero Sant’Agata. Dopo due anni di stop, conseguenti l’avvento della pandemia, il capoluogo etneo si prepara ad accogliere per le proprie strade la propria Patrona.

I devoti tirano fuori dagli armadi il sacco bianco e si preparano a trainare la “Vara” per le vie cittadine, le stesse già attraversate anche da numerosi turisti, arrivati appositamente in città per assistere alla festa.

La Festa di Sant’Agata, dal 2005 riconosciuta dall’UNESCO come Bene Etneo Antropologico Patrimonio dell’Umanità della Città di Catania nel mondo, non rappresenta soltanto una ricorrenza annuale tra le tante, ma un vero e proprio rito comunitario raccontato ed esaltato, negli anni, anche da grandi nomi.

Origine della festa e devozione: le parole di Pitrè

Non  v’è  leggendario  di  santi  che  non  s’intrattenga, dì  S.  Agata: con queste parole lo scrittore Giuseppe Pitrè apre il proprio capitolo sulla Festa della Patrona, tratto dal volume Feste patronali in Sicilia, appartenente all’opera della Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane.

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Servendosi di fonti e testimonianze, l’autore palermitano elabora una narrazione storiografica e folkloristica della festa molto dettagliata. Dopo un accenno alla vita e al martirio di Agata, Pitrè si sofferma sull’origine della devozione da parte della comunità catanese che, come ricorda lo stesso autore, (…) la  presero  a  loro  patrona  non  cedendo a  nessuna  città  della  Sicilia  il  vanto  di  averle dato  la  nascita“.

Un vanto che, nel corso dei secoli, ha continuato a contraddistinguere la comunità catanese, divenendone intramontabile segno distintivo.

Da Verga a Martoglio: Sant’Agata tra le opere dei grandi autori

Secondo fonti storiche, il primo cerimoniale della Festa di Sant’Agata fu redatto nel 1522 da un certo Don Alvaro Paternò e già a quei tempi erano previsti attività ed eventi, come giostre, corse equestri, cavalcate nobiliari, cortei, spari di mortaretti e luminarie, che facevano da corollario alla festa religiosa.

Ma ad accrescere il fascino della Festa “della Santuzza”, con il tempo, è stato per certo anche l’omaggio che alcuni autori siciliani ne hanno fatto, utilizzando come scenario delle loro opere proprio i festeggiamenti agatini.

Tra i primi emerge Giovanni Verga che nella novella La coda del diavolo tratta ampiamente la tradizione delle ‘ntuppatedde. La trama racconta il forte legame d’amicizia tra  Donati e Corsi e dell’amore di entrambi per Lina. Il primo le rimarrà amico e lei lo tratterà come un fratello da accudire, il secondo diventerà lo sposo con il quale condividere l’intera vita.

Il momento cruciale dell’intero racconto si svolge proprio durante la Festa di Sant’Agata, durante la quale le donne (quindi la stessa Lina per stuzzicare Donati), con il volto coperto da un velo girano per le vie della città, avvicinando anche qualche uomo scherzosamente, per qualche ora senza alcun vincolo da rispettare.

Questo si chiama il diritto di ‘ntuppatedda”: scrive Verga riferendosi all’antica tradizione tutta al femminile.

Sant’Agata appare, poi, anche nell’opera Il bell’Antonio di Vitaliano Brancati, ritratta in un quadro di casa Magnano. In effetti, quando il Signor Magnano, nel suo studio, apprende dal consuocero la notizia che il matrimonio del figlio non è stato ancora consumato, la Signora Magnano, presa dall’ansia, spolvera il quadro della Santuzza e lo bacia, come a voler sottolineare la sciagura che di lì a poco colpirà la loro casa e dunque invocando una silenziosa preghiera d’aiuto.

Un altro grande autore che ha omaggiato Sant’Agata è Nino Martoglio, con la commedia teatrale Voculanzicula che vede protagonisti il barbiere Neli e il fratellastro Marianu. I due si odiano e si contendono non solo il possesso della barberia lasciata in eredità dal padre, ma anche il cuore di una donna, Agatina. Inoltre, a far da sfondo alla vicenda è proprio il periodo delle feste agatine, coincidenti anche con i festeggiamenti per il carnevale. 

Sempre Martoglio, infine, usò i versi la festa di Sant’Aita a Frivaru, cantanti, ‘ntupateddi, nuciddara in apertura della Centona,  raccolta di poesie siciliane.

Oggi anche i devoti e gli spettatori della Festa, a proprio modo, giocano a vestire i panni dei narratori, magari utilizzando i propri social: su questi vengono raccolti racconti e immagini, destinati a sottolineare anche i cambiamenti che questo imperdibile appuntamento ha registrato nel corso del tempo.

A proposito dell'autore

Ilaria Mirenna

Nata a Catania, classe '93.
Studentessa del Corso di laurea in Scienze e lingue per la comunicazione presso l'Università di Catania.
Ha tre grandi passioni: leggere, viaggiare e fotografare.
Un sogno nel cassetto: scrivere.