Si attende un anno difficile per il settore dell’olivicoltura italiana, fortemente colpito dagli effetti dei cambiamenti climatici in corso in tutto il mondo e anche in Italia. Infatti, complici le alte temperature e la siccità che ha avuto inizio già da mesi, il risultato è la possibile compromissione della prossima campagna. E il tutto, nonostante la forte resistenza dell’olivo alla siccità e alle alte temperature. Infatti, a procurare il calo è l’assenza di acqua che rimane comunque un elemento essenziale in determinate fasi del ciclo vitale della pianta.
A dichiararlo è Cia – Agricoltori Italiani, che ha effettuato delle rilevazioni per capire l’andamento del fenomeno. Secondo quanto rilevato dalle prime stime, è previsto un calo del 30% per l’anno 2022-23 rispetto alla campagna precedente e le principali regioni ad essere coinvolte nell’evento fanno parte del Sud Italia. Infatti, si tratta di Puglia, Calabria, Sicilia e Campania.
Riguardo questa situazione, Cia richiede un ammodernamento delle infrastrutture idriche e una migliore gestione del suolo, in modo da evitare perdite di preziose risorse idriche.
Il primo attacco all’olivicoltura è arrivato già al momento della fioritura, quando le piante sono state colpite da un’ondata di caldo anomalo. Ma a completare il tutto è stata la totale mancanza di acqua nella fase di crescita delle piante, che ha avuto come momento massimo il mese di luglio. Il risultato dell’insieme di questi fattori è stata la riduzione di parte della produzione delle piante, che già presentano frutti secchi. Come se non bastasse, le stesse olive che sono riuscite a formarsi non presentano le dimensioni e lo sviluppo adatto per garantire una produzione di olio come negli anni precedenti al disastro climatico. Infine, un ulteriore problema è rappresentato dalla presenza di un parassita della pianta, la mosca olearia, che potrebbe danneggiare quello che resta della produzione.
Si sottolinea che l’Italia è uno dei paesi che ricoprono un ruolo fondamentale nel bacino del Mediterraneo, insieme a Spagna, Tunisia e Grecia. Inoltre, l’Italia da sola sviluppa il 15% del totale della produzione mondiale, ed è il secondo esportatore in questo settore, dopo la Spagna.