Dedica la laurea agli studenti suicidi: “Non siete l’opinione di uno sconosciuto”

In uno dei giorni più importanti della sua vita, Giulia dedica la conclusione del suo percorso universitario a coloro i quali, tristemente, hanno preferito la morte all'affrontare ancora l'università. Ecco cosa racconta, nella sua lunga lettera aperta.

Quello della laurea, per ogni studente, è un giorno di festa: si completa, in parte o del tutto, il proprio percorso universitario, ponendo fine ad anni di impegno, contornati spesso da molteplici sacrifici, gioie e dolori. Ma al giorno della laurea non arrivano tutti gli studenti che si iscrivono all’università: alcuni decidono di abbandonare il percorso e altri ancora, tristemente, decidono di togliersi la vita.

Quella degli studenti universitari suicidi è purtroppo, almeno in Italia, una ferita che tarda ancora a rimarginarsi; un argomento che viene spesso trascurato, e che, perciò, va e deve essere evidenziato ancora una volta per ottenere l’attenzione e la delicata cura che merita. Ecco perché la scelta di Giulia Grasso, giovane studentessa laureatasi presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, non passa inosservata: ha dedicato la sua tesi e la sua laurea in Lettere Classiche a quegli studenti che non ce l’hanno fatta.

In una lunga lettera aperta, pubblicata sui suoi canali social, la giovane ha spiegato che nessuno parla mai di loro. Perché nessuno pensa mai a chi non ce la fa più, a chi si porta quell’esame dietro per anni e non perché non studia, ma perché qualcuno ha deciso che quella domanda sulla nota a piè di pagina di uno dei tre libri da 500 pagine a cui non ha saputo rispondere, vale la bocciatura”.

Giulia ha poi proseguito affermando che “ogni giorno sentiamo notizie riguardanti studenti che si laureano in tempo record, di ragazzi che frequentano due facoltà, e chi più ne ha più ne metta. Io invece ho voluto dedicare tutti i miei sforzi […] a quelle persone che hanno preferito rinunciare, che sono state soffocate dall’ansia, che sono arrivate a preferire la morte piuttosto che a dover dire di non riuscire ad affrontare l’università italiana“. 

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“La mia tesi, la mia laurea, tutti i miei sacrifici, li ho dedicati a chi ha passato notti intere a piangere – ha scritto Giulia, parlando di chi ha trascorso – notti insonne a domandarsi: “ne vale davvero la pena?”, giornate a studiare sui libri per poi sentirsi dire che non era abbastanza. Ma non è così”, perché, proseguenon siete l’opinione di uno sconosciuto. Non siete il voto che vi dà un docente che arriva stanco alla fine dell’appello e vuole tornare a casa. Non siete la performance che date all’ultimo appello di luglio, dopo aver atteso 10 ore il vostro turno“.

Infatti, Giulia afferma che “voi siete quel pezzo di focaccia barese che avete bramato per così tanto. Siete quei fiori che i vostri cari vi danno in mano. Siete i sorrisi dei vostri amici. Siete i vecchietti che vi fermano per strada per farvi gli auguri. Siete il profumo di alloro che sentirete per giorni. Siete la sensazione di libertà che provate quando vedete l’ultimo esame convalidato sul libretto. Siete l’ultimo sguardo che date a quel posto che per anni è stato il vostro incubo.

“Siete tante cose –  conclude poi la neo-dottoressa – ma non siete quel fallimento che vi fanno pensare di essere. Perché la colpa non è sempre dello studente. E un bravo docente sa anche questo”. La lettera di Giulia ha fatto il giro d’Italia, scatenando un’ondata di condivisioni e amore da ogni parte del Belpaese. Con un secondo post, la giovane ha voluto ringraziare per le belle parole ricevute, invitando però, ancora una volta, ad attenzionare il difficile problema degli studenti che decidono di porre fine alla propria vita a causa della vita universitaria.

La neo-dottoressa ha sottolineato che sarebbe bello “fare qualcosa di concreto. Parlare ai docenti come agli studenti, perché, sì, l’università è una scelta, una “passione”, ma non si può neanche normalizzare trattare gli studenti come fossero degli scarti sociali. Io potrei parlare per ore di tutto quello che ho vissuto nei miei anni universitari. Io avevo perso la passione per quel che studiavo, e a lettere classiche, siamo onesti, ti iscrivi solo per passione”.

“Andare in Erasmus in Croazia, all’Università di Zara, mi ha davvero salvata – ha poi affermato – perché mi ha fatto comprendere che non tutte le università sono come quelle italiane, perché mi ha stimolata a studiare, perché mi ha fatto ritrovare la passione perduta, e d’altronde lo dimostrano anche i rankings mondiali –  affermando infine che – uno studente felice e sereno studia meglio, questo dovrebbe essere alla base di ogni corso di laurea”.

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